Il Consiglio di Stato, sezione VI, con l’ordinanza n. 9413 del 22 novembre 2024, ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea una serie di quesiti interpretativi in relazione al regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione e al regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, per chiarire l’applicabilità delle norme in materia di trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici al commercio al dettaglio.

In particolare, il Collegio ha posto il quesito se la definizione di “trasformazione e commercializzazione” contenuta nell’art. 2, lett. c), del regolamento n. 717/2014, debba includere o escludere il commercio al dettaglio, considerando che il regolamento n. 1379/2013 fornisce una definizione autonoma del commercio al dettaglio nell’organizzazione comune dei mercati dei prodotti della pesca. Si è evidenziato il possibile conflitto tra un’interpretazione letterale, che sembrerebbe escludere il commercio al dettaglio dal regolamento n. 717/2014, e il dettato sistematico del regolamento n. 1379/2013, che invece lo riconduce al settore della pesca.

Un ulteriore interrogativo riguarda la compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che preveda l’erogazione di aiuti de minimis alle imprese operanti nel commercio al dettaglio di prodotti ittici, considerando la differenziazione di queste attività rispetto alla pesca industriale e la loro inclusione nelle zone franche urbane istituite in seguito al sisma dell’Italia centrale.

Il Consiglio di Stato ha sottolineato che, pur essendo incline a ritenere l’esclusione del commercio al dettaglio dal campo di applicazione del regolamento n. 717/2014 coerente con il sistema normativo, ha comunque rimesso le questioni interpretative alla Corte di giustizia per ottenere una risposta definitiva. Tale rinvio è motivato dall’esigenza di chiarire se le differenze tra commercio al dettaglio e pesca industriale giustifichino il trattamento distinto e se, in virtù del principio di coerenza normativa, il commercio al dettaglio possa essere ricondotto alla disciplina generale del settore della pesca.

Pubblicato il 22/11/2024

09413/2024 REG.PROV.COLL.

  1. 03404/2024 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 3404 del 2024, proposto da

– OMISSIS – di – OMISSIS -, in persona del titolare e legale rappresentante pro tempore – OMISSIS -, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Lori e Luca Filipponi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, Sezione Seconda, n. – OMISSIS – del 6 ottobre 2023.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2024, il Cons. Roberto Caponigro e uditi per le parti gli avvocati Paolo Lori e Luca Filipponi;

  1. La – OMISSIS – di – OMISSIS – (di seguito anche l’Impresa o la – OMISSIS -) espone di essere titolare di attività di vendita al dettaglio di pesci, crostacei e molluschi, codice ATECO 47.23, che esercita mediante banco dedicato all’interno di un supermercato nel Comune di Ascoli Piceno.

Soggiunge la ricorrente di avere presentato al Ministero dello Sviluppo Economico (ora Ministero delle Imprese e del Made in Italy) due istanze per la concessione delle agevolazioni previste dall’art. 46 del d.l. n. 50 del 2017 in favore delle attività situate nella Zona Franca Urbana, istituita in occasione degli eventi sismici del 2016, all’interno della quale è compreso il Comune di Ascoli Piceno.

L’Impresa, con decreti direttoriali del 7 dicembre 2017 e del 7 agosto 2019, è stata ammessa alle agevolazioni, rispettivamente, per € 35.000,00 ed € 22.144,55.

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Direzione Generale per gli incentivi alle imprese, con i decreti nn. 45 e 47 dell’11 gennaio 2023:

– visto il preavviso di revoca del 22 ottobre 2021, nel quale è evidenziato che, “sulla base delle verifiche effettuate tramite sistema informativo camerale, l’Impresa – OMISSIS – di – OMISSIS – svolge un’attività economica appartenente al settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, così come definiti dall’art. 2, comma 1, del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, condizione di non ammissibilità alle agevolazioni in oggetto, così come previsto al punto 7.4. della circolare direttoriale n. 243317 del 6 giugno 2019”;

– verificato che “l’impresa, contrariamente a quanto affermato dalla stessa, rientra nel campo di applicazione del Regolamento de minimis n. 717/2014 poiché l’attività commercio al dettaglio di pesci, crostacei e molluschi è riconducibile nella definizione di “commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura” di cui all’articolo 2, comma 1, del Reg. 717/2014. L’articolo 5, comma 1, lettera g) del Reg. (UE) n. 1379/2013, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, definisce il “commercio al dettaglio” di prodotti ittici come la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale. Il commercio al dettaglio dei prodotti ittici è inoltre escluso dal campo di applicazione del regolamento de minimis generale n. 1407/2013 che si riferisce alle attività di produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti non agricoli e alle attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli risultando, pertanto, non applicabile all’attività svolta dall’impresa”;

– verificato che l’impresa ha fruito delle agevolazioni concesse per importi pari ad € 19.384,87 e ad € 34.834,06;

ha revocato le dette agevolazioni concesse all’Impresa – OMISSIS – di – OMISSIS -.

