Il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 9042/2024 del 12 novembre 2024, si è pronunciato sulla controversia concernente la validità del contratto di avvalimento presentato dalla società aggiudicataria in relazione ad una procedura di gara per l’affidamento di servizi, con particolare riferimento all’asserita mancanza di causa onerosa nel contratto di avvalimento e ai presunti vizi formali e sostanziali nell’offerta economica. Il ricorso si concentra sull’impugnativa di un’aggiudicazione in relazione alla valutazione della conformità dell’avvalimento alle normative di settore, nonché sull’eventuale viziabilità dell’offerta per non aver correttamente considerato gli aumenti salariali derivanti da un rinnovo contrattuale collettivo.

Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello principale, riformando la sentenza di primo grado, che aveva invalidato l’accordo di avvalimento. La motivazione si fonda sul principio secondo cui la causa del contratto di avvalimento deve essere esaminata non solo in relazione alla forma ma anche all’interesse economico concreto delle parti. In particolare, il Collegio ha ritenuto che, pur in assenza di un corrispettivo diretto esplicitato nel contratto di avvalimento, esso fosse giustificato dalla possibilità di un vantaggio patrimoniale per l’impresa ausiliaria derivante dall’eventuale subappalto dei servizi, nonché dalla sinergia tra le imprese coinvolte, tale da giustificare il ricorso a questa tipologia contrattuale. L’assenza di un contratto di subappalto specifico non inficia la validità del contratto di avvalimento, che si considera comunque giuridicamente valido per la sussistenza di una causa economica idonea.

Per quanto riguarda l’appello incidentale, il Consiglio di Stato ha confermato la validità dell’offerta economica della società aggiudicataria, respingendo le obiezioni in merito alla mancata considerazione degli aumenti salariali previsti dal rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro. Il Collegio ha precisato che, pur non essendo stata calcolata integralmente l’incidenza degli aumenti salariali, tale omissione non comporta automaticamente l’invalidità dell’offerta economica, in quanto il bando di gara non prevedeva un obbligo esplicito di considerare i dettagli specifici dei rinnovi contrattuali nella valutazione dell’offerta economica, bensì una valutazione complessiva della congruità dell’offerta in relazione agli altri criteri previsti dal capitolato.

In conclusione, il Consiglio di Stato ha sancito la legittimità dell’aggiudicazione dell’appalto, ritenendo che, sebbene vi fossero delle imprecisioni nei calcoli dell’offerta economica, queste non fossero tali da determinare un’alterazione sostanziale del procedimento di gara o da invalidare l’intera offerta, che rispondeva ai requisiti minimi fissati dal bando e dalle normative di riferimento.

Pubblicato il 12/11/2024

  1. 09042/2024REG.PROV.COLL.
  2. 03852/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3852 del 2024, proposto da
– OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG – OMISSIS -, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Alberto Clarizio e, Anna Del Giudice, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

– OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Anna Polito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

– OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Rispoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Appia Nuova n. 107;
– OMISSIS -, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Terza), 3 aprile 2024, n. – OMISSIS -, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di – OMISSIS – e di – OMISSIS -;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2024 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Luca Alberto Clarizio e Maria Grazia Ingrosso, in delega dell’avv. Anna Polito;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. Con l‘appello in trattazione la società – OMISSIS – chiede la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Terza), 3 aprile 2024, n. – OMISSIS – (in prosieguo: «la sentenza») che ha accolto il ricorso proposto dalla – OMISSIS – e ha annullato il provvedimento di aggiudicazione datato 6 novembre 2023 (in prosieguo: «il provvedimento impugnato») con il quale l’- OMISSIS – ha disposto l’affidamento all’odierna appellante del servizio di pulizia del parco veicoli e degli immobili.
  2. Secondo il Tribunale amministrativo, l’offerta della società – OMISSIS – doveva essere esclusa dalla procedura di gara per la nullità del contratto di avvalimento stipulato il 17 marzo 2023 con le società Boni s.p.a. e AGA Servizi s.r.l., mediante il quale la società aggiudicataria ha sopperito alla carenza del requisito di capacità tecnico-professionale prescritto dal disciplinare di gara, consistente nell’avere «eseguito negli ultimi tre anni 2019-2020-2021 almeno 1 (uno) servizio analogo al servizio di pulizie per il trasporto ferroviario, su filobus, su tram o su autobus in modo continuativo e regolare, di importo minimo almeno pari a € 2.000.000,00 e della durata di almeno 1 anno». Il contratto, infatti, sarebbe nullo per mancanza di causa concreta in quanto stipulato a titolo gratuito, non essendo questo assistito dalla necessaria onerosità per la irrisorietà del corrispettivo pattuito, né sussisterebbe un interesse direttamente o indirettamente patrimoniale che abbia indotto la società ausiliaria ad assumere l’impegno.
  3. La società – OMISSIS –, rimasta soccombente ha proposto appello deducendo l’erroneità della sentenza sotto plurimi profili.
  4. Resiste in giudizio l’- OMISSIS -, il quale propone anche appello incidentale autonomo, con il quale sostanzialmente ripropone i motivi dedotti dall’appellante principale.
  5. Si è costituita in giudizio anche la società – OMISSIS –, chiedendo che gli appelli principale e incidentale siano respinti e riproponendo, ai sensi dell’art. 101, comma secondo, del codice del processo amministrativo, i motivi del ricorso di primo grado non esaminati dal primo giudice.
  6. All’udienza del 10 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
  7. Passando all’esame dei motivi dell’appello principale e dell’appello incidentale, con il primo gli appellanti deducono l’erroneità della sentenza per non aver considerato che la causa dell’avvalimento dovrebbe essere valutata non solo con riferimento al corrispettivo ma anche con riguardo all’accordo di subappalto del 6 aprile 2023 tra la società – OMISSIS – e l’impresa ausiliaria, che dimostrerebbe come l’avvalimento sia stato stipulato per un interesse patrimoniale di quest’ultima. Le appellanti sottolineano come l’accordo contrattuale di avvalimento si componesse di due atti, di cui il secondo inerente alla “promessa di subappalto” (non già il contratto di subappalto, come erroneamente ritenuto dal primo giudice) rivolta alle imprese ausiliarie, con cui – OMISSIS – precisava la tipologia di servizi eventualmente da affidare e la percentuale che le ausiliarie avrebbero conseguito per l’esecuzione di tali servizi. Pertanto, anche ai sensi dell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, sussisterebbe nel caso di specie un interesse patrimoniale concreto, sufficiente per la validità dell’accordo di avvalimento presentato in gara dall’aggiudicataria.

7.1. Il motivo è fondato.

7.2. In linea di fatto è sufficiente precisare che, con il contratto di avvalimento stipulato il 17 marzo 2023, le due imprese ausiliarie (Boni s.p.a. e AGA Servizi s.r.l.) hanno messo a disposizione della società aggiudicataria il requisito di capacità tecnico-professionale prescritto dal disciplinare di gara, consistente nell’avere «eseguito negli ultimi tre anni 2019-2020-2021 almeno 1 (uno) servizio analogo al servizio di pulizie per il trasporto ferroviario, su filobus, su tram o su autobus in modo continuativo e regolare, di importo minimo almeno pari a € 2.000.000,00 e della durata di almeno 1 anno». Nel contratto di avvalimento (art. 4) le parti hanno convenuto altresì che «in caso di aggiudicazione verrà corrisposto alla società BONI SPA un importo pari allo 0,01 % del valore dell’appalto a titolo di corrispettivo onnicomprensivo dell’avvalimento».

Con successivo accordo del 6 aprile 2023 le parti hanno stabilito che «l’impresa Boni Spa si dichiara disposta ad assumere il ruolo di sub-appaltatore de – OMISSIS – nella quota del 25 % […] per i servizi di attività a canone e attività a richiesta previsti nel capitolato tecnico […]».

