Con la sentenza n. 29379 del 14 novembre 2024, la Corte di Cassazione ha trattato la questione della presunzione di condominialità di un’area cortilizia destinata a parcheggio pubblico a pagamento. La controversia è sorta a seguito della domanda di un gruppo di condomini di un complesso immobiliare, in cui si chiedeva di accertare la comproprietà dell’area cortilizia adibita a parcheggio pubblico a pagamento e di valutarne la gestione da parte di una società, nonché l’abusiva occupazione da parte dell’INPS. Il Tribunale di Bergamo, in primo grado, aveva rigettato tale domanda, affermando che la proprietà del cortile fosse dell’INPS, non risultando tale area da includere fra le parti comuni del condominio.
La Corte d’Appello di Brescia, al contrario, accoglieva il ricorso degli appellanti, affermando che l’area cortilizia in questione dovesse considerarsi parte comune del condominio, nonostante fosse stata adibita a parcheggio pubblico a pagamento sin dal 1971, e pertanto prima della costituzione del condominio stesso. La Corte, infatti, ha sottolineato che la destinazione dell’area a parcheggio non ne modificava la natura di bene comune, in quanto essa continuava a svolgere la funzione di garantire luce e aria agli edifici condominiali.
Il ricorso per cassazione presentato dall’INPS è stato rigettato, con la Cassazione che ha confermato la decisione della Corte d’Appello, ribadendo che l’area cortilizia, pur essendo stata utilizzata per decenni come parcheggio, non perdeva la sua funzione primaria di spazio comune. La Corte ha richiamato l’art. 1117 c.c., che stabilisce che le parti di un edificio destinate all’uso comune sono considerate comunioni pro indiviso, salvo espressa e chiara volontà contraria manifestata nel titolo di proprietà. La Cassazione ha escluso che la specifica destinazione dell’area a parcheggio, o la sua gestione da parte dell’INPS, potessero influire sulla sua natura di bene comune.
La decisione si fonda sull’interpretazione consolidata della giurisprudenza secondo cui, a seguito del frazionamento della proprietà di un edificio, le parti dell’immobile destinate a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio, come il cortile in questione, sono automaticamente presunte comuni, salvo un’eccezione chiara nel titolo. In particolare, la Corte ha chiarito che la volontà di escludere un bene dalle parti comuni deve risultare in modo univoco dal titolo di proprietà, senza possibilità di interpretazioni extrinseche, come le deliberazioni degli organi competenti, che non sono direttamente rilevanti ai fini dell’interpretazione del contratto.