La – OMISSIS – ha impugnato i detti atti dinanzi al Tar per le Marche che, con la sentenza della Sezione Seconda n. – OMISSIS – del 6 ottobre 2023, ha respinto il ricorso.

L’Impresa, quindi, ha interposto il presente appello, articolando i seguenti motivi:

  1. Error in iudicando in relazione alla ritenuta non spettanza delle agevolazioni della zona franca urbana, in relazione al motivo di censura per violazione di legge. Violazione art. 46 del d.l. n. 50/2017, dell’art. 2 regolamento UE n. 717/2014 e dell’art. 2 del regolamento UE n. 1407/2013. Errata valutazione circa il possesso dei requisiti ai fini delle agevolazioni.

Il Collegio avrebbe erroneamente ritenuto, per un evidente equivoco terminologico, che la mera attività di rivendita al dettaglio di prodotti ittici, essendo “commercio”, rientri nell’alveo della “trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura”, non avvedendosi che la normativa europea istitutiva del mercato unico pone un’esatta definizione di tale ultima attività, confinandola nell’ambito produttivo che si conclude con l’ottenimento del prodotto finale, pronto per essere immesso nel mercato consumeristico.

Il processo di “commercializzazione” farebbe sempre riferimento alle attività di predisposizione del prodotto per il mercato finale, cioè a quelle operazioni uniformate che rendono il bene adatto alla sua distribuzione all’utente finale sotto il profilo della garanzia della qualità e della standardizzazione, mentre la detta fase non riguarderebbe la vendita al pubblico.

Non esiste alcuna disposizione, nemmeno a livello nazionale, che consenta di ricondurre la mera attività di vendita al dettaglio di pesci e molluschi al settore, per così dire “industriale”, della pesca e acquacoltura.

La ricorrente avrebbe dimostrato di essere titolare di attività di mero acquisto e rivendita al consumo dei prodotti ittici, circostanza che, oltre a non essere contestata dall’Amministrazione resistente, risulterebbe provata dalla documentazione versata in atti, per cui sarebbe in possesso dei requisiti di legge per l’ammissione ai benefici previsti con l’istituzione della Zona Franca Urbana di cui all’art. 46 del D.L. 50/2017.

  1. Error in iudicando. Errata individuazione della fattispecie di annullamento in autotutela ed errata applicazione dell’art. 21 nonies della l. 241/1990. Annullamento d’ufficio disposto oltre il termine di 18 mesi dall’emanazione del provvedimento favorevole.

Il Giudice di primo grado avrebbe errato nel qualificare i decreti di revoca delle agevolazioni come meri atti dovuti e non come esercizio del potere di annullamento in autotutela, tali da soggiacere al termine di 18 mesi (ora 12) previsto dall’art. 21 nonies della L. 241/1990.

Il ricorrente, nel formulare l’istanza, avrebbe esattamente rappresentato la propria situazione al Ministero, definendo correttamente l’attività svolta, in completa buona fede.

I provvedimenti favorevoli con i quali sono stati concessi i benefici agevolativi al ricorrente sono stati emessi nelle date del 7 dicembre 2017 e del 7 agosto 2019, sicché il termine di 18 mesi per l’esercizio dell’autotutela sarebbe spirato in data 7 giugno 2019 per il primo decreto e in data 7 febbraio 2021 per il secondo decreto.

I provvedimenti di annullamento impugnati con il ricorso al TAR sono invece stati notificati in data 19 gennaio 2023 e, quindi, oltre 61 mesi rispetto al primo decreto ed oltre 41 mesi rispetto al secondo decreto, con la conseguente violazione del termine stabilito dall’art. 21-nonies L. 241/1990.