7.3. Il primo giudice, muovendo dalla corretta premessa che il contratto di avvalimento sia un contratto oneroso di scambio e a prestazioni corrispettive, giunge tuttavia alla errata conclusione per la quale, nel caso di specie, mancherebbe in concreto la causa onerosa. In senso contrario, deve rammentarsi che, nei contratti tipici, qual è il contratto di avvalimento come delineato dall’art. 89 del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e quindi provvisto in astratto di una sua funzione riconosciuta e approvata dall’ordinamento, l’accertamento della liceità della complessiva operazione negoziale si traduce nella individuazione della causa in concreto, ossia della ragione giustificativa dello scambio o delle reciproche attribuzioni patrimoniali. In tale prospettiva l’indagine deve volgersi non solo a quanto espressamente previsto dalle parti nel regolamento contrattuale ma anche alla ricerca di interessi diversi (o esterni) che ugualmente possano giustificare lo scambio programmato o l’apparente squilibrio economico dello scambio (e ciò senza considerare che, secondo la ferma giurisprudenza della Cassazione civile in tema di contratti di scambio, lo squilibrio economico originario tra le prestazioni delle parti non può comportare la nullità del contratto per mancanza di causa, perché nel nostro ordinamento prevale il principio dell’autonomia negoziale, che opera anche con riferimento alla determinazione delle prestazioni corrispettive: in tal senso Corte di cassazione, sezione prima civile, 22 ottobre 2020, n. 23140, che rileva come la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio vada compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare e non può quindi fondarsi sull’esistenza o meno di un rapporto sinallagmatico tra le prestazioni sul piano tipico e astratto, dipendendo invece dall’apprezzamento dell’interesse sotteso all’intera operazione negoziale, quale emerge dall’entità dell’attribuzione, dalla durata del rapporto, dalla qualità dei soggetti e soprattutto dalla prospettiva di subire un depauperamento, collegato o meno ad un sia pur indiretto guadagno ovvero ad un risparmio di spesa; sicché il negozio può dirsi gratuito, solo quando dall’operazione la parte non tragga nessun concreto vantaggio patrimoniale; in precedenza Corte di cassazione, sezione prima civile, 4 novembre 2015, n. 22567).

7.4. Tra gli interessi di natura economico-patrimoniale idonei a sorreggere la ragione giustificativa dello scambio certamente rientra anche l’esistenza di altri rapporti tra le parti, nel caso di specie rappresentato dall’accordo preliminare per l’eventuale conclusione di un contratto di subappalto, nei termini sopra descritti; e quindi dall’interesse dell’ausiliaria a ottenere l’affidamento dei servizi in caso di aggiudicazione alla società – OMISSIS – (per la quale è essenziale presupposto la dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione).

7.5. Né rileva il fatto che questo accordo sia stato concluso successivamente o che non sia stato allegato alla domanda di partecipazione insieme al contratto di avvalimento (onere non previsto e nemmeno necessario per stabilire la validità dell’avvalimento, che di norma è valutata dopo la domanda di partecipazione, ossia nella fase di verifica dei requisiti).

7.6. Ne consegue che sia l’appello principale sia l’appello incidentale autonomo sono fondati.

  1. Peraltro, occorre procedere all’esame dei motivi riproposti dalla ricorrente in primo grado.
  2. Con il primo (che riproduce il secondo motivo del ricorso di primo grado), la – OMISSIS – ribadisce l’inammissibilità dell’offerta de – OMISSIS – per la violazione dell’art. 59, comma 4, del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 (secondo cui sono inammissibili offerte «il cui prezzo supera l’importo posto dall’amministrazione aggiudicatrice a base di gara»), per avere presentato un’offerta economica in aumento rispetto all’importo posto a base di gara.

9.1. Il primo dei motivi riproposti è infondato, posto che l’importo stimato da prendere in considerazione doveva comprendere anche il periodo di proroga di sei mesi, come si ricava dal bando di gara, pubblicato sulla GUUE del 15 febbraio 2023 in cui indica come “Valore totale dell’appalto” l’importo di 4.509.430,10 euro e una durata contrattuale di 30 mesi; importo e durata correttamente presi in considerazione nell’offerta dell’aggiudicataria – OMISSIS –.

  1. Con il secondo motivo riproposto, l’appellata – OMISSIS – censura l’aggiudicazione a – OMISSIS – per i profili di incongruità e inaffidabilità della sua offerta. In particolare è contestato il costo della manodopera dichiarato da – OMISSIS – nella parte in cui non avrebbe preso in considerazione gli aumenti salariali derivanti dal rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia, disinfestazione e servizi integrati/multiservizi (applicabili da luglio 2022, con ulteriori aumenti nel 2023 e nel 2024). Nel costo della manodopera – OMISSIS – non avrebbe tenuto conto dei nuovi livelli retributivi derivanti dalla contrattazione collettiva, in violazione dell’art. 97, comma 5, lettera d) e comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016.

10.1. Il costo del lavoro sarebbe inadeguato anche sotto altri profili in quanto – OMISSIS – avrebbe erroneamente applicato la tabella ministeriale di riferimento (prendendo in considerazione quella del mese di giugno 2022 e non, come avrebbe dovuto, quella aggiornata del mese di luglio 2022), scostandosi da essa attraverso un cospicuo abbattimento delle ore di assenza del personale, facendo così lievitare il divisore del costo medio annuo (scaturente dal calcolo delle giornate mediamente lavorate), da 1.581 ore a 1.640 ore annue, e riducendo così il relativo costo del 4% netto rispetto a quanto indicato nella detta tabella ministeriale.

