Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo l’agire del Comune, il quale ha proceduto a dichiarare la decadenza della concessione demaniale marittima in base a una clausola contrattuale esplicita contenuta nel relativo atto concessorio. Tale clausola attribuisce al Comune la facoltà di intervenire qualora il concessionario svolga attività non conformi alle finalità originariamente autorizzate nel suolo demaniale marittimo. Nello specifico, il provvedimento comunale trova motivazione nei risultati degli accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza, i quali hanno evidenziato come il titolare della concessione abbia esteso le proprie attività oltre il puro rimessaggio di natanti, includendo operazioni di manutenzione, noleggio di natanti e distribuzione di carburanti. Tali attività eccedono quanto stabilito e consentito nell’atto concessorio originario, configurando un inadempimento contrattuale. Le concessioni demaniali marittime, invero,  sono regolate dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 267/2000), che impone l’obbligo di gestire le risorse demaniali in conformità ai principi di legalità, buona fede contrattuale e tutela dell’interesse pubblico, come specificamente delineato  dall’art. 27, nel quale si afferma concessioni demaniali devono essere sfruttate secondo le modalità e le finalità autorizzate, preservando l’equilibrio tra interessi pubblici e privati.

Pubblicato il 08/07/2024
06024/2024REG.PROV.COLL.
03863/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3863 del 2022, proposto da (omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato Luca D’Andrea, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lorenzo Grisostomi Travaglini in Roma, via Barnaba Oriani, n. 91

contro

Comune di Ancona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Demetrio Sgrignuoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso
lo studio Andrea Manzi in Roma, via Alberico II n. 33

nei confronti

Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Marche, Regione Marche, Ente Regionale Parco del Conero, non
costituiti in giudizio
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), n.
749/2021
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Ancona;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2024 il Cons. Sergio Zeuli e uditi per le parti gli avvocati Luca
D’Andrea e Massimo Demetrio Sgrignuoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso con cui la parte appellante ha chiesto l’annullamento del  provvedimento n.1666 del 25 settembre del 2020 con cui il comune di Ancona ha dichiarato la decadenza con  effetto immediato dalla concessione su bene demaniale marittimo di mq. 915 sullo specchio acqueo rientrante nel  territorio comunale.  A supporto del gravame il (omissis) espone le seguenti circostanze:  svolge ininterrottamente dal 1978 attività di rimessaggio natanti e relativa manutenzione/custodia a Portonovo di  Ancona, nell’arenile e specchio d’acqua adiacente la Torre de Bosis;  dal 2005 ha svolto anche l’attività di noleggio natanti senza conducente;  ha utilizzato l’area dal 1978 al 1999 su concessione del comune di Ancona, che aveva in uso l’area da parte della  proprietaria Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra e dal 2005 al 2009 in virtù di Convenzioni annuali con  la Società Portonovo S.r.L. partecipata del comune di Ancona, dal 2010 fino al settembre del 2020, in virtù di  concessioni dirette del Comune;  l’area utilizzata, originariamente unitaria e oggetto di un’unica e più ampia concessione comunale, è stata via via  ridotta, dal 2010 è stata fatta oggetto di due distinte concessioni, una di natura demaniale su una porzione di mq.  915 e l’altra di natura comunale su di una porzione di mq. 351, in parte adiacente alla prima;  l’attività di noleggio natanti, esercitata ininterrottamente almeno dal 2005, viene annualmente autorizzata dalla  competente Capitaneria di Porto previa autorizzazione dell’amministrazione comunali “ai fini degli interessi  demaniali marittimi”,  lo stesso comune di Ancona, Ufficio Patrimonio, con la nota del 28 agosto del 2007 aveva autorizzato l’attività di  locazione, esprimendo parere favorevole all’espletamento della predetta attività, ai fini demaniali marittimi;  nel marzo del 2010, la parte appellante, nell’ambito di un contenzioso proposto innanzi al TAR Marche contro il  comune di Ancona, dichiarava, tra le altre, anche la più recente attività di noleggio natanti