  1. Questione assorbita. Violazione di Legge. Violazione dell’art. 3 e dell’art. 21 quinquies della L. 241/1990. Violazione dei presupposti di legge per la revoca e difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico alla revoca dell’agevolazione

In estremo subordine, qualora volessero qualificarsi gli atti impugnati come provvedimenti di revoca, gli stessi sarebbero viziati per violazione dell’art. 21 quinquies della L. 241/1990, atteso che la nuova valutazione dell’interesse pubblico originario non potrebbe essere posta a fondamento della revoca degli atti di attribuzione di vantaggi economici per espressa previsione del comma 1 della disposizione richiamata.

I provvedimenti, inoltre, sarebbero viziati per difetto di motivazione, non contenendo alcuna indicazione circa le valutazioni di interesse pubblico che giustificherebbero l’esercizio dell’autotutela.

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha contestato la fondatezza delle censure dedotte, concludendo per il rigetto dell’appello.

L’impresa ha prodotto altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 7 novembre 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.

  1. Le revoche contestate, come sopra rappresentato, sono state disposte in quanto:

– il preavviso di revoca del 22 ottobre 2021 ha evidenziato che, sulla base delle verifiche effettuate tramite sistema informativo camerale, l’impresa – OMISSIS – di – OMISSIS – svolge un’attività economica appartenente al settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, così come definiti dall’art. 2, comma 1, del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, condizione di non ammissibilità alle agevolazioni in oggetto, così come previsto al punto 7.4. della circolare direttoriale n. 243317 del 6 giugno 2019;

– l’impresa, rientra nel campo di applicazione del Regolamento de minimis n. 717/2014 poiché l’attività commercio al dettaglio di pesci, crostacei e molluschi è riconducibile nella definizione di “commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura” di cui all’articolo 2, comma 1, del Reg. 717/2014. L’articolo 5, comma 1, lettera g) del Reg. (UE) n. 1379/2013, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, definisce il “commercio al dettaglio” di prodotti ittici come la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale. Il commercio al dettaglio dei prodotti ittici è inoltre escluso dal campo di applicazione del regolamento de minimis generale n. 1407/2013 che si riferisce alle attività di produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti non agricoli e alle attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli risultando, pertanto, non applicabile all’attività svolta dall’impresa.

  1. Il paragrafo 7.4. della prima richiamata circolare ministeriale n. 243317 del 6 giugno 2019 ha stabilito che le agevolazioni sono concesse nel rispetto del regolamento 1407/2013 e del regolamento 1408/2013, per cui possono accedere alle agevolazioni i soggetti che operano in tutti i settori di attività economica, con esclusione del settore della pesca e dell’acquacoltura.

Il punto 6.4. della circolare 100050 del 29 marzo 2001 del competente Ministero ha ugualmente evidenziato che le agevolazioni de quibus sono concesse nel rispetto del regolamento 1407/2013 e del regolamento 1408/2013, per cui possono accedere alle agevolazioni i soggetti che operano in tutti i settori di attività economica, con esclusione dei soggetti operanti nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, così come definiti all’art. 2, comma 1, del regolamento UE n. 717/2014 della Commissione del 27 giugno 2014.

  1. Venendo alle norme unionali – costituenti il quadro giuridico rilevante per la decisione del caso di specie – l’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE (ex articolo 87 del TCE) stabilisce che: “Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.

L’art. 108, paragrafo 3, del Trattato prevede la notifica alla Commissione degli aiuti di Stato.

L’art. 109 del TFUE (ex articolo 89 del TCE) dispone altresì che: “Il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può stabilire tutti i regolamenti utili ai fini dell’applicazione degli articoli 107 e 108 e fissare in particolare le condizioni per l’applicazione dell’articolo 108, paragrafo 3, nonché le categorie di aiuti che sono dispensate da tale procedura”.

L’art. 108, paragrafo 4, indica inoltre che: “La Commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di aiuti di Stato per le quali il Consiglio ha stabilito, conformemente all’articolo 109, che possono essere dispensate dalla procedura di cui al paragrafo 3 del presente articolo”.

Il Consiglio dell’Unione Europea, in conformità al detto art. 108, paragrafo 4, con il regolamento (CE) n. 994/98, ha deciso che una di queste categorie è costituita dagli aiuti “de minimis”, sicché occorre ritenere che gli aiuti “de minimis”, ovvero gli aiuti che non superano un importo prestabilito concessi a un’impresa unica in un determinato arco di tempo, non soddisfino tutti i criteri di cui all’articolo 107, paragrafo 1 del Trattato e non siano quindi soggetti alla procedura di notifica.