10.2. Altresì, quanto al calcolo del monte teorico delle ore lavorate, la società aggiudicataria ha dichiarato che da proprie statistiche interne generalmente il proprio personale lavora 1.640 ore all’anno in media, rispetto alle 1.581 ore previste dalle tabelle ministeriali. Tuttavia, rilevato che i dati non sono stati accertati nel corso della verifica dell’anomalia, – OMISSIS – sostiene che comunque occorrerebbe fare riferimento al dato prudenziale contenuto nelle tabelle ministeriali, risultante da statistiche condotte su un raggio d’azione molto ampio, svolto su base nazionale, rispetto ai dati aziendali che, in quanto tali, sarebbero comunque aleatori.

In secondo luogo, l’offerta formulata dall’aggiudicataria avrebbe erroneamente calcolato il costo delle ore lavorate di notte, non avendo applicato la giusta maggiorazione della paga prevista dall’art. 38 del CCNL, fissato nella misura del 20% per il lavoro notturno eseguito in turni avvicendati.

  1. La società – OMISSIS – eccepisce l’inammissibilità della censura, ai sensi dell’art. 101, comma secondo, c.p.a., in quanto non sarebbe stata proposta con il ricorso introduttivo di primo grado.
  2. Il motivo è ammissibile e, nel merito, fondato.

12.1. Sotto il primo profilo, l’eccezione di rito sollevata da – OMISSIS – è infondata, come si evince dalla lettura del ricorso di primo grado (cfr. p. 11 ss., in specie a p. 12), nella parte in cui sono dedotte anche le anzidette censure qui riproposte.

12.2. Nel merito, precisato in linea di fatto che il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia, disinfestazione e servizi integrati/multiservizi è stato sottoscritto nelle date del 6 giugno 2021 e del 26 novembre 2021; e che, sotto il profilo economico, gli incrementi della retribuzione sono stati dilazionati nel tempo (con decorrenza luglio 2021, luglio 2022 e luglio 2023), non è sostanzialmente contestato tra le parti che l’offerta de – OMISSIS – non abbia preso in considerazione gli aumenti salariali con decorrenza luglio 2022 e luglio 2023.

12.2.1. In particolare, l’appellante – OMISSIS – non contesta la mancata previsione, nel costo del lavoro, degli incrementi contrattuali dovuti a seguito del CCNL 2022/2024, limitandosi a sostenere che gli aumenti contrattuali (quantomeno quelli applicabili da luglio 2022 e luglio 2023) sono intervenuti dopo la presentazione dell’offerta e le stesse nuove tabelle ministeriali sono state approvate successivamente all’offerta.

12.2.2. Né il riferimento a questi aumenti emerge dal contenuto delle giustificazioni prodotte dalla società nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta. La stessa relazione conclusiva del RUP sugli esiti di tale verifica non contiene alcun cenno a questo aspetto.

12.3. Passando all’esame della questione prospettata (su cui si veda Consiglio di Stato, sezione quinta, 7 luglio 2023, n. 6652, richiamata in senso adesivo anche da sezione quinta, 15 gennaio 2024, n. 453; in precedenza anche Id., 24 marzo 2020, n. 2056), in linea generale occorre muovere dalle funzioni che la disciplina del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 assegna al procedimento di verifica della affidabilità economica dell’offerta, come delineato dall’art. 97 e (per quel che rileva nel caso di specie) dall’art. 95, comma 10, secondo periodo (che impone alle stazioni appaltanti di verificare sempre i costi della manodopera prima di procedere all’aggiudicazione, secondo il criterio di cui all’art. 97, comma 5, lettera d), che qualifica come anormalmente basse, e quindi da escludere, le offerte il cui costo del personale «è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16»).

Il controllo della sostenibilità economica dell’offerta aggiudicataria ha sicuramente lo scopo di stabilire se l’offerta è attendibile sotto il profilo economico e affidabile in vista della futura esecuzione delle prestazioni contrattuali, per cui la verifica non ha un obiettivo limitato alla valutazione della attendibilità dell’offerta agli esclusivi fini dell’aggiudicazione, e quindi con un orizzonte temporale segnato dallo svolgimento della procedura di gara; ma è rivolta anche (se non soprattutto) all’esecuzione del contratto, vale a dire a garantire che la proposta individuata come possibile aggiudicataria della gara sia idonea a realizzare il programma negoziale. La valutazione dell’amministrazione appaltante non può prescindere, quindi, dal prendere in considerazione anche quei costi che con ragionevole certezza si presenteranno nel corso dell’esecuzione, nell’entità e nella consistenza prevedibile al tempo in cui la verifica di congruità sia effettuata.