e di imbarcazioni, per  finalità turistico-ricreative, senza che il comune, costituendosi in giudizio, eccepisse alcunché; la conoscenza ventennale ed il relativo comportamento autorizzatorio di fatto del comune di Ancona risulterebbe –  a dire dell’esponente – anche dai periodici sopralluoghi di controllo effettuati dall’amministrazione, nonché dai  procedimenti penali nei quali è stata coinvolta la parte appellante, insieme al competente funzionario del comune di  Ancona;  l’8 novembre del 2016 la Commissione multilaterale composta dall’Agenzia del Demanio e dal Compartimento  Marittimo, costituita ai sensi dell’art.58 reg. C.N., aveva operato una nuova delimitazione della dividente demaniale  nel tratto oggetto delle concessioni, su richiesta del comune di Ancona;  alla scadenza dell’ultima concessione demaniale n.37/2014, la parte appellante formulava istanza di  rinnovo/proroga per la stagione 2020;  il comune di Ancona inoltrava una comunicazione con cui dichiarava l’intenzione di prorogare la concessione  demaniale, in ragione dell’emergenza Covid, per la sola stagione balneare 2020, senza possibilità di ulteriore  proroga, invitando la parte ad accettare dette condizioni entro il 25 maggio del 2020;  nella bozza di concessione risultavano inserite modificazioni e prescrizioni restrittive rispetto alla concessione  originaria, contestate dalla parte appellante con lettera del 4 giugno del 2020, alla quale il comune replicava il 16  giugno del 2020 emettendo una licenza suppletiva 37S del 18 giugno del 2020 con cui veniva disposta la proroga  della concessione solo fino al 30 settembre del 2020, su area da utilizzarsi per il mantenimento di un rimessaggio  di imbarcazioni dotato di un impianto di sollevamento natanti con relativo scalo di alaggio, e con divieto di  effettuare sull’area in concessione qualsiasi operazione di rifornimento carburanti, qualsiasi forma di  manutenzione natanti e con esclusione della possibilità di deposito e/o di stoccaggio del carburante;  con determinazione del 25 settembre del 2020 il comune di Ancona dichiarava la decadenza con effetto  immediato, ai sensi dell’art.47 lett. c) ed f) CN delle concessioni 37/2014 e della proroga 37S/”020, per  inadempienze consistenti nella locazione di sei gommoni, uso ritenuto non compreso nell’oggetto della  concessione e configurante mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo e degli obblighi derivanti dalla  concessione;  con ricorso al TAR Marche la parte appellante impugnava l’ordinanza di decadenza e le altre riguardanti un’area  diversa oggetto di concessione demaniale;  nelle more, con delibera di Giunta Comunale del 17 novembre del 2020 n.419, il comune di Ancona invitava i  concessionari demaniali i cui rapporti erano in corso a richiedere la proroga fino al 2033, ai sensi della l. 145 del  2015, e la parte appellante il 22 dicembre del 2020 formulava istanza di proroga;  con PEC del 4 febbraio del 2021 il comune di Ancona negava la proroga a motivo dell’intervenuta decadenza  disposta con la determina n.1666/2020;  con ricorso del 2 aprile del 2021 la parte appellante impugnava il diniego di proroga.  La sentenza gravata, riuniti i procedimenti, dopo aver preso atto della rinuncia all’impugnazione dei provvedimenti  riguardanti le aree comunali, rigettava nel resto il gravame.  Tanto premesso, la parte appellante deduce i seguenti motivi di appello avverso la decisione gravata:  a) Omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della liceita’ degli usi esercitati in ragione del principio del  legittimo affidamento ingenerato dal comportamento del comune di ancona. Violazione e disapplicazione del  principio del legittimo affidamento.  B) Difetto di motivazione. Omesso esame di una circostanza discussa e dirimente per la decisione assunta  C) Violazione di legge. Violazione dei canoni di interpretazione contrattuale ex artt. 1632 e ss. C.c. e del divieto di  interpretazione autentica degli atti amministrativi. Motivazione carente e contraddittoria.    3 / 9    d) Ai sensi dell’art.101 comma 2 c.p.a la parte appellante ha poi riproposto tutte le eccezioni e le deduzioni  contenute nei ricorsi proposti e successivamente riuniti, fra cui: Error in procedendo della sentenza impugnata nel  capo dell’irricevibilità per tardività del gravame contro la suppletiva n. 37s/2020 del 18.6.2020.  2. Si è costituito in giudizio il comune di Ancona, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.

