Nella sentenza n. 4974 del TAR Campania, il Collegio ha rigettato il ricorso in quanto ha ritenuto che il titolo edilizio e il certificato di agibilità non potessero essere rilasciati in difetto della conformità dell’immobile alla normativa urbanistica ed edilizia vigente. La decisione si fonda sul principio per cui l’agibilità di un immobile non può essere considerata automatica, ma subordinata alla verifica del rispetto dei requisiti tecnici, igienico-sanitari e di sicurezza previsti dalla normativa applicabile, oltre che delle prescrizioni contenute nello strumento urbanistico locale. Con tale pronuncia, il TAR conferma un orientamento consolidato in giurisprudenza, ribadendo che il rilascio del certificato di agibilità e del titolo edilizio deve sempre avvenire in conformità alle disposizioni urbanistiche e alle regole che disciplinano l’edificazione, a tutela dell’interesse pubblico all’ordinato sviluppo del territorio.

Pubblicato il 16/09/2024

  1. 04974/2024 REG.PROV.COLL.
  2. 02704/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2704 del 2021, proposto da – OMISSIS – , rappresentata e difesa dall’avv. Ippolito Matrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Terzigno – non costituito in giudizio;

per l’annullamento

“dell’ordinanza n° – OMISSIS –  prot. n°- OMISSIS –  del 04.03.2021, per la demolizione di opere edilizie e ripristino dello stato dei luoghi, notificata in data 02.04.2021, e di ogni atto, anche endoprocedimentale, comunque nonconosciuto, consequenziale, connesso, preordinato e presupposto.”

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 luglio 2024 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso, depositato in data 22 giugno 2021, – OMISSIS – , proprietaria di un immobile destinato ad attività commerciale, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. – OMISSIS –  prot. n. – OMISSIS –  del 4 marzo 2021, notificata in data 2 aprile 2021, adottata nei suoi confronti dal Comune di Terzigno.

A sostegno del gravame la ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

Il Comune di Terzigno, benché ritualmente intimato, non si è costituito a resistere in giudizio.

All’udienza pubblica del 23 luglio 2024 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

Con il primo e secondo motivo di ricorso, che si ritiene di poter esaminare congiuntamente per ragioni di connessione logica, riconducibili alla natura delle argomentazioni spese da parte ricorrente, sono state dedotte le seguenti censure: 1) Violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 380/2001, illogicità manifesta, difetto di istruttoria, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca.

Parte ricorrente premette che la gravata ordinanza di demolizione si fonda su un accertamento del 14 novembre 2017 ed uno del 1° marzo 2021. Relativamente a quanto relazionato nel 2017, la P.A. riportava la presunta abusività di un bene immobile pari a circa 242 mq rispetto al quale erano in corso lavori di manutenzione e controsoffittatura. In primo luogo parte ricorrente lamenta che non sarebbe dato comprendere per quale motivo la P.A. abbia adottato formale ordinanza ingiuntiva di siffatta consistenza solo in data 2 marzo 2021, essendo trascorsi circa 4 anni dall’accertamento in questione e rappresenta che l’ordinanza n. 26 del 7 maggio 2018 di chiusura dell’attività ivi praticata non contemplava siffatta struttura abusiva, ma unicamente l’insussistenza del certificato di agibilità. Evidenzia che la relazione tecnica allegata alla segnalazione certificata di agibilità del 6 dicembre 2018 riporta espressamente della superficie complessiva del capannone e pari a mq 310,00, oltre che edificato in data antecedente al 1942. Tale circostanza sarebbe avvalorata dalla relazione asseverata con allegato stralcio aerofotogrammetrico attestante la legittimità della contestata superficie, la quale: a) risale agli anni ’40; b) è esterna al perimetro del centro abitato. Lamenta il vizio di eccesso di istruttoria in quanto il Comune non avrebbe riportato l’avvenuta demolizione dei lavori di ristrutturazione senza titolo nonché di controsoffittatura. Anzi, il verbale del 1 marzo 2021 attesta che “… le opere rilevate nel citato verbale prot. n° 20511 del 14.11.2017 sono ancora presenti…”.