12.4. Accanto a questa finalità generale, nella specifica ipotesi di verifica imposta dall’art. 95, comma 10, secondo periodo, se ne aggiunge un’altra, ossia l’esigenza di assicurare la piena applicazione non solo dei «trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge» (applicazione garantita dall’art. 97, comma 6, che li sottrae alle giustificazioni o spiegazioni dell’offerente) ma anche la effettiva applicazione dei trattamenti normativi ed economici previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro maggiormente rappresentative (art. 23, comma 16), salva la possibilità – qui consentita all’offerente – di presentare giustificazioni idonee a dare conto dello scostamento rispetto alle tabelle ministeriali sul costo del lavoro (giurisprudenza consolidata: per tutte Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2020, n. 369).

12.5. Nel caso in esame le due finalità convergono e si specificano nel senso che il rinnovo del CCNL di settore e la previsione in questo contenuta di aumenti retributivi applicabili nel corso dell’appalto oggetto della procedura di gara per un verso comporta la sua applicazione al personale impiegato nell’esecuzione dell’appalto, per altro verso impone alla stazione appaltante di tenere conto, nel corso del procedimento di verifica della congruità dell’offerta, anche dei nuovi livelli retributivi previsti, in quanto sicuramente applicabili alla futura esecuzione del contratto da affidare; e conseguentemente di verificare se l’offerta economica dell’impresa individuata come possibile aggiudicataria sia in grado di sostenere anche i nuovi costi (tenendo conto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5, lettera d) e comma 6, ossia che in relazione al mancato rispetto dei minimi retributivi contrattuali non sono ammesse giustificazioni).

12.6. Alla luce di tali rilievi, l’argomento invocato dall’appellante, secondo cui la valutazione di congruità è sempre riferita al momento in cui l’offerta è predisposta e presentata in gara, non è condivisibile né in termini generali né, soprattutto, quando si tratti di valutare la tenuta economica dell’offerta, nel tempo dell’esecuzione del contratto, con riguardo al costo del personale impiegato. Il cui aumento, derivante dal periodico rinnovo dei contratti collettivi di lavoro applicabili al settore, non dovrebbe essere considerato un evento imprevedibile ma una normale evenienza di cui l’imprenditore dovrebbe sempre tenere conto nel calcolo della convenienza economica dell’offerta presentata in gara.

12.7. Ne deriva che non è ravvisabile, sul punto, nemmeno un affidamento incolpevole dell’operatore economico offerente. Né tantomeno è invocabile la regola del tempus regit actum, resa inapplicabile dalle evidenziate finalità attribuite dal sistema alla procedura di verifica della congruità dell’offerta.

Sul punto la società aggiudicataria sostiene che dalla sentenza di questa sezione n. 453/2024 si ricaverebbe il principio secondo cui la verifica di congruità e del rispetto dei trattamenti retributi minimi vanno comunque effettuate osservando il principio tempus regit actum. Per cui, nel caso di specie, poiché le tabelle ministeriali calcolate con gli aumenti retributivi previsti dal nuovo CCNL sono state approvate il 30 settembre 2023 (quando la verifica di congruità era stata conclusa), le relative voci non avrebbero potuto essere applicate in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta de – OMISSIS –.

12.8. I rilievi non colgono nel segno, sia perché il richiamo alla sentenza non è, sul punto, pertinente, dato che nella vicenda esaminata dal precedente invocato si trattava dell’applicazione di un CCNL sottoscritto dopo la chiusura della verifica dell’anomalia, mentre nel caso in esame il CCNL è stato sottoscritto il 6 giugno 2021 e il 26 novembre 2021, con previsione di ulteriori aumenti a partire da luglio 2022; sia perché (come si evince dalla data della relazione del RUP) la verifica è stata chiusa il 30 ottobre 2023 (e quindi dopo l’approvazione delle tabelle ministeriali aggiornate agli aumenti applicabili da luglio 2023: cfr. decreto dirigenziale n. 52/2023 del 27 settembre 2023, del direttore della «Direzione generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali» del Ministero del lavoro; fermo restando che l’assenza delle relative tabelle ministeriali non può essere una ragione per non far riferimento, nella procedura di verifica della congruità, al nuovo CCNL eventualmente sopravvenuto).

12.9. L’accoglimento del motivo in esame comporta il parziale rinnovo della procedura di verifica dell’attendibilità dell’offerta de – OMISSIS – da parte della stazione appaltante, la quale dovrà accertare se l’applicazione degli aumenti salariali previsti dal rinnovo del CCNL confermi la sostenibilità dell’offerta sotto il profilo economico-finanziario. La verifica dovrà essere estesa anche all’altro profilo di censura sollevato dalla ricorrente – OMISSIS – (e qui riproposto, come si è veduto), vale a dire la corretta applicazione della maggiorazione per il lavoro notturno, posto che anche per questi si dovrà appurare in qual misura incidano su di essi, e quindi sulla complessiva affidabilità dell’offerta, i nuovi livelli retributivi.

Sul punto è appena il caso di rammentare che la giurisprudenza è concorde nell’affermare che il giudizio conclusivo sulle offerte anormalmente basse deve essere effettuato all’esito di una valutazione complessiva e globale della sostenibilità economica dell’offerta (per tutte Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2021, n. 2437); e in tale prospettiva le voci in perdita possono trovare compensazione in altri elementi della stessa offerta (derivanti, per esempio, dalla giustificata diminuzione altre voci di costo o dalla copertura data da accantonamenti per “spese generali” o anche dall’utile previsto dall’impresa per l’esecuzione del contratto del cui affidamento si tratta). Devono essere compensazioni generate all’interno dell’offerta; non quindi facendo ricorso all’utile generale di impresa o all’utile complessivo risultante dal bilancio della società, perché questo comporterebbe una evidente violazione della concorrenza tra gli operatori economici e consentirebbe di presentare offerte in perdita (predatorie, si potrebbe dire) confidando nella solidità finanziaria del gruppo o della società offerente, con l’effetto (o il concreto rischio) di marginalizzare o di escludere gli operatori economici concorrenti dal mercato degli appalti.

  1. Infine, è infondata la censura concernente la determinazione del numero di ore effettivamente lavorate (stabilito da – OMISSIS – in 1640 ore contro le 1581 indicate nella tabella ministeriale), considerato che – secondo la consolidata giurisprudenza già sopra richiamata – l’impresa può motivatamente discostarsi dai dati ministeriali; e nel caso di specie la società aggiudicataria ha dato una adeguata spiegazione dei dati utilizzati, ricavati dall’osservazione dell’andamento aziendale nel quinquennio 2018/2022, su circa 800 dipendenti. Né può sostenersi che i dati inseriti nelle tabelle ministeriali per quanto concerne le diverse voci che incidono sulla determinazione delle ore mediamente lavorate (in particolare le assenze per malattia e infortuni) siano di per sé maggiormente attendibili, per essere rilevate sulla base di un più ampio campione statistico, perché si tratta di argomentazione che condurrebbe alla conclusione che le tabelle ministeriali sono vincolanti; il che non corrisponde alle norme applicabili, come si evince dall’art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016, il quale (al comma 6) esclude le giustificazioni solo «in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge» mentre le consente (al comma 5, lettera d) per i trattamenti salariali retributivi indicati nelle tabelle di cui all’art. 23, comma 16, del codice.
  2. In conclusione, in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo riproposto da – OMISSIS – (già ricorrente in primo grado), l’appello principale de – OMISSIS – e l’appello incidentale autonomo dell’- OMISSIS – sono improcedibili per il sopravvenuto difetto di interesse; la sentenza va confermata con diversa motivazione, confermando quindi l’accoglimento del ricorso di primo grado anche se per ragioni diverse.
  3. Come anticipato, in sede di esecuzione la stazione appaltante dovrà rinnovare la procedura di verifica dell’attendibilità dell’offerta de – OMISSIS – al fine di accertare se l’applicazione degli aumenti salariali previsti dal rinnovo del CCNL confermi la sostenibilità dell’offerta sotto il profilo economico-finanziario, anche con riguardo all’applicazione della maggiorazione per il lavoro notturno, posto che anche per questi si dovrà appurare in qual misura incidano su di essi, e quindi sulla complessiva affidabilità dell’offerta, i nuovi livelli retributivi.
  4. Sussistono giuste ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese giudiziali per il doppio grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello principale e sull’appello incidentale autonomo, come in epigrafe proposti, li dichiara improcedibili.

Accoglie i motivi riproposti dalla società – OMISSIS – e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Terza), 3 aprile 2024, n. – OMISSIS -, con diversa motivazione.

Compensa tra le parti le spese giudiziali per il doppio grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere, Estensore

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Giorgio Manca

Francesco Caringella

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO