Il Consiglio di Stato, pronunciandosi sul ricorso promosso avverso l’annullamento d’ufficio di un permesso di costruire, ha affrontato la questione della competenza professionale in materia di progettazione di opere in cemento armato, dettagliando il quadro normativo stabilito dal R.D. n. 274 del 1929. In particolare, l’articolo 16, lettera m), attribuisce ai geometri la competenza per la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, escludendo esplicitamente quelle che prevedono strutture in cemento armato, salvo che si tratti di costruzioni accessorie di piccole dimensioni destinate ad attività agricole o industriali. La sentenza evidenzia come, nel caso di specie, il progetto sia stato validato da un ingegnere, la cui supervisione garantisce la legittimità del titolo abilitativo, consentendo così di considerare il contributo del geometra come conforme alle disposizioni normative. Inoltre, l’immobile oggetto di contenzioso, presentando caratteristiche di modesta entità, rientra nelle competenze attribuite ai geometri. Ne consegue che l’intervento congiunto di professionisti di diverse qualifiche, nell’ambito della normativa vigente, legittima l’emissione del permesso di costruire, riflettendo un’adeguata collaborazione tecnica tra i soggetti coinvolti.

Pubblicato il 03/09/2024

  1. 07370/2024REG.PROV.COLL.
  2. 10583/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10583 del 2021, proposto da
Comune di Canosa di Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Martire, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

contro

 – OMISSIS -, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Bruno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
– OMISSIS -, non costituito in giudizio.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo per la Regione Puglia – sede di Bari – II Sezione, n.  – OMISSIS -.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di  – OMISSIS -;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2024 il Cons. Maurizio Santise e uditi per le parti gli avvocati viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. Con ricorso notificato il 4.9.2020 e depositato il 21.9.2020,  – OMISSIS – e  – OMISSIS – adivano il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento del 5.6.2020 del dirigente del Settore programmazione territoriale del Comune di Canosa di Puglia, con cui è stato annullato il titolo abilitativo edilizio formatosi per silenzio assenso in seguito alla sentenza del T.a.r. per la Puglia, sezione II, n. 220 del 12 febbraio 2020.

Il presente contenzioso sorge da una istanza, presentata con atto n. 40612 del 31.10.2017, con cui  – OMISSIS -, in qualità di proprietario dell’immobile interessato, formalizzava presso il Comune di Canosa di Puglia (BT) una proposta progettuale finalizzata al rilascio di un permesso di costruire per i lavori di demolizione e ricostruzione di un fabbricato per civile abitazione composto da piano terra e piano primo, sito in Canosa di Puglia alla via Santa Lucia n. 25, e distinto nel nuovo

catasto edilizio urbano al foglio 88 particella 3241, sub 1 e 2, con ampliamento della volumetria ex legge regionale n. 14/2009 e s.m.i. (c.d. Piano Casa).

 – OMISSIS – presentava, quindi, una nuova richiesta di permesso di costruire in data 3.9.2018 – prot. n. 33535, in sostituzione/modifica del progetto già presentato in data 31.10.2017 prot. n. 40612, a seguito dell’attività istruttoria espletata in contraddittorio, sempre per i lavori di demolizione e ricostruzione del medesimo immobile di cui sopra.

A fronte della mancata conclusione del procedimento nei termini previsti dall’art. 20 del d.P.R. n. 380/2001, il Dirigente del Settore edilizia ed urbanistica del Comune di Canosa di Puglia comunicava all’istante:

– dapprima la nota dell’11.12.2018 – prot. n. 47079 recante motivi ostativi all’accoglimento della istanza ex art. 10 bis della legge n. 241/1990;

– successivamente, il provvedimento dell’11.1.2019 – prot. n. 1351, recante diniego alla richiesta di permesso di costruire del 3.9.2018 – prot. n. 33535.

Tali provvedimenti venivano impugnati dall’interessato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, che, con sentenza n. 220 del 12.2.2020, li annullava, ritenendo legittimamente formatosi il silenzio assenso sulla richiesta di permesso di costruire del 3.9.2018.

A questo punto, il Comune emanava il provvedimento del 5.6.2020 di annullamento d’ufficio, ai sensi dell’art. 21 nonies l. 241 del 1990, del titolo abilitativo edilizio formatosi per silenzio assenso.

Anche questo provvedimento veniva impugnato innanzi al T.a.r. per la Puglia che, con sentenza n. 1304 del 9 agosto 2021, lo accoglieva, annullando l’atto impugnato.

  1. Il Comune, con atto di appello tempestivamente notificato all’appellato e regolarmente depositato nella Segreteria del Consiglio di Stato, ha impugnato la predetta sentenza, contestandone la legittimità e chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
  2. Error in iudicando: VIOLAZIONE DEL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO, in partic. artt. 40 e 41; ILLEGITTIMA E FALSA APPLICAZIONE degli artt. 125 e 182 c.p.c.; Illogicità di motivazione.

L’appellante ripropone l’eccezione di inammissibilità sollevata in primo grado per carenza di legittimazione ad agire della sig.a  – OMISSIS -, perché la stessa non potrebbe vantare alcun titolo giuridico sul fabbricato per cui si controverte, atteso che l’unico esclusivo proprietario è il coniuge, il Sig.  – OMISSIS – e, in ogni caso, la procura rilasciata da quest’ultimo alla  – OMISSIS – non era idonea a conferirle la legittimazione processuale in giudizio, né il T.a.r. avrebbe potuto sanare in giudizio il difetto di procura.

  1. Error in iudicando: Violazione e falsa applicazione del R.D. 11/2/1929 n. 274; del d.