  1. Il settore della “pesca e dell’acquacoltura” è stato escluso dal campo di applicazione dei regolamenti sugli aiuti “de minimis” in considerazione delle norme specifiche vigenti nel citato settore e del rischio che, anche per importi limitati di aiuto, possano ricorrere i criteri di cui all’art. 107, paragrafo 1, del Trattato.

A conferma di ciò va rilevato che il regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013 è relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis”, mentre il regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione del 27 giugno 2014 è specificamente riferito all’applicazione dei detti articoli del TFUE sugli aiuti di Stato nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

Il regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione – relativo al settore della pesca e dell’acquacoltura – al considerando (5) ha posto in rilievo che: “Considerato il campo di applicazione della politica comune della pesca e la definizione del settore della pesca e dell’acquacoltura di cui all’articolo 5, lettera d), del regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, il presente regolamento dovrebbe applicarsi alle imprese operanti nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura”.

L’art. 2, lettera c), del regolamento (UE) 717/2014, ai fini del regolamento, definisce la “trasformazione e commercializzazione” come l’intera serie di operazioni di movimentazione, trattamento, produzione e distribuzione effettuate tra il momento dello sbarco e l’ottenimento del prodotto finale.

L’art. 5, lettera d), del regolamento (UE) n. 1379/2013, ai fini del regolamento, definisce “settore della pesca e dell’acquacoltura” il settore economico che comprende tutte le attività di produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti della pesca e dell’acquacoltura.

  1. L’art. 46, comma 7, del d.l. n. 50 del 2017, convertito in legge, con modificazioni, con la legge n. 96 del 2017, norma nazionale che disciplina l’istituzione della zona franca urbana del centro Italia prevedendo alcune agevolazioni, stabilisce che: “Le agevolazioni di cui al presente articolo sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis”, e del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis” nel settore agricolo”.

Di talché, possono accedere alle agevolazioni le imprese che operano in tutti i settori economici, con esclusione di coloro che operano nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura.

  1. Lo scrutinio della fondatezza o meno del primo motivo di appello, che costituisce la questione centrale della controversia, riposa nella interpretazione delle norme unionali che governano la materia, atteso che, ove l’attività di commercio al dettaglio di pesci, crostacei e molluschi svolta dall’Impresa appellante fosse da ricomprendere nel settore della pesca ed acquacoltura in quanto rientrante nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei relativi prodotti, l’agevolazione non spetterebbe, mentre se, diversamente, l’attività di commercio al dettaglio dovesse fuoriuscire dal settore della pesca ed acquacoltura, l’esito sarebbe opposto, vale a dire che l’agevolazione potrebbe essere concessa.
  2. Il Collegio ritiene che le argomentazioni proposte dall’Impresa nel ricorso in appello siano complessivamente condivisibili, in quanto, se, ai sensi dell’art. 2 del regolamento (UE) 717/2014 sugli aiuti de minimis nel settore della pesca e dell’acquacoltura – articolo contenente le definizioni – il commercio al dettaglio di prodotti ittici fosse escluso dall’ambito applicativo delle imprese operanti nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, esso sarebbe agevolabile ai sensi della normativa sulle zone franche urbane.

Ebbene per tale disposizione (art. 2, lett. c, prima citato ) la “trasformazione e commercializzazione” costituisce l’intera serie di operazioni di movimentazione, trattamento, produzione e distribuzione effettuate tra il momento dello sbarco e l’ottenimento del prodotto finale; il commercio al dettaglio quindi dovrebbe porsi in una fase successiva, che postula l’avvenuto ottenimento del prodotto finale.

Parimenti, se è vero che la lettera d) dell’art. 5 del regolamento (UE) n. 1379/2013 – relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura – definisce il “settore della pesca e dell’acquacoltura” come il settore economico che comprende tutte le attività di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, è altrettanto vero che la successiva lettera g) definisce il “commercio al dettaglio” come la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna del consumatore finale, compresi i terminali di distribuzione, gli esercizi di ristorazione, le mense di aziende e istituzioni, i ristoranti e altre strutture di ristorazione analoghe, i negozi, i centri di distribuzione per supermercati e i punti di vendita all’ingrosso; tali definizioni postulano che il commercio al dettaglio sia un qualcos’altro rispetto al settore della pesca ed acquacoltura (e qui può notarsi che le definizioni sono distinte e differenziate, ma tale circostanza, pur consentendo di ipotizzare una diversità di regime, è contenuta in un testo normativo unionale che disciplina tutto il settore, con ciò facendo sorgere il dubbio sull’eventuale ricomprensione in via generale del commercio al dettaglio nell’organizzazione comune dei mercati del settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura ).