Né tra l’altro la P.A. avrebbe provveduto a contestare quanto riportato nel certificato di agibilità.

Relativamente all’accertamento del 1 marzo 2021 in riferimento alla presenza di un gazebo collocato nella zona d’ingresso dell’immobile in questione, parte ricorrente sostiene che trattasi di opera non solo posta all’esterno dell’immobile in questione e non infissa al suolo, ma solo a fini ornamentali, non avendo alcuna funzione sostanziale.

2) Violazione del principio del giusto procedimento, violazione dell’art. 24 del d.P.R. n. 380/2001, violazione dell’art. 97 della Costituzione.

Parte ricorrente lamenta che l’amministrazione intimata non solo non avrebbe riportato il certificato di agibilità in suo possesso ma non avrebbe provveduto nemmeno al relativo annullamento. Pertanto l’ordinanza di demolizione sarebbe stata emessa in costanza di rituale agibilità dei locali de quibus, con conseguente violazione procedimentale in virtù della quale l’annullamento in parola doveva precedere l’ordine demolitorio.

I motivi sono infondati.

Innanzitutto deve ritenersi infondata la censura con cui parte ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato è stato adottato in data 2 marzo 2021 e quindi a distanza di circa quattro anni dal primo accertamento.

Ed infatti, in argomento, è sufficiente ricordare la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, condivisa dal Collegio, secondo la quale “(…) non può avere rilievo, ai fini della validità dell’ordine di demolizione, il tempo trascorso tra la realizzazione dell’opera abusiva e la conclusione dell’iter sanzionatorio. La mera inerzia da parte dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo. Allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata. Non si può applicare a un fatto illecito (l’abuso edilizio) il complesso di acquisizioni che, in tema di valutazione dell’interesse pubblico, è stato enucleato per la diversa ipotesi dell’autotutela decisoria. Non è in alcun modo concepibile l’idea stessa di connettere al decorso del tempo e all’inerzia dell’Amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare l’abusivismo edilizio, ovvero di legittimare in qualche misura l’edificazione avvenuta senza titolo, non emergendo oltretutto alcuna possibile giustificazione normativa a una siffatta – e inammissibile – forma di sanatoria automatica. Se pertanto il decorso del tempo non può incidere sull’ineludibile doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito attraverso l’adozione della relativa sanzione, deve conseguentemente essere escluso che l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata. In tal caso, è del tutto congruo che l’ordine di demolizione sia adeguatamente motivato mercé il richiamo al comprovato carattere abusivo dell’intervento, senza che si impongano sul punto ulteriori oneri motivazionali, applicabili nel diverso ambito dell’autotutela decisoria. Il decorso del tempo, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell’interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell’intervento. Anche nel caso in cui l’attuale proprietario dell’immobile non sia responsabile dell’abuso e non risulti che la cessione sia stata effettuata con intenti elusivi, le conclusioni sono le stesse (così la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 9 del 2017)” – cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 14 dicembre 2022, n. 10941 e 4 ottobre 2021 n. 6613.

Peraltro occorre rilevare che nel lasso di tempo trascorso tra i due verbali di sopralluogo l’amministrazione comunale intimata non è rimasta inerte, come risulta dal provvedimento impugnato nel quale sono stati richiamati l’avvio del procedimento prot. 405 del 4 gennaio 2018 per attività edilizia abusiva, notificato alla ricorrente in data 17 gennaio 2018, nonché il verbale di sopralluogo congiunto U.T.C. di cui al prot. 6114/2021 del 23 febbraio 2021, e tenuto conto che è stata adottata l’ordinanza n. 26 del 7 maggio 2018 di chiusura dell’attività di “vendita al dettaglio di prodotti alimentari” esercitata nel locale di proprietà della ricorrente, nei confronti della F.lli Miccio s.r.l., depositata in giudizio da quest’ultima.

Né ai fini della ritenuta legittimità del provvedimento impugnato rileva la circostanza che la citata ordinanza di chiusura dell’attività sia stata adottata unicamente per insussistenza del certificato di agibilità. Ciò per la risolutiva circostanza che trattasi di provvedimenti aventi presupposti diversi e ai fini dell’adozione dell’ordinanza di chiusura dell’attività deve ritenersi sufficiente l’insussistenza del certificato di agibilità. Al riguardo, tenuto conto che non costituisce oggetto del presente giudizio la legittimità dell’ordinanza di chiusura dell’attività, peraltro impugnata con separato ricorso, basti rilevare in questa sede che per costante e condivisibile giurisprudenza, anche della Sezione, il certificato di agibilità è pre-requisito necessario per lo svolgimento di qualsiasi attività, che – in difetto – può essere inibita (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 2 settembre 2024, n. 4786 e T.A.R. Lazio Roma, Sez. II ter, 25 ottobre 2022, n. 13726).

Né, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, il Comune intimato avrebbe dovuto provvedere a contestare quanto riportato nel certificato di agibilità, nè avrebbe dovuto, come sostenuto nel secondo motivo di ricorso, provvedere al relativo annullamento prima di adottare l’ordinanza di demolizione.

Al riguardo non vi è dubbio che la regolarità urbanistico edilizia sia oggetto della specifica funzione del titolo edilizio, ma ciò non incide sul fatto che – in ogni caso – il rilascio del certificato di agibilità presupponga la regolarità urbanistico edilizia dell’immobile, che dunque deve essere previamente accertata.

In questo senso la condivisibile giurisprudenza anche di questa Sezione ha affermato che non soltanto che in base al combinato disposto degli artt. 24, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 e 35, comma 20, della L. n. 47/1985 l’accertamento della conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, ma anche che ciò è evidente, in quanto ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico-edilizia e, come tale, potenzialmente in contrasto con la tutela della pluralità d’interessi collettivi alla cui protezione la disciplina è preordinata (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 gennaio 2022, n. 31, Sez. II, 22 marzo 2021, n. 2451, T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 2 settembre 2024, n. 4786 cit. e 4 settembre 2019, n. 4453, T.A.R. Lazio Roma, Sez. II ter, 25 ottobre 2022, n. 13726 cit, TAR Napoli, VIII, 26 novembre 2020, n. 5563, T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 9 maggio 2018, n. 3100 confermata da Consiglio di Stato, Sezione V, 14 marzo 2023, n. 2669).

Tuttavia allorché il Comune nell’esercizio del potere di controllo del territorio riscontri la realizzazione di opere abusive deve ritenersi che, dopo aver verificato la sussistenza dei relativi presupposti, possa provvedere ad annullare la segnalazione certificata di agibilità già presentata.

Ed invero, pur essendoci un collegamento funzionale tra i due tipi di provvedimenti, atteso che il rilascio del certificato di agibilità, ora segnalazione certificata di agibilità, presuppone la conformità delle opere al permesso di costruire – tra i diversi presupposti essenziali di validità dell’agibilità troviamo anche l’avvenuta esecuzione dell’opera in conformità al progetto presentato ai sensi dell’art. 24, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001 – trattasi di provvedimenti autonomi.

Al riguardo si richiama la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione III, 31 maggio 2021, n. 4142 (che ha confermato in parte qua la sentenza n. 6203 del 17 dicembre 2020 della Sezione VIII di questo Tribunale) che ha ritenuto legittimo l’annullamento della segnalazione certificata di agibilità a seguito del provvedimento di chiusura di un’attività agrituristica e dell’ordinanza di demolizione di opere realizzate in difformità ai titoli posseduti e, pertanto, alla luce della sopra richiamata condivisibile giurisprudenza, il provvedimento impugnato deve ritenersi legittimamente adottato.

Quanto alla consistenza delle opere occorre rilevare che, a seguito di sopralluogo congiunto tra l’Ufficio Tecnico Comunale e il Comando Polizia Municipale, giusta verbale Prot. n. 20511/2017 del 14 novembre 2017, sono state contestate opere edilizie ritenute abusive in quanto realizzate “senza permesso di costruire e/o concessione edilizia, e mancanza del necessario Nulla Osta della soprintendenza ai B.B.A.A.” e consistenti in “Capannone presente realizzato con copertura in lamiera e muratura perimetrale in blocchi di tapino cemento avente dimensioni circa mq. 242 per un volume circa di mc. 1250, con annessa piccolo struttura in muratura di mq. 21 per un volume circa di mc. 65 adibita a servizi W. C. ed altra appendice in lamiera posta sul davanti. dell’immobile in struttura e chiusura in ferro con una superficie circo di mq. 32 ed un volume circa di mc. 93, realizzati senza permesso di costruire e/o concessione edilizia, e mancanza del necessario Nulla Osta della soprintendenza ai B.B.A.A.;

Inoltre nello stesso verbale si rilevava che tale manufatto era sottoposto a lavori dl ristrutturazione, anche con interventi interni al controsoffitto, e sversamenti di rifiuti provenienti dai lavori In esecuzione, il tutto senza qualsiasi titolo autorizzativo;

Nello stesso citato verbale si precisava che il suddetto locale era oggetto di ordinanza dirigenziale di chiusura dell’attività di vendita n. 125 del 06.09.2013 per assenza dl agibilità;”.

A seguito di un ulteriore sopralluogo congiunto tra l’Ufficio Tecnico Comunale e il Comando Polizia Municipale, giusta verbale Prot. 6743/2021 del 1° marzo 2021, è stata rilevata la prosecuzione delle suddette opere ritenute abusive e consistenti in “Dal sopralluogo effettuato si evidenzia che le opere rilevate nel citato verbale prot. 20511 de114.11.2017 sono ancora presenti, e in aggiunta, in prosecuzione degli abusi già contestati, è stato realizzato un gazebo collocato nella zona di ingresso avente dimensioni di circo mt. 5,00 x 5,00 per una superficie totale di circo mq. 2.5,00 ed un’altezza di circa mt. 2,30 per un volume totale di circo mc. 57,50;”.

Nell’ordinanza di demolizione impugnata parte resistente dopo aver rappresentato che le opere di cui ai suddetti sopralluoghi “.. sono state realizzate in assenza dei prescritti titoli abitativi edilizi previsti dal D.P.R. 380/01, dell’Autorizzazione Paesaggistica di cui all’art. 146 del D.Lgs, 42/04, della denuncia dei lavori e dell’Autorizzazione Sismica di cui agli artt. 93 e 94 del D.P.R. 380/01.” ha poi dato atto dei vincoli esistenti nell’area su cui insistono le opere oggetto di contestazione e specificatamente i vincoli paesaggistico ambientali, vincolo sismico e vincolo Zona rossa – rischio vulcanico dell’area vesuviana – ha conseguentemente disposto la demolizione delle opere sopra richiamate ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, pure richiamato nel provvedimento, nei confronti della odierna ricorrente in qualità di proprietaria, nonché nei confronti del locatario dell’immobile.

Alla luce del contenuto del provvedimento impugnato, soprarichiamato, deve ritenersi che esso si fondi su tre autonome motivazioni: la prima concernente il profilo edilizio – “in assenza dei prescritti titoli abitativi edilizi previsti dal D.P.R. 380/01” – la seconda concernente il profilo paesaggistico – “in assenza dell’Autorizzazione Paesaggistica di cui all’art. 146 del D.Lgs, 42/04” – la terza concernente il profilo sismico – “in assenza della denuncia dei lavori e dell’Autorizzazione Sismica di cui agli artt. 93 e 94 del D.P.R. 380/01.”.

Trattandosi, come detto, di un atto plurimotivato costituisce ius receptum che, nel caso in cui il provvedimento amministrativo sia sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, è sufficiente a sorreggere la legittimità dell’atto la fondatezza anche di una sola di esse (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 26 aprile 2021, n. 2638 e 26 novembre 2020, n. 5563), il che comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle ulteriori doglianze volte a contestare le altre ragioni giustificatrici, atteso che, seppur tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente ad ottenere l’annullamento del provvedimento impugnato (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 21 luglio 2021, n. 5051 e 22 ottobre 2015, n. 4972) ed inattaccabile (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 26 aprile 2021, n. 2729 e 8 ottobre 2019, n. 4782).

Al riguardo deve rilevarsi che parte ricorrente non ha dedotto specifiche censure in riferimento alle autonome motivazioni concernenti il profilo paesaggistico e sismico e pertanto alla luce della sopra richiamata giurisprudenza deve ritenersi che il provvedimento impugnato sia stato legittimamente adottato già alla luce delle suddette autonome motivazioni non oggetto di contestazione dalla medesima ricorrente.

Tuttavia il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato sia stato legittimamente adottato già solo alla luce dell’autonoma motivazione concernente il profilo edilizio oggetto di contestazione da parte ricorrente.

Parte ricorrente sostiene che l’edificazione risalirebbe a data antecedente al 1942, come si evincerebbe dalla relazione tecnica asseverata con allegato stralcio aerofotogrammetrico che attesterebbe la legittimità della contestata superficie.

Sul punto la giurisprudenza pone in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui demolizione si tratta.

Come condivisibilmente già chiarito anche da questa Sezione tale indirizzo giurisprudenziale si è consolidato non solo per l’ipotesi in cui si chiede di fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche – in generale – per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione, appunto, di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi (Cons. Stato, Sez. II, 17 gennaio 2023, n. 606, T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 12 aprile 2023, n. 2247 cit.).

Esso trova fondamento nella evidenza che solo il privato può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto; mentre l’Amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 903).

Vero è che “Si ammette un temperamento di tale regola nel caso in cui il privato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’intervento prima di una certa data elementi rilevanti, seppure non univocamente probanti (ad esempio, aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti o circostanze rilevanti)” (Cons. di St., sez. VI, 16/03/2020, n. 1890).”.

“A tal fine è necessaria la produzione di documentazione oggettivamente comprovante l’epoca di realizzazione del manufatto (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 11 dicembre 2020, n. 3362, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 3 luglio 2019, n. 8708; Cons. Stato n. 2960/14; Cons. Stato n. 3067/01; TAR Lazio – Roma n. 10882/14)” – TAR Napoli, Sezione III, 13 aprile 2022, n. 2530 e 11 ottobre 2021, n. 6391.

Al riguardo il comma 1-bis dell’articolo 9 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (comma 1-bis aggiunto dall’art. 10 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120), che ha positivizzate sostanzialmente le conclusioni a cui era giunta la giurisprudenza amministrativa, per quello che in questa sede interessa, prevede: “….Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.

Passando ad esaminare la fattispecie per cui è causa alla luce della sopra richiamata disposizione normativa e della giurisprudenza, occorre rilevare che, in disparte la questione che la relazione tecnica prodotta in giudizio consiste in una dichiarazione di un tecnico che non riveste tutti i necessari caratteri formali e sostanziali della asseverazione, sia in tale relazione che in quella allegata alla segnalazione certificata di agibilità il tecnico incaricato si è limitato ad affermare che “Urbanisticamente l’intero corpo di fabbrica, essendo di remote edificazione, fu edificato certamente in epoca antecedente al 1 Settembre 1967 e da quanto dichiarato dall’attuale proprietario e da indagini eseguite dallo scrivente si può attestare che l’edificazione dell’immobile risale in epoca sicuramente antecedente al 1 Giugno 1942.” e ad allegare uno stralcio aerofotogrammetrico che tuttavia è privo di data, né la relativa data risulta indicata nella medesima relazione, e quindi non consente al Collegio di capire la data di effettiva realizzazione dell’opera contestata, con conseguente infondatezza della censura dedotta con il primo motivo di ricorso per carenza di prova.

Quanto alla consistenza dell’immobile, ribadito che la relazione tecnica di parte versata in atti consiste in una dichiarazione di un tecnico che non riveste tutti i necessari caratteri formali e sostanziali della asseverazione, occorre al riguardo rilevare che, a fronte della forza fidefaciente privilegiata che assiste gli accertamenti tecnici comunali, in quanto eseguiti dai tecnici dell’U.T.C. congiuntamente al Comando di Polizia Municipale e quindi promananti da pubblici ufficiali nell’esercizio della funzione, non risulta agli atti che sia stata proposta querela di falso avverso il verbale di sopralluogo da essi redatto a seguito del sopralluogo effettuato, espressamente richiamato nell’ordinanza di demolizione impugnata (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 22 maggio 2023, n. 3101, 4 ottobre 2022, n. 6152 e 28 giugno 2022, n. 4379).

Nella fattispecie per cui è causa, alla luce della consistenza delle opere, come sopra richiamate, deve ritenersi che gli interventi abusivamente realizzati e richiamati nel primo verbale di sopralluogo del 14 novembre 2017 si concretino in opere destinate a uno stabile e perdurante insediamento nel territorio, annoverabili dunque tra gli interventi di nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e.1), del d.P.R. n. 380/2001 (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 29 aprile 2021, n. 2833).

Come correttamente valutato nell’istruttoria esperita dall’amministrazione, si è integrata la realizzazione di nuovi volumi e superfici da ricondurre agli “interventi di nuova costruzione”, ex art. 3, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 380/2001, implicanti una trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio, peraltro in zona vincolata, come tale soggetta ai sensi del successivo art. 10 al rilascio del permesso di costruire (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 11 ottobre 2021, n. 6391, 9 agosto 2021, n. 5474 e 7 maggio 2021, n. 3073), in mancanza del quale va ordinata la demolizione, con conseguente infondatezza dei relativi profili di illegittimità dedotti.

In riferimento alla circostanza che il Comune non avrebbe riportato l’avvenuta demolizione dei lavori di ristrutturazione senza titolo nonché della controsoffittatura deve rilevarsi che tale circostanza, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, non costituisce un vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria che determina l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione impugnata, ma consiste in un mero errore innocuo che non è in grado di invalidare l’atto perché non lede l’interesse della ricorrente; semmai tale circostanza rileva in un secondo momento e cioè in sede di adozione del provvedimento di acquisizione, non potendo l’amministrazione comunale intimata provvedere ad acquisire al patrimonio comunale l’area di sedime della parte demolita.

Per quanto concerne il gazebo oggetto di accertamento con il secondo verbale del 1 marzo 2021 devono ritenersi infondate per carenza di prova le censure con cui parte ricorrente sostiene che trattasi di opera non infissa al suolo, realizzata solo a fini ornamentali, non avente alcuna funzione sostanziale.

Ed invero la condivisibile giurisprudenza ormai prevalente ritiene che per “gazebo” si intende, nella sua configurazione tipica, una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 agosto 2023, n. 8049 e 29 giugno 2023, n. 6263; in termini anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3393 che ha circoscritto la nozione di “manufatti leggeri” annoverabili nell’area dell’edilizia libera facendovi rientrare esclusivamente tende o gazebo che non abbiano autonomia funzionale e non realizzino uno spazio chiuso stabile).

Al riguardo parte ricorrente non ha provato, come era suo onere, che il gazebo oggetto di contestazione avesse le suddette caratteristiche necessari al fine di ritenere la sua realizzazione non assoggettata al previo rilascio di un permesso di costruire.

In particolare nulla è detto nella relazione tecnica depositata in giudizio in riferimento al gazebo, né parte ricorrente ha prodotto documentazione fotografica volta a provare quanto solo apoditticamente affermato nel ricorso.

Con il terzo motivo di ricorso sono state dedotte le seguenti censure: 3) Violazione e falsa applicazione del T.U. Edilizia, violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione, eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Parte ricorrente, premesso che risulta proprietaria del fabbricato ma che esso risulta oggetto di contratto di comodato d’uso con la F.lli Miccio s.r.l., lamenta la sua estraneità agli abusi edilizi oggetto di contestazione e di non avere la materiale disponibilità dell’area.

Al riguardo si richiama l’orientamento giurisprudenziale della Sezione, dal quale il Collegio non ha motivi di discostarsi, alla luce del quale:

“a) “ai sensi dell’art. 31, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 l’ordinanza di demolizione ha come destinatari il proprietario ed il responsabile dell’abuso, in forma non alternativa, ma congiunta e simultanea, così rendendo palese che entrambi questi soggetti sono chiamati a ripristinare il corretto assetto edilizio violato dall’abuso” (T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 24/06/2016, n. 521).

  1. b) “il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di demolizione non è l’accertamento di responsabilità nella commissione dell’illecito, bensì l’esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia: sicché sia il soggetto che abbia la titolarità a eseguire l’ordine ripristinatorio, ossia in virtù del diritto dominicale il proprietario, che il responsabile dell’abuso sono destinatari della sanzione reale del ripristino dei luoghi; il soggetto passivo dell’ordine di demolizione viene, quindi, individuato nel soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l’abuso, potere che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta; pertanto, affinché il proprietario di una costruzione abusiva possa essere destinatario dell’ordine di demolizione, non occorre stabilire se egli sia responsabile dell’abuso, poiché la stessa disposizione si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all’esecuzione dell’ordine di demolizione, senza richiedere l’effettivo accertamento di una qualche sua responsabilità” (Cons. di St., sez. II, 12/09/2019, n. 6147);
  2. c) “l’ordine di natura reale è, quindi, correttamente rivolto al proprietario a prescindere dalla responsabilità dello stesso nella realizzazione dell’illecito che investe il diverso tema relativo alla sanzione amministrativa o al provvedimento acquisitivo” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 02/10/2020, n. 1768; Cons. di St., sez. VI, 11/12/2018, n. 6983);
  3. d) nello specifico, “in materia di abusi edilizi, il proprietario di un manufatto abusivo, per sottrarsi alle conseguenze dell’ordine di demolizione rimasto inottemperato, deve dimostrare non soltanto la propria estraneità alla commissione degli abusi e la messa in pratica di tutte le misure offerte dall’ordinamento per impedire gli abusi stessi, ma anche di aver intrapreso tutte le iniziative idonee a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa, attivandosi anche nei confronti del soggetto che abbia la disponibilità del bene per costringerlo ad eseguire la demolizione” (T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 14/01/2021, n. 282);
  4. e) “nel caso in cui il soggetto nei cui confronti sia stato emesso un ordine di demolizione dimostri, in maniera inconfutabile, di aver attivato tutti gli strumenti predisposti dall’ordinamento per sottrarre l’immobile abusivo al vincolo esistente e provvedere al ripristino dell’ordine giuridico violato, può ritenersi esclusa la volontarietà dell’inottemperanza” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 02/05/2018, n. 4768)” – T.A.R. Campania, Napoli Sez. III, 31 marzo 2021, n. 2121.

Alla luce della sopra richiamata giurisprudenza la dimostrazione della messa in pratica di tutte le misure offerte dall’ordinamento per impedire gli abusi, ma anche di aver intrapreso tutte le iniziative idonee a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa, attivandosi anche nei confronti del soggetto che abbia la disponibilità del bene per costringerlo ad eseguire la demolizione, rileva in un momento successivo, per sottrarsi alle conseguenze dell’ordine di demolizione rimasto inottemperato, in primo luogo all’acquisizione al patrimonio comunale, e non incide sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione oggetto di impugnazione (T.A.R. Campania, Napoli Sez. III, 30 novembre 2021, n. 7668). Quest’ultima, pertanto, deve ritenersi legittimamente adottata nei confronti della ricorrente, in quanto legittimo destinatario dell’ordinanza di demolizione stessa, in qualità di proprietario del bene su cui insiste l’opera realizzata in assenza del titolo abilitativo.

