Il Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, ha accolto l’appello proposto, evidenziando l’erroneità delle conclusioni raggiunte dal giudice di prime cure in relazione all’assoggettamento di un’opera d’arte (un trittico nello specifico) a vincolo culturale. In punto di diritto, il Collegio ha chiarito che la dichiarazione di interesse culturale di un bene immobile non si estende automaticamente alle cose mobili in esso contenute, né a beni pertinenziali, salvo una specifica previsione normativa o un’espressa indicazione contenuta nel decreto di vincolo. Nel caso di specie, i vari provvedimenti di vincolo relativi all’immobile non menzionavano il trittico né altri beni mobili, essendo il vincolo limitato esclusivamente agli elementi architettonici e stilistici dell’immobile. La sentenza impugnata aveva erroneamente ritenuto che il trittico fosse una pertinenza del castello e quindi soggetto a vincolo in via automatica, argomentazione che è stata correttamente respinta dal Collegio. Inoltre, il Consiglio ha rilevato un vizio procedimentale derivante dalla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di annullamento dell’attestato di libera circolazione, in violazione dell’art. 7 della L. n. 241/90. Poiché il provvedimento di annullamento era espressione di un potere discrezionale e non vincolato, l’Amministrazione avrebbe dovuto dimostrare che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato, il che non è avvenuto.
Pubblicato il 27/09/2024
- 07835/2024REG.PROV.COLL.
- 01862/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1862 del 2022, proposto da
– OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Trotta, Maria Alessandra Sandulli, Martino Zulberti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Maria Alessandra Sandulli in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 349;
contro
Ministero della Cultura, Sopr.Za Arch, Belle Arti e Paesaggio Città Metropolitana di Genova e Le Province di Imperia, La Spezie e Savona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Alessandria, Asti e Cuneo, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino, Ministero della Cultura – Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale – Nucleo di Torino, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. – OMISSIS -, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Cultura e di Sopr.Za Arch, Belle Arti e Paesaggio Città Metropolitana di Genova e Le Province di Imperia, La Spezie e Savona;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 maggio 2024 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Andrea Trotta.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
- L’appellante sig. – OMISSIS – è proprietario, per averlo acquistato da una casa d’aste genovese, di un dipinto cinquecentesco, un olio su tavola, di centimetri circa duecento per duecento, attribuito ai fratelli Aimo e Balzanino Volpi e raffigurante il Crocifisso con Maria e Giovanni e con i santi Giacomo maggiore, Francesco, Gerolamo e Caterina.
- La Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Genova, Imperia, La Spezia e Savona, richiesta dall’interessato, con provvedimento n. – OMISSIS – del 26 giugno 2018 aveva autorizzato l’esportazione all’estero del dipinto.
- Tuttavia, a seguito di autonomo procedimento promosso dalla Soprintendenza per le province di Alessandria, Asti e Cuneo, si accertava che il dipinto fin dalla fine del XIX secolo era stato inserito tra gli arredi del castello di – OMISSIS -, che per l’effetto era diventato centro devozionale e artistico per coloro che frequentavano il maniero.
- A seguito di una nota del 7 marzo 2019 della Soprintendenza per le province di Alessandria, Asti e Cuneo nonché di una coeva nota del nucleo di tutela culturale dei Carabinieri del Piemonte del 19 maro 2019, la Soprintendenza ligure, con provvedimento del 16 maggio 2019 n. 14654, annullava in autotutela l’autorizzazione all’esportazione del dipinto rilasciata l’anno precedente.
- Tali provvedimenti venivano impugnati dal sig. – OMISSIS -, avanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, che, con la sentenza in epigrafe indicata, respingeva il ricorso.
- Il sig. – OMISSIS – ha proposto appello.
- Il Ministero della Cultura si è costituito in giudizio insistendo per la reiezione del gravame.
- La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 23 maggio 2024, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
- A migliore comprensione di quanto infra si dirà è bene dare conto dei seguenti fatti, così come il Collegio ritiene di poterli ricostruire dalla documentazione acquisita agli atti del giudizio.
8.1. L’opera d’arte oggetto della compravendita, un trittico, risale al quindicesimo secolo, è stata ritenuta per molto tempo opera di Macrino d’Alba, mentre attribuzioni più recenti la collocano con sicurezza tra i lasciti dei fratelli Volpi, pittori operanti nel territorio di – OMISSIS – nel torno di tempo indicato.
8.2. Il dipinto ha avuto una vita separata da quella del castello di – OMISSIS – sino al 1877 o 1879, quando uno dei discendenti della famiglia Scarampi, titolare del castello da secoli, ne ha disposto il trasferimento da una cappella esistente nel villaggio sino all’interno delle mura.
8.3. Sin dal 1937 il castello è stato sottoposto alle disposizioni di tutela contenute nella legge n. 364/1909 (doc. 1 del Ministero) e nella legge 23 giugno 1912, n. 688, e nel 1942 ne è stata formalizzata la dichiarazione di importante interesse con la seguente motivazione: “il Castello, sito nel Comune di – OMISSIS -…ha importante interesse” (doc. 2 del Ministero).
8.4. Come si desume da una lettera-denuncia del 27 aprile 1951, indirizzata alla Soprintendenza alle Gallerie di Torino (doc. 3 del Ministero), nel castello era conservata anche una collezione di quadri del pittore Guala, in una sala con decorazione barocca, disposti in cornici fisse, e quindi con carattere di arredo fisso, come sopraporte o caminiere. Parte di tale collezione era già stata venduta dalla famiglia Scarampi quando la stessa cedette la proprietà del castello ai Padri Somaschi, nell’agosto 1951. Questi ultimi, divenuti proprietari del castello, nell’ottobre del 1951 cercavano subito di vendere il trittico per il tramite di un antiquario della zona.
8.5. La Soprintendenza alle Gallerie di Torino, pertanto, con alcuni provvedimenti dei primi anni Cinquanta interveniva, in varie occasioni, presso i Padri Somaschi per rilevare che il dipinto oggetto di causa, non poteva essere alienato senza autorizzazione (docc. 5 e 6 del Ministero), mentre con decreto del 28 aprile 1953, notificato il 19 maggio 1953, il Ministero della Pubblica istruzione confermava, ai sensi della L. n. 1089/39, l’interesse particolarmente importante del castello con la seguente motivazione: perché “magnifico esempio di costruzione medioevale”, senza effettuare cenno alcuno al valore culturale degli arredi interni (doc. 6 di parte ricorrente/appellante).
8.6. In data 11 gennaio 1966 i Padri Somaschi alienavano la proprietà del castello alla “Castello di – OMISSIS -” S.p.A., facente capo alla famiglia Gutris: di tale compravendita, venutane a conoscenza, la Soprintendenza, con nota dell’11 marzo 1966, informava il Ministero ai fini dell’eventuale esercizio del diritto di prelazione, allegando a tale informativa una relazione, nella quale si descriveva l’immobile. La descrizione riguardava sia le parti architettoniche, sia alcuni particolari interni, come pure il parco pertinenziale; essa precisava che in uno dei saloni erano presenti “una serie di ovati entro i quali stanno infisse tele coi ritratti degli antenati della casa degli Scarampi. I dipinti del salone, in numero di ventitrè sono dovuti al pennello del Guala. Sopra l’altare della cappella, entro cornice di legno scolpito e dorato, incassato nella parete, sta un trittico attribuito a Macrino d’Alba” (doc. 5 di parte ricorrente).
8.7. Tale informativa era evasa con nota del 23 maggio 1966 del Ministero (doc. 27 del Ministero), il quale dichiarava di non voler esercitare la prelazione, chiedendo di confermare alla nuova proprietà l’esistenza del vincolo sull’immobile: allegava il “mod. 42” da notificare al nuovo proprietario, nel quale si affermava l’interesse particolarmente importante del castello “perché costruzione di origine medievale di notevolissimi pregi artistici non menomati dalle successive ristrutturazioni avvenute nei sec. XVIII e XIX. Restano preziose testimonianze architettoniche e decorative, sia esterne che interne, delle successive fasi, tutte sapientemente composte senza squilibri formali e stilistici. Di notevolissima importanza architettonica le parti medioevali anche se ampiamente restaurate”: tale documento non menzionava, tra gli allegati, la relazione dell’11 marzo 1966, la quale non risulta essere mai stata notificata alla Società acquirente.
8.8. Con nota del 4 marzo 1980 la Soprintendenza chiedeva all’Ing. Giorgio Gutris, detentore della struttura, di poter visionare l’interno del castello e prendere visione dei dipinti, prospettando che “ le opere, come il Castello, risultavano in passato di proprietà di Ente e come tali soggetti a vincolo di tutela (legge n. 1089 del 1.6.39, art. 26” (doc. 21 di parte appellante). L’ing. Gutris si opponeva alla richiesta, rappresentando dapprima che era stata la precedente proprietà a disperdere il patrimonio mobiliare presente nel castello e che la stessa aveva assicurato la società acquirente dell’esistenza di un vincolo solo sul castello e sul parco esterno, e in un secondo tempo assumendo di non essere tenuto a rendere conto della ubicazione delle opere d’arte già presenti all’interno del castello, non avendo mai ricevuto alcuna notifica , ma altresì sostenendo, in pratica, di non essere al possesso delle opere d’arte; fermo tutto ciò l’ing. Gutris, peraltro, accettava la visita del Soprintendente. Questa aveva luogo nel gennaio 1981: all’esito la Soprintendenza contestava il cattivo stato di conservazione del castello nonché “la mancanza di alcuni dipinti settecenteschi dal salone principale e di una tela dipinta dalla cappella”.
8.9. Il 22 dicembre 2016 il castello era venduto “senza riserve nello stato di fatto e di diritto in cui si trova”. Il dipinto di certo non è stato venduto insieme ad esso, tanto che poco dopo è stato messo all’asta dalla moglie e dalle figlie dell’ing. Gutris tramite una casa d’aste di Genova.
8.10. Il 24 novembre 2017, la Soprintendenza per la città metropolitana di Genova e le Province di Imperia, La Spezie e Savona, venuta a conoscenza della vendita del dipinto dal catalogo della casa d’aste, avviava il procedimento per il riconoscimento dell’interesse particolarmente importante del trittico, ai sensi degli artt. 13 e14 del D. .vo 42/2004; tuttavia, con provvedimento del 21 marzo 2018 n. prot. MBAC-SABAP-LIG. 6611, il Ministero concludeva il procedimento disponendone l’archiviazione, precisando che “cessano di conseguenza gli effetti previsti dall’applicazione in via cautelare delle disposizioni previste dal Capo II (Vigilanza e ispezione), dalla sezione I (Misure di protezione) del Capo III e dalla sezione I (Alienazione e altri modi di trasmissione) del Capo IV del D. Lgs. 42/2004 – parte Seconda “Beni Culturali”, Titoli I”: a motivo di tale decisione si legge che “Ciò con cui si può convenire con la Proprietà riguarda il fatto che la produzione della bottega Volpi (o presunta tale) è comunque rappresentata in modo congruo in territorio nazionale segnatamente nel Piemonte saluzzese e monferrino) e che l’opera in sé non presenta in definitiva caratteri di particolare rarità e pregio.”.
8.11. Su richiesta della casa d’aste il Ministero, Ufficio Esportazione di Genova, rilasciava l’attestato di libera circolazione n. 15790 del 21 giugno 2018.
8.12. Il dipinto veniva acquistato dall’odierno appellante.
8.13. Con nota del 26 novembre 2018 la Soprintendenza per le Province di Alessandria, Asti e Cuneo inoltrava al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Torino una informativa nella quale si sosteneva che il vincolo apposto al castello si estendeva anche a 23 dipinti e al trittico in origine ivi presenti, opere, queste ultime, che risultavano essere state spostate senza autorizzazione. Di seguito a ciò veniva aperto un procedimento penale a carico delle venditrici per il reato p.e. dall’art. 173 del D. Lgs. N. 42/2004, ovvero per aver venduto il dipinto senza la prescritta autorizzazione.
8.14. Nell’ambito dell’indagine penale la Soprintendenza per le province di Alessandria, Asti e Cuneo, con nota del 7 marzo 2019 trasmetteva della documentazione al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Torino, ribadendo nell’occasione che il vincolo gravante sull’immobile si estendeva, tra l’altro, anche al trittico, in forza dell’ “inscindibile legame del bene con l’immobile”.
8.15. La Soprintendenza -Ufficio esportazione di Genova, con il provvedimento impugnato in primo grado, del 16 maggio 2019, dava atto che solo a seguito di una informativa ricevuta dai Carabinieri era venuta a conoscenza del fatto, sino ad allora sconosciuto, secondo cui “il Trittico di cui sopra risulta sottoposto a vincolo emesso l’11/03/1966 (prot. 0807) dalla Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte”, disponendo l’annullamento dell’attestato di libera circolazione n. – OMISSIS – del 26 giugno 2018.
- A questo punto, prima di procedere con la disamina dei motivi d’appello, è opportuno dare conto della sentenza di primo grado, che si può sintetizzare come segue:
– nel momento in cui, nel 1877, la famiglia Scarampi ha sistemato il trittico nella cappella del castello ha manifestato la volontà di aggiungerlo all’universalità di mobili già costituita dai dipinti citati: il trittico, pertanto, dal 1877 è divenuto pertinenza del castello;
– inoltre si evince dalla relazione dell’11 marzo 1966 che il castello e i beni mobili al suo interno costituivano un unico inscindibile, mentre la complessiva lettura delle clausole negoziali riprodotte a tale riguardo e degli atti adottati nel tempo dalla amministrazione competente evidenziavano che il vincolo si estendeva all’intero immobile insieme con i mobili, cosa che risulta riportato nei diversi rogiti prodotti in causa;
– la famiglia Gutris acquistando il castello è venuta in possesso del trittico – come dimostrato dal fatto che esso fu messo in vendita dalla moglie e dalle figlie nel 2017 -, ma l’ha spostato dalla sua sede: ciò ha fatto legittimamente, dal punto di vista del diritto civile, ma illegittimamente dal punto di vista del diritto pubblico, posto che nel frattempo era ormai entrata in vigore la l. 1089/39, che le imponeva di dare conto all’Autorità preposta della intenzione di spostare altrove il reperto;
– pertanto l’ing. Gutris commise un abuso asportando il trittico da – OMISSIS -, e di tale abuso egli stesso era consapevole, come dimostra il fatto che alla Soprintendenza ha fatto credere che esso fosse già sparito nel momento in cui la società Castello di – OMISSIS – acquistava il dipinto;
– infondata è anche la censura secondo cui il vincolo avrebbe dovuto interpretarsi in maniera restrittiva, perché la relazione della Soprintendenza 11.3.1966, n. 807 considerò inscindibili i vincoli artistico, devozionale e culturale che il trittico in questione realizzò nei decenni in cui venne esposto nel maniero;
– la censura di violazione dell’art. 7 della L. 241/90, in relazione al fatto che l’appellante non è stato notiziato dell’apertura del procedimento di annullamento in autotutela è fondata ma non può condurre all’annullamento dell’atto ai sensi dell’art. 21 octies.
- Premesso quanto precede in punto di fatto, si può procedere all’esame dei motivi d’appello, che possono sintetizzarsi come segue.
10.1. Con il primo motivo di deduce che la decisione del TAR relativa al primo e al secondo dei motivi di ricorso sarebbe viziata da palesi errori in fatto.
Sotto un primo profilo si censura l’appellata sentenza per essere erroneamente fondata sulla circostanza che il dipinto era stato dichiarato di interesse particolarmente importante con il provvedimento del 21 marzo 2018: ciò emergerebbe dal passaggio della motivazione in cui si legge che “Gli uffici liguri del ministero avevano autorizzato l’interessato all’esportazione della citata opera d’arte al di fuori dei confini nazionali con l’atto – OMISSIS – del 26.6.2018, poco tempo dopo (21.3.2018) che la soprintendenza sempre di Genova l’aveva dichiarata di interesse nazionale” nonché dalla affermazione secondo cui l’autorizzazione alla esportazione era in contraddizione con il riconoscimento dell’interesse nazionale del dipinto.
Sotto diverso profilo l’appellante critica la sentenza laddove attribuisce alla relazione della Soprintendenza dell’11 marzo 1966 un contenuto che essa non avrebbe: precisamente il fatto che in tale relazione sarebbe riconosciuta l’esistenza di un vincolo inscindibile tra il castello e i beni mobili ivi presenti nonché il fatto che in tale relazione la Soprintendenza “considerò inscindibili i vincoli artistico, devozionale e culturale che il trittico in questione realizzò nei decenni in cui venne esposto nel maniero”.
E ancora si contesta la sentenza laddove essa afferma che il nuovo proprietario – ossia la società Castello di – OMISSIS – – trasportò altrove il trittico “al fine di godere la vista in modo separato rispetto a quanto si poteva fruire nel castello di – OMISSIS –”: osserva l’appellante che nell’atto di compravendita dell’11 gennaio 1966 non vi è alcun accenno al Trittico né ad altri beni mobili del Castello e quindi non vi è alcuna prova che l’Opera non fosse già stata “separata” dal Castello”.
10.2. Con il secondo motivo d’appello si contestano le statuizioni con cui il TAR ha ritenuto che il vincolo imposto sul castello fosse esteso al trittico, sul presupposto che tale estensione del vincolo fosse evidente dalla relazione della Soprintendenza dell’11 marzo 1966, ragione per cui “ogni successivo possibile acquirente interessato al compendio avrebbe potuto comprendere senza eccessive difficoltà quale era stata la valutazione data ai beni in questione dagli organi preposti alla tutela”.
Obietta l’appellante che la relazione dell’11 marzo 1966 riguarda unicamente il castello e che la natura eccezionale del vincolo di interesse culturale ne impone l’identificazione in base a criteri di massimo rigore interpretativo, i quali richiedono che sia esplicitata la natura e consistenza del bene che viene sottoposto al vincolo: nel caso di specie i vari decreti emessi con riferimento al Castello di – OMISSIS – non menzionano mai i beni mobili in essi contenuti (mentre la relazione del marzo 1966 allegata al decreto di conferma del vincolo sul castello contiene una fugace menzione del Trittico ). Nell’ambito del secondo motivo d’appello si deduce, in sostanza, anche omessa pronuncia sulla censura con cui si faceva valere che secondo l’art. 2, comma 2, della L. 1089/39, l’eventuale vincolo relativo alle pertinenze avrebbe dovuto essere trascritto nei registri immobiliari, ciò che nella specie non è avvenuto. Pertanto la sentenza sarebbe viziata per aver ha omesso di rilevare e di considerare, non solo l’assenza del vincolo di pertinenzialità del Trittico al Castello, ma anche l’insussistenza di qualsivoglia nesso “strutturale”, “architettonico” ovvero “artistico” tra il Castello, oggetto del vincolo, e il Trittico acquistato dall’odierno appellante
10.3. Con terzo motivo d’appello si contesta l’erroneità della sentenza anche nella parte in cui ha sbrigativamente liquidato la censura di violazione dell’art. 7 della l 241/90, sull’erroneo presupposto dell’applicabilità nel caso di specie della previsione contenuta all’art 21-octies della stessa legge: la censura è stata sollevata in relazione alla circostanza che la Soprintendenza di Genova non ha dato al sig. – OMISSIS – avviso dell’avvio del procedimento finalizzato all’annullamento dell’autorizzazione all’esportazione.
Ad avviso del TAR l’applicazione dell’indicata ipotesi di esclusione dell’annullabilità si giustificherebbe in considerazione del fatto che l’intervento in autotutela era finalizzato a “riparare ad un evidente errore commesso dall’ufficio esportazione della Soprintendenza ligure, che non era stato posto a conoscenza dell’apertura dei procedimenti amministrativi che hanno poi portato all’adozione dell’annullamento gravato”. Pertanto, prosegue il TAR, “la vendita del trittico al pubblico incanto avrebbe infatti dovuto essere circondata dalle cautele che la legge prevede prima di ammettere i beni tutelati alla libera contrattazione: ne consegue che, ancorché fondata, la censura non può comportare l’annullamento dell’atto impugnato”.
L’appellante sostiene, invece, di aver dato dimostrazione del fatto che il di lui apporto collaborativo nel procedimento avrebbe potuto cambiare le sorti del procedimento, sicché non può farsi applicazione, nel caso di specie, dell’art. 21 octies.
- I primi due motivi d’appello, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro complementari, sono fondati.
11.1. E’ opportuno chiarire, in punto di diritto, che la dichiarazione di notevole interesse culturale di un bene immobile non si estende automaticamente, anche alle cose mobili che in esso sono custodite o agli immobili che ne costituiscano pertinenza. La normativa succedutasi nel corso dei decenni, infatti, ha sempre riferito la dichiarazione di interesse culturale a singoli beni mobili o immobili, provvedendo inoltre a individuare, per ciascuna tipologia di beni mobili o immobili, i criteri determinanti l’interesse culturale; oltre a ciò si deve rilevare che nella predetta normativa, succedutasi nel corso dei decenni, non è rinvenibile alcuna previsione che specificamente estenda in maniera automatica il vincolo di interesse culturale imposto su un immobile ai beni mobili in esso contenuti, o ai beni che ne costituiscano una pertinenza, in senso civilistico.