Ritiene il Collegio che la scansione delle norme regolamentari europee sembra deporre nel senso che l’attività di commercio ittico al dettaglio sia una fase autonoma e successiva, e cioè un posterius, rispetto alle attività di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti, che identificano il settore della pesca ed acquacoltura ma sul punto – trattandosi di definizioni che incidono su campi di applicazione delle richiamate normative unionali e non rinvenendosi precedenti – si richiede l’ausilio interpretativo della Corte UE.

In definitiva, sembrerebbe che l’attività di commercializzazione dei prodotti ittici dai produttori ai rivenditori rientri nel settore della pesca ed acquacoltura, mentre la vendita da parte dei commercianti ai consumatori finali rientri nella successiva ed autonoma fase del commercio al dettaglio.

  1. Nondimeno, poiché nel caso di specie l’interpretazione delle norme europee ha un evidente impatto sistemico sul regime nazionale relativo agli aiuti “de minimis”, il Collegio ritiene di rimettere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea una questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del TFUE.

L’art. 267 del TFUE dispone che: “La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale:

  1. a) sull’interpretazione dei trattati;
  2. b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione”.

Le questioni interpretative sottoposte alla Corte di Giustizia sono le seguenti:

se, nel regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione del 27 giugno 2014, la definizione di cui alla lettera c) dell’art. 2, di “trasformazione e commercializzazione” comprenda o meno anche l’attività di commercio al dettaglio di prodotti ittici e se l’eventuale esclusione dal campo di applicazione del regolamento n. 717/2014, fondata sul dato letterale della disposizione, risulti compatibile con il dettato dell’art. 5 lettere d ) e g ) del regolamento ( UE ) n. 1379 del 2013 che definisce autonomamente il commercio al dettaglio nell’organizzazione comune dei mercati dei prodotti ittici o se tale esclusione non sia compatibile con la disciplina generale del settore della pesca contenendo il regolamento n. 1379 del 2013 comunque una definizione del commercio al dettaglio che lo include fra le attività del settore della pesca (il Collegio tenderebbe a ritenere che l’esclusione sia compatibile)”;

in definitiva se, il regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione del 27 giugno 2014 sia applicabile o meno all’attività di commercio al dettaglio di prodotti ittici ciò in forza dell’attinenza del commercio al dettaglio al settore della pesca o della sua chiara differenziazione (quest’ultima tesi, che determina l’esclusione dell’attività di commercio al dettaglio dal campo di applicazione del regolamento (UE) n. 717/2014, persuadendo maggiormente il Collegio che rimette la questione)”;

“se il diritto dell’UE osti o non osti ad un diritto nazionale che consenta l’erogazione di aiuti de minimis alle imprese che commerciano al dettaglio prodotti ittici agevolabili in quanto differenti dalla pesca industriale ed in quanto ricomprese nella zona franca urbana istituita dopo il sisma che ha colpito l’Italia centrale”

  1. Il Collegio, tenuto conto delle Raccomandazioni della Corte medesima 2012/C 338/01, sulla presentazione di domande pregiudiziali, dispone che alla CGUE sia trasmessa, a cura della Segreteria della Sezione, oltre a copia conforme all’originale della presente ordinanza, copia dell’intero fascicolo di causa.
  2. In attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., va sospeso il presente giudizio, riservando alla sentenza definitiva ogni ulteriore decisione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, non definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe (R.G. n. 3404 del 2024), così provvede:

– rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le questioni pregiudiziali interpretative di cui in motivazione:

– ordina alla Segreteria della Sezione di trasmettere alla medesima Corte copia conforme dell’originale della presente ordinanza, nonché copia integrale del fascicolo di causa;

– dispone, in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la sospensione del presente processo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2024, con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore

Giovanni Gallone, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Roberto Caponigro

Giancarlo Montedoro

 

 

 

IL SEGRETARIO