DIRITTO

3. Vanno in primo luogo esaminate le eccezioni preliminari proposte dalla parte appellata.  3.1. Va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica al controinteressato che secondo  l’eccipiente, si identifica, nel caso di specie, nella regione Marche in quanto ente che ha delegato al comune di  Ancona la gestione del bene demaniale marittimo in questione.  3.1.1. Innanzitutto, dal momento che la sentenza di primo grado ha implicitamente rigettato la relativa eccezione,  già proposta in primo grado, la parte appellata, in quanto soccombente sul punto, avrebbe dovuto spiegare  apposito appello incidentale, che tuttavia non risulta presentato.  3.1.2. In secondo luogo, l’eccezione equipara, erroneamente, la delega di funzioni come provvedimento  amministrativo tipico che – in astratto- sarebbe idoneo a qualificare il delegante come altro controinteressato, in  caso di impugnazione dell’atto del delegato – alla delega contenuta in una legge, che è la fattispecie che viene in  evidenza in questo caso, dove, con legge regionale Marche n.10 del 17 maggio 1999 le funzioni per la gestione del  demanio marittimo sono state direttamente assegnate ai comuni della regione, nei cui territori detti beni insistono.  Questa forma di delega ex lege, infatti, diversamente da quella di cui sopra, non crea alcun interesse processuale  immediato e diretto in capo al delegante, ché altrimenti dovrebbe sempre configurarsi anche in capo al legislatore  statale, tutte le volte in cui preveda una delega generalizzata di funzioni da un ente ad un altro. Il che non è  sostenibile.  In altre parole altro è, in senso processuale, l’ente che delega tramite una delega amministrativa, altra e del tutto  diversa è la delega conferita per legge.  3.1.3. In ogni caso, il ricorso introduttivo è stato notificato, quale contro-interessato, all’ente regionale “Parco del  Conero”, che, alla luce delle sue attribuzioni, rappresenta il titolare di uno (forse il principale) degli interessi pubblici  regionali coinvolti nel presente giudizio, il che significa che il contraddittorio è stato assicurato sin dal ricorso  introduttivo.  3.1.4. Contraddittorio che è stato assicurato nel caso di specie anche nei confronti dell’ente regionale, avendo il  giudice di prime cure ordinato alla parte di notificare, ai sensi dell’art. 49 c.p.a., per integrare il contraddittorio il  ricorso alla regione Marche, che, confortando quanto appena dedotto in ordine al corretto coinvolgimento dell’ente  regionale del Parco, quale soggetto più interessato alla controversia, non si è costituita in giudizio. Il ricorso al  rimedio dell’integrazione del contraddittorio ex art.49 c.p.a. da parte del giudice di prime cure – oltre ad essere  corretto processualmente, dal momento che il gravame era stato già notificato al comune ed alla Capitaneria di  Porto di Ancona (ossia “ad alcuni dei contro-interessati”, come prevede la norma) – rendendo pienamente edotta  la regione Marche, ha comunque garantito la pienezza del contraddittorio con definitiva dequotazione  dell’eccezione in esame.  3.2. Va altresì disattesa l’eccezione di irricevibilità per tardiva impugnazione dell’ordinanza n.7 del 6 agosto del  2020, opposta dalla parte appellata, perché quest’ultima riguardava l’area di mq. 351, oggetto di concessione  comunale, rispetto alla quale la parte appellante ha rinunciato al ricorso, escludendola dall’oggetto del giudizio. Si  tratta, pertanto, di questione non rilevante ai fini della presente controversia.  3.3. Va infine disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse con riferimento alla  richiesta di annullamento della nota prot. n.19506 del 4 febbraio del 2021 di diniego della proroga della  concessione demaniale marittima. L’eccezione non considera, infatti, che, nel caso di accoglimento del gravame avverso la decadenza dalla  concessione, la parte avrebbe un evidente interesse a coltivare l’impugnazione avente ad oggetto i vizi di  illegittimità dedotti avverso la suddetta nota del 4 febbraio del 2021 perché, in tesi, quell’accoglimento  rafforzerebbe la sua pretesa ad ottenere la proroga ex lege e quindi a sentir dichiarare l’illegittimità del diniego di  proroga.  4. Venendo al merito del giudizio, il primo motivo d’appello contesta che, nel disporre la decadenza, il comune  avrebbe violato il legittimo affidamento ingeneratosi nel concessionario, a causa del comportamento tenuto dalla  stessa parte appellata, che avrebbe “tollerato”, se non tacitamente ammesso, lo svolgimento delle attività di  rifornimento e stoccaggio di carburanti e di noleggio di imbarcazioni.  4.1. Il motivo è infondato.  Prima di tutto la decadenza è stata disposta per inadempimento contrattuale addebitabile alla parte appellante che  ha svolto, sull’area demaniale, attività che non solo non erano ricomprese nell’oggetto della concessione  demaniale, ma erano addirittura vietate. E cioè, operazioni di rifornimento carburante, di manutenzione dei natanti  e deposito e/o stoccaggio di carburante.  Non è sostenibile che vi fosse un legittimo affidamento del concessionario perché quest’ultimo, in occasione della  proroga concessa per l’emergenza COVID, il 3 giugno del 2020, aveva espressamente domandato di poter  svolgere queste ultime attività, con richiesta che era stata negata dalla parte appellata, che, nell’occasione, si era  riservata di estendere la concessione, all’esito di una istruttoria, recisamente rigettandola, nelle more.  Il successivo 18 giugno del 2020 concedente e concessionario avevano poi raggiunto un accordo accessivo alla  proroga della concessione, nel quale era espressamente previsto, ed accettato dalla parte appellante, il divieto di  effettuare operazioni di rifornimento di carburante, deposito e/o stoccaggio e manutenzione di natanti.  Tali emergenze escludono che vi potesse essere un’accondiscendenza tacita dell’amministrazione allo  svolgimento di attività vietate, che si era premurata, al contrario, di inserire un apposito divieto per lo svolgimento di  quelle attività nel regolamento contrattuale accessivo alla concessione.  D’altro canto, a seguito degli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza il 24 luglio del 2020, che attestavano  la palese violazione di quegli obblighi, l’amministrazione concedente – confermando per facta  concludentia l’assenza di qualsivoglia tolleranza – il 6 agosto del 2020, ossia tempestivamente rispetto alla notizia  acquisita, avviò il procedimento di decadenza dalla concessione demaniale.  Non solo dunque la parte appellante non ha prodotto alcun elemento dal quale inferire l’esistenza di elementi  significativi inequivocamente diretti a consentire le dette attività da parte del comune appellato, ma vi sono al  contrario plurimi indizi di segno contrario.  Aggiungasi che ad escludere il legittimo affidamento della parte appellante basta considerare che costei si è resa  inadempiente, in modo conclamato, ad un’espressa clausola di divieto contenuta in un accordo stipulato solo  pochi mesi prima, nonostante, peraltro, già nelle trattative la controparte avesse chiarito che non intendeva  autorizzare le dette ulteriori attività.  Il fatto che esistesse una chiara regola negoziale, contrattata nella fase preliminare e riversata nell’accordo, che  vietava l’attività di manutenzione e quella di rifornimento carburante delle imbarcazioni, e che non si prestava ad  equivoci, esclude irrefragabilmente la fondatezza della doglianza in esame.  5. Il secondo motivo d’appello contesta al giudice di prime cure di non aver esaminato la circostanza, ritenuta  dirimente, derivante dal fatto che in tutti i provvedimenti rilasciati dalla Capitaneria di porto (provvedimenti del 29  agosto del 2007, del 7 settembre del 2007 e del 17 agosto del 2019), la parte appellante era stata autorizzata  all’esercizio del noleggio di imbarcazioni condotta che, ciò nonostante, le viene contestata quale inadempimento  dall’ente comunale.  5.1. Il motivo è infondato perché tutti questi provvedimenti sono stati superati, quanto all’estensione delle  concessioni rilasciate, dalla concessione del 18 giugno del 2020, rilasciata dal comune n.37S/2020 che a sua volta  riprendeva la concessione n.37/2014.  E poiché l’inadempimento contrattuale è contestato con riferimento alla concessione del 2020 – perché avvenuto  nel corso della sua vigenza – è evidente che, a tutto concedere, anche se accolta, l’obiezione non avrebbe alcuna  rilevanza concreta.  5.2. Del resto, sia pure in maniera sintetica, già la concessione n. 37 del 2014 – che aveva ad oggetto il solo  rimessaggio di imbarcazioni – vietava alla parte appellante di svolgere le attività che sono state accertate dalla  Guardia di Finanza. La detta circostanza era stata peraltro chiarita alla parte dal comune di Ancona con la nota del  16 giugno del 2020, che aveva precisato che quella concessione, in vigore in quel momento, non includeva poteri  di stoccaggio e di rifornimento carburante. Ed infatti, coerentemente, in quella nota il comune aveva chiarito che la  parte avrebbe potuto ottenere un’ulteriore concessione, per il noleggio imbarcazioni, solo se avesse ottenuto le  autorizzazioni di legge, che tuttavia non sono mai state esibite.  Dal canto suo, come già osservato, la licenza suppletiva n.37/S del 2020, alla pag.3 ultimo cpv. vietava  espressamente l’attività di rifornimento e stoccaggio carburanti, il che esclude qualsivoglia efficacia residua alle  dette autorizzazioni della Capitaneria che oltretutto, se pure avessero acconsentito all’attività di noleggio delle  imbarcazioni, sarebbero state viziate da incompetenza, dal momento che l’intervento nel procedimento di  concessione di un bene demaniale marittimo da parte di quest’ultima autorità, è limitato ai profili attinenti alla  sicurezza della navigazione e dei bagnanti, spettando al comune la valutazione in ordine alle modalità di utilizzo  dell’area concessa.  6. Il terzo motivo d’appello contesta alla sentenza impugnata di avere erroneamente attribuito alla concessione  suppletiva 37S/2020 natura interpretativa della precedente concessione 37/2014, il che avrebbe comportato un  illegittimo effetto retroattivo dell’efficacia della prima, al tempo di emanazione della seconda, che invece,  diversamente da quella del 2020, non contemplava affatto il divieto di stoccaggio e deposito carburanti, né quello di  noleggio delle imbarcazioni.  Aggiunge la parte appellante che la natura “ricognitiva”, nel senso attribuitole dalle decisioni dell’Adunanza  Plenaria n.17 e 18 del 2021 della detta proroga, non avrebbe comunque consentito alla concedente di apporre  modifiche al rapporto originario.  6.1. Il motivo è prima ancora che infondato, non rilevante. Infatti la decadenza impugnata è stata disposta per  violazione dei divieti espressamente contenuti nella concessione 37S/2020, in un momento in cui quest’ultima era  pienamente efficace. Dunque, se anche il suo contenuto fosse stato diverso e innovativo rispetto a quello dell’atto  del 2014, in nulla ciò muterebbe la situazione di fatto e quella di diritto.  6.2. In ogni caso il motivo è anche infondato perché la concessione del 2020 – preannunciata dalla nota del 16  giugno del 2020 della concedente – non ha fatto altro che precisare i contenuti già presenti nella concessione del  2014, che infatti era stata rilasciata per attività di rimessaggio con impianto di sollevamento natanti, con la  precisazione che il concessionario non avrebbe potuto “eccedere i limiti né variarli né imprimere un altro uso”.  In altre parole, sin da allora, alla concessione erano imposti limiti sufficientemente delineati che la concessione  suppletiva 37S/2020 – va ricordato, necessaria perché prevista dalla legge per fronteggiare l’emergenza COVID –  si è limitata a meglio precisare, specificando il divieto di eseguire operazioni di rifornimento carburante e di  deposito e di stoccaggio di carburante, con specificazione che, verosimilmente, era stata apposta perché il  concessionario aveva formulato un’apposita richiesta in tal senso, che il concedente non riteneva di ammettere.  6.3. Tanto meno vi è contraddittorietà fra i due provvedimenti, perché, stante l’evidente rapporto di continenza  logica, tra il primo, in ordine cronologico, ed il secondo, non può dirsi che quest’ultimo lo abbia modificato, ma per  l’appunto, solo precisato.  6.4. A tacer del fatto che, quand’anche detta modifica vi fosse stata, essendo stata accettata dalla parte privata, le   nuove regole erano divenute per lei vincolanti, con conseguente obbligo al loro rispetto.  6.5. Quanto alla natura sostanzialmente ricognitiva che avrebbe avuto la concessione del 2020, in ossequio ai noti  arresti dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn.17. e 18 del 2021, il che – nella prospettiva della parte  appellante – avrebbe impedito l’introduzione di divieti innovativi rispetto al rapporto in corso, va prima di tutto  osservato, anche a voler ritenere l’obiezione fondata, che, avendo la parte espressamente accettato le clausole  contrattuali introdotte al più tardi nel 2020, sarebbe ormai decaduta dalla potestà di far valere la relativa eccezione.  6.6. In secondo luogo, l’obiezione è inconferente, atteso che, come osservato, i predetti divieti poi violati dalla  parte appellante, erano già contenuti nel provvedimento di concessione del 2014, quindi essi sarebbero  implicitamente ricompresi, a tutto concedere, se anche si volesse darle valore di mero atto ricognitivo del  precedente rapporto, nella concessione suppletiva del 2020.  7. Il sub-motivo al terzo motivo d’appello contesta che, nella ricostruzione del contenuto dell’accordo accessivo al  provvedimento, il giudice di prime cure avrebbe violato il criterio previsto dall’art.1362 del codice civile, in tema di  interpretazione secondo la “comune intenzione delle parti”. Quest’ultima, infatti, secondo la parte appellante,  ricomprendeva, fra le attività di rimessaggio autorizzate, anche le attività a queste accessorie, comprese quella di  rifornimento di carburante e di manutenzione delle imbarcazioni.  7.1. Il motivo è infondato.  Il tenore letterale della clausola contenuta nell’accordo, così come la dichiarazione rilasciata dalla parte al  momento della sottoscrizione dello stesso, erano chiari nel vietare altre attività che non fossero quella di  rimessaggio.  D’altro canto può pacificamente escludersi – alla luce dell’id quod plerumque accidit oltre che del senso fatto  palese dalle parole utilizzate– che le attività di deposito e stoccaggio del carburante possano essere ritenute  accessorie a quelle di rimessaggio, in quanto quest’ultima riguarda esclusivamente la custodia dei natanti, a  secco, nei periodi di non uso, come prestazione contrattuale atipica. Dunque, se anche dette attività non fossero  state, come invece furono, oggetto di specifico divieto nell’accordo accessivo, la parte non poteva ritenersi  autorizzata al loro svolgimento in base ad un’interpretazione del contratto secondo buona fede.  8. Le considerazioni che precedono sono più che sufficienti ad escludere la fondatezza del gravame, di modo che,  anche laddove accolti, gli altri motivi di appello che ripropongono le ulteriori doglianze del primo grado, non  potrebbero modificare l’esito reiettivo della presente decisione.  Converrà ciò non di meno passarli in rassegna per completezza, anticipandone l’infondatezza.  9. Non è fondato il motivo che contesta che il provvedimento di decadenza era stato emesso per la sola  constatazione dell’avere la parte eseguito lavori di manutenzione sulle imbarcazioni rimessate, nonostante il  divieto.  Al contrario la decadenza è stata disposta anche per la violazione del divieto di svolgere attività di rifornimento  deposito e di stoccaggio di carburanti, accertata dalla Guardia di Finanza, e dunque sul punto la sentenza di primo  grado non è emendabile.  10. L’ulteriore motivo di appello deduce la nullità assoluta della concessione suppletiva n.37S/2020 per difetto  assoluto di attribuzione, perché – sostiene la parte appellante – alla concessione demaniale di cui alla controversia,  avrebbe dovuto essere applicata la proroga automatica di cui al comma 2 dell’art.182 del d.l. 34 del 2020,  convertito in legge 77/2020.  10.1. Il motivo è infondato perché attribuisce a detta disposizione di legge- intervenuta per fronteggiare  l’emergenza COVID – l’inedita funzione di sanatoria delle concessioni irregolari, mentre è evidente che  l’intenzione del legislatore fosse solo quella di preservare le concessioni in scadenza, per consentire ai  concessionari, in regola con gli obblighi contrattuali, di recuperare il “tempo perduto”, per la non utilizzabilità del    7 / 9    bene in seguito alle misure di contenimento. Finalità che, a sua volta, evidentemente presuppone che le dette  concessioni fossero regolarmente in corso e non revocate o da revocare, a causa di illeciti contrattuali posti in  essere dal concessionario, indipendentemente dal COVID.  A voler diversamente opinare, si attribuirebbe al predetto intervento legislativo un’illegittima portata derogatoria,  non solo ai principi della Direttiva 123 del 2006, per come declinati da questo consesso, ma anche a quelli  costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità della Pubblica amministrazione.  In disparte la considerazione che la decadenza, nel caso di specie, sussistendo gravi e palesi inadempimenti,  rappresentava un atto dovuto, il cui esercizio non avrebbe potuto né dovuto essere impedito da una norma di legge  generale ed eccezionale.  Quanto appena osservato rinviene un espresso conforto testuale nell’ambito del medesimo articolo 182, il quale,  al comma 2, ultimo periodo, chiarisce che “le disposizioni del presente comma non si applicano quando la  devoluzione, il rilascio o l’assegnazione a terzi dell’area sono stati disposti in ragione della revoca della  concessione oppure della decadenza del titolo per fatto e colpa del concessionario”.  11. Un ulteriore motivo riproposto in questo grado d’appello denuncia, sotto più profili, la violazione delle lettere c)  ed f) dell’art.47 del codice della navigazione e del comma 2 dell’art.24 del regolamento.  11.1. Il motivo è infondato. La fattispecie che ha condotto alla decadenza è infatti espressamente contemplata  dalla lett. c) dell’art.47 del cod. nav. nella parte in cui prevede, fra le cause che la giustificano, il mutamento  sostanziale dello scopo per il quale è stata prevista la concessione; ciò che è esattamente avvenuto nel caso d  specie, essendo il concessionario passato da un’attività di rimessaggio ed ormeggio al noleggio di imbarcazioni a  motore e alla relativa movimentazione, oltre che alla manutenzione ed al rifornimento di carburante.  Del resto è evidente che, queste ultime attività, anche per le implicazioni che presentano, da un lato sulla affluenza  di utenti sul sito, che aumenta, e dall’altro, sulle matrici ambientali, che possono essere compromesse,  rappresentino un oggetto diverso da quello per il quale era stata ottenuta la concessione originaria.  12. Un ulteriore motivo riproposto in appello, contestando che vi sia stato inadempimento nell’occorso, sostiene  che le attività erano ricomprese nella concessione, quindi dovevano ritenersi tacitamente autorizzate.  12.1. Il motivo è infondato per le ragioni sopra-indicate, relative al contenuto dei due provvedimenti di concessione  rispettivamente del 2014 e del 2016, ed alle interlocuzioni intervenute tra le parti che hanno preceduto la loro  emanazione.  Quanto all’avere la parte posto in essere le attività vietate, fa fede, fino a querela di falso, il verbale, cioè l’atto  pubblico redatto dalla Guardia di Finanza, che non è stato mai espressamente contestato, nel suo contenuto, dalla  parte appellante.  13. Un ulteriore motivo riproposto in appello denuncia l’illegittimità del provvedimento di inibitoria di SCIA, emesso  dal comune appellato, che aveva ad oggetto la segnalazione di inizio attività per il noleggio di natanti, presentata  dalla parte il 25 settembre del 2020.  13.1. Il motivo è irrilevante prima ancora che infondato, perché il rigetto dell’appello avverso la decadenza dalla  concessione priva di interesse la parte a far valere la relativa eccezione avverso il provvedimento di inibitoria, che  era riferito ad un’area sulla quale la stessa non ha più legittime pretese da esercitare.  13.2. Il motivo è comunque infondato perché il divieto di prosecuzione dell’attività si pone in un rapporto di diretta  derivazione e coerenza con l’accertamento dei comportamenti contrattualmente illeciti tenuti dalla parte che hanno  condotto alla declaratoria di decadenza. È evidente che, avendo la parte condotto abusivamente in precedenza  l’attività che in seguito ha fatto oggetto di segnalazione, ciò rappresentava un insormontabile elemento ostativo  che imponeva l’inibitoria della stessa, pena l’evidente contraddittorietà dell’operato della amministrazione  appellata.      14. Questi motivi inducono al rigetto del gravame. Sussistono nondimeno giusti ed eccezionali motivi per disporre  l’integrale compensazione delle spese fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in
epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2024 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore
Laura Marzano, Consigliere
IL SEGRETARIO