11.2. Ne consegue che la volontà dell’Amministrazione di assoggettare a vincolo culturale beni mobili presenti all’interno di un immobile assoggettato a vincolo, o beni pertinenziali, deve emergere in maniera chiara e specifica dal medesimo decreto impositivo del vincolo sul bene immobile, oppure da un separato decreto, aggiuntivo, e comunque riferito specificamente a tutti o ad alcuni dei beni mobili presenti nell’immobile o ai beni pertinenziali.
11.3. Alla luce delle constatazioni che precedono, risulta già fallace il ragionamento del primo giudice, che ha affermato la natura pertinenziale, rispetto al castello, del trittico oggetto dell’atto impugnato in questa sede, facendo discendere da tale, affermata, natura pertinenziale l’automatico assoggettamento al vincolo di esso trittico e quindi la necessità che l’eventuale sua vendita dovesse essere preceduta da una specifica autorizzazione.
11.3. Ciò chiarito, va detto che nel caso di specie, secondo quanto emerge dai fatti di causa, come ricostruiti nei paragrafi che precedono, i provvedimenti impositivi del vincolo sul castello di – OMISSIS -, non hanno mai richiamato il trittico di che trattasi. Si rammenta, a tale proposito, che:
– con un primo decreto del 26 aprile 1937 (doc. 1 del Ministero), adottato ai sensi della L. n. 364 del 1909 e della L. n. 688 del 1912, “il castello dei marchesi Scarampi di Villanova” è stato dichiarato di importante interesse, e assoggettato alle disposizioni della L. n. 688 del 1912;
– con un secondo decreto del 16 novembre 1942, adottato ai sensi della L. n. 1089 del 1939 (doc. 2 del Ministero), il Ministero ha disposto che “il Castello, sito nel Comune di – OMISSIS -, di cui essa (n.d.r.: la Marchesa Paola Scarampia di Villanova) ne è comproprietaria, ha importante interesse”;
– con decreto del 19 maggio 1953, trascritto nei Registri Immobiliari in data 20 maggio 1953, veniva confermato l’interesse particolarmente importante del castello di – OMISSIS – “perché magnifico esempio di costruzione medievale”;
– il “modello 42” predisposto dalla Soprintendenza in occasione della vendita del Castello alla “Castello di – OMISSIS – S.p.A.” (doc. 24 del Ministero) affermava l’interesse particolarmente importante del castello “perché costruzione di origine medievale di notevolissimi pregi artistici non menomati dalle successive ristrutturazioni avvenute nei sec. XVIII e XIX. Restano preziose testimonianze architettoniche e decorative, sia esterne che interne, delle successive fasi, tutte sapientemente composte senza squilibri formali e stilistici. Di notevolissima importanza architettonica le parti medioevali anche se ampiamente restaurate”, senza richiamare il dipinto oggetto di causa né la relazione dell’11 marzo 1966 della Soprintendenza che vi faceva riferimento.
– con nota del 18 aprile 1966 n. prot. 4409, il Ministero sollecitava il Soprintendente ai Monumenti di Torino a comunicare al recente acquirente del castello (ovvero la “Castello di – OMISSIS – S..A.”, facente capo ai signori Gutris) “che l’immobile di cui trattasi è soggetto a tutte le disposizioni di tutela di cui alla legge 1.6.1939 n. 1089”;
– nella nota del 6 giugno 1966, n. prot. 2077, la Soprintendenza informava la “Castello di – OMISSIS -” che il Ministero aveva deciso di non esercitare la prelazione, e contestualmente faceva presente “che il Castello sito nel Comune di – OMISSIS – e vincolato ai sensi della legge 1° giugno 1939 n. 1089”.
11.4. E’ dunque agevole osservare che i vari decreti impositivi del vincolo sul castello di – OMISSIS -, non hanno mai menzionato la presenza al suo interno di dipinti, e quelli più recenti, del 1953 e del 1966, hanno indicato le ragioni del vincolo nello stile architettonico dell’immobile, e non nella presenza al suo interno di dipinti inamovibili e di notevole interesse culturale.
11.5. Le note con cui, nel 1980 e 1981, la Soprintendenza chiedeva di ispezionare il castello ventilando l’esistenza, al suo interno, di opere soggette a tutela, non hanno evidentemente, valore equipollente del necessario decreto impositivo del vincolo; né tali note possono essere utilizzate per interpretare i decreti istitutivi del vincolo sul castello di cui sopra si è dato conto, che si riferiscono solo al castello, così come – del resto – la nota ministeriale del 18 aprile 1966 e la nota della Soprintendenza del 6 giugno 1966.
11.6. A conferma di quanto sopra, infine, v’è il fatto che la stessa Soprintendenza per la città metropolitana di Genova e le Province di Imperia, La Spezia e Savona, venuta a conoscenza della vendita del dipinto dal catalogo della casa d’aste, con nota del 24 novembre 2017 avviava il procedimento per il riconoscimento dell’interesse particolarmente importante del trittico, ai sensi degli artt. 13 e14 del D.vo 42/2004: a meno di voler supporre che gli archivi di ciascuna Soprintendenza non fossero – nel 2017 – digitalizzati e accessibili dalle altre Soprintendenze, si deve presumere che la Soprintendenza ligure fosse a conoscenza dei sopra ricordati decreti impositivi del vincolo sul castello, e li abbia correttamente interpretati nel senso che non includevano nel vincolo i dipinti presenti all’interno del castello. Difatti è stato solo a seguito dell’avvio della indagine penale, conseguente alle segnalazioni della Soprintendenza per le Province di Alessandria, Asti e Cuneo, che la Soprintendenza ligure affermava di essere venuta a conoscenza dell’esistenza del vincolo sul trittico, che peraltro veniva fatto risalire alla relazione dell’11 marzo 1966, che la Soprintendenza aveva trasmesso al Ministero in occasione della vendita del castello dai Padri Somaschi alla Castello di – OMISSIS – S.p.A.: ciò che si vuol qui sottolineare è che il ripensamento della Soprintendenza ligure non si fonda sull’improvviso rinvenimento di un decreto che contemplasse esplicitamente i dipinti presenti all’interno del castello e il trittico, ma solo sulla interpretazione dei risalenti decreti impositivi del vincolo sostenuta dalla Soprintendenza di Alessandria, Asti e Cuneo, con la quale la Soprintendenza ligure non voleva, evidentemente, andare in conflitto.
11.7. Infine va rilevato che, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, il decreto della Soprintendenza ligure del 21 marzo 2018, lungi dal dichiarare l’interesse nazionale del trittico, aveva disposto l’archiviazione de relativo procedimento con una motivazione che si ritiene di riportare per la sua rilevanza : “.Il trittico, anche qualora lo si voglia considerare di mano ignota ( come nota la relazione era opinione di Federico Zeri ) e privo di un preciso aggancio cronologico, si lega comunque a un contesto culturale e geografico ben preciso: può essere il marchesato paleologo del – OMISSIS -, può essere il marchesato di Saluzzo, a ogni buon conto il dipinto mantiene la sua natura di testimonianza della cultura figurativa di uno specifico contesto che gli studi hanno ormai ben indagato, come ben si può desumere dalla bibliografia contenuta nella relazione storico artistica allegata all’avvio del procedimento, nonché dalle informazioni contenute nelle osservazioni della Proprietà.
Il trittico non è però irrilevante, come la Proprietà sostiene, perché è un prodotto di una cultura locale: sappiamo fin troppo bene che la somma delle situazioni degli specifici territori, considerati in sincronia restituisce la totalità varia del patrimonio culturale nazionale.
Si tralascia l’asserzione della Proprietà secondo la quale la Soprintendenza piemontese non ha ritenuto in passato di dover apporre il vincolo, nei decenni passati, quando il trittico si trovava a – OMISSIS -. Sarebbe stato importante che la Proprietà documentasse debitamente l’asserto.
Ciò su cui si può convenire con la Proprietà riguarda il fatto che la produzione della bottega Volpi (o presunta tale) è comunque rappresentata in modo congruo in territorio nazionale (segnatamente nél Piemonte saluzzese e monfenino) e che l’opera in sé non presenta in definitiva caratteri di particolare rarità e pregio.
Per questo motivo si ritiene di accogliere le argomentazioni contenute nella memoria di opposizione presentata dalla Proprietà.”
La portata dei decreti impositivi del vincolo sul Castello si riteneva giustificasse l’avvio di una dichiarazione specifica di interesse culturale del Trittico però mai perfezionatasi con l’accertamento dell’interesse culturale ritenendosi l’opera non di particolare rarità e pregio.
11.8. In conclusione i primi due motivi d’appello colgono nel segno laddove evidenziano che, contrariamente a quanto ritenuto nella appellata sentenza, il trittico oggetto del provvedimento impugnato non è mai stato assoggettato a vincolo culturale, non potendo tale vincolo desumersi dai decreti che hanno assoggettato a tutela il castello di – OMISSIS -.
11.9. Tali considerazioni non solo determinano la necessità di riformare, sul punto, l’appellata sentenza, ma determinano anche l’accoglimento del primo e del secondo dei motivi di primo grado, a mezzo dei quali l’appellante sosteneva che nessun atto aveva mai esteso il vincolo al trittico e che l’atto impugnato – ovvero il provvedimento della Soprintendenza -Ufficio esportazione di Genova, del 16 maggio 2019, di annullamento dell’attestato di libera circolazione – si fondava sul presupposto, inesistente, della esistenza di un vincolo sul trittico.
- E’ fondato anche il terzo motivo d’appello, con cui si impugna il capo della sentenza che ha respinto il motivo di primo grado afferente la violazione dell’art. 7 della L. n. 241/90, violazione conseguente al fatto che l’Ufficio esportazione della Soprintendenza ligure non ha comunicato al sig. De Marzio l’avvio del procedimento finalizzato all’annullamento dell’autorizzazione all’esportazione.
12.1. Nella appellata sentenza la censura in esame è respinta sul presupposto della possibilità di applicare l’art. 21 octies della L. n. 241/90.
12.2. L’art. 21 octies, comma 2, prima parte, della L. n. 241/90, prevede che “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato..”. Affinché possa operare la norma in esame, dunque, è necessario che venga in considerazione o un provvedimento a contenuto vincolato o che l’Amministrazione abbia dimostrato in giudizio che il contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.
12.3. Nel caso di specie non ricorrono le indicate circostanze. L’atto impugnato ha disposto l’annullamento in autotutela dell’attestato di libera circolazione n. 15790 del 21 giugno 2018 : come noto l’autotutela è espressione di un potere discrezionale, pertanto il provvedimento adottato nell’esercizio di tale potere non può avere natura vincolata. Il Ministero, inoltre, non ha dimostrato che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto avere un diverso contenuto, e peraltro l’accertata assenza di un vincolo sul trittico depone esattamente per il contrario, cioè per la possibilità che il procedimento in autotutela si concludesse con un provvedimento di diverso contenuto.
12.4. L’atto impugnato, cioè il provvedimento del 16 maggio 2019 che ha annullato l’attestazione di libera circolazione va pertanto annullato anche in ragione dell’indicato vizio procedimentale. Non sussiste, di contro, la necessità di annullare anche gli ulteriori atti oggetto di impugnazione: quanto alla nota del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale – Nucleo di Torino del
19.03.2019 e alla nota della Soprintendenza per le Province di Alessandria, Asti e Cuneo del 07.03.2019, per la ragione che si tratta di mere informative che prive, di per sé, di efficacia lesiva, anche perché non costituenti parere vincolante; quanto alla nota dell’11.03.1966 della Soprintendenza di Torino, menzionata al precedente paragrafo 8.6., perché, del pari, trattasi di relazione informativa di per sé priva di efficacia lesiva, in quanto non richiamata in alcuno dei decreti impositivi/confermativi del vincolo sul Castello di – OMISSIS -.
- In conclusione l’appello è fondato.
- La peculiarità della vicenda e delle questioni giuridiche trattate consente di disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie; per l’effetto, in totale riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. – OMISSIS -, accoglie il ricorso di primo grado e annulla la nota 16.5.2019, n. 14654 della Soprintendenza per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio per la città metropolitana di Genova – Ufficio esportazione.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Giovanni Gallone, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore
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L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Roberta Ravasio |
Giancarlo Montedoro |
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IL SEGRETARIO