Con il quarto motivo di ricorso sono state dedotte le seguenti ulteriori censure: 4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990.

La ricorrente lamenta il mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento e sostiene che la corretta dialettica procedimentale avrebbe permesso di evidenziare quanto rappresentato nel presente ricorso.

Al riguardo occorre rilevare che nel provvedimento impugnato, e precisamente rispettivamente a pagina 1 dopo il primo sopralluogo e a pagina 2 dopo il secondo sopralluogo, il Comune di Terzigno ha espressamente rappresentato “Rilevato che in data 17.01.2018 veniva notificato alla sig. – OMISSIS –  ANNA VENERANDA avvio del procedimento prot. 405 del 04.01.2018 per attività edilizia abusiva in – OMISSIS – ;” “Vista la comunicazione di avvio del procedimento, Prot. 205 del 04/01/2018, effettuata ai sensi e per gli effetti dell’art, 10 bis della Legge 241/90, notificata in data 17/01/2018;

Rilevato che, con riferimento alla comunicazione di cui al punto precedente, non risulta agli atti alcun riscontro;”.

Alla luce del contenuto del provvedimento impugnato come sopra richiamato, devono pertanto ritenersi infondate in fatto le censure di parte ricorrente avendo l’amministrazione intimata garantito la partecipazione al procedimento ed avendo parte ricorrente ritenuto, per propria scelta insindacabile, di non fornire riscontro al preavviso di rigetto.

Peraltro, considerato che l’amministrazione comunale intimata non si è costituita in giudizio e pertanto non ha dato prova dell’avvenuta notifica come indicate il ricorso, anche a voler ritenere che parte ricorrente non abbia ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, le relative censure sono comunque infondate.

Ed invero secondo il condivisibile consolidato orientamento giurisprudenziale, l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti integrano atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto (T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 9 agosto 2021, n. 5474, 29 aprile 2021, n. 2834, 10 dicembre 2020, n. 6025 e 18 maggio 2020, n. 1824).

Al riguardo occorre precisare che, quanto al rapporto tra natura vincolata del provvedimento e garanzie partecipative, la condivisibile giurisprudenza ha precisato che deve ritenersi illegittima la mancata comunicazione di avvio del procedimento che porta all’adozione di un atto di natura vincolata ove la situazione sottesa si dimostri particolarmente complessa (Consiglio di Stato, Sez. III, 14 settembre 2021, n. 6288), circostanza tuttavia non ravvisabile nel caso di specie.

Inoltre è stato condivisibilmente ritenuto che “È illegittimo il provvedimento vincolato emesso senza che sia stata offerta al destinatario dello stesso provvedimento la preventiva “comunicazione di avvio del procedimento” ex art. 7 l. n. 241/1990, ove dal giudizio emerga che l’omessa comunicazione del procedimento avrebbe consentito al privato di dedurre le proprie argomentazioni, idonee a determinare l’emanazione di un provvedimento con contenuto diverso” (cfr. Cons. Giust. Amm. Sicilia Sez. Giurisd., 26 agosto 2020, n. 750, T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 27 settembre 2023, n. 5254, 12 gennaio 2023, n. 277 cit. e 3 ottobre 2022, n. 6045), ma neppure tale circostanza è ravvisabile nella fattispecie per cui è causa alla luce di quanto sopra esposto, per non avere parte ricorrente provato la legittima realizzazione sotto il profilo edilizio delle opere oggetto di contestazione in quanto realizzate in mancanza del necessario permesso di costruire.

Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto.

Non essendosi costituito il Comune di Terzigno nulla deve essere statuito in ordine al regolamento delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Dell’Olio, Presidente FF

Gabriella Caprini, Consigliere

Rosalba Giansante, Consigliere, Estensore

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Rosalba Giansante

Carlo Dell’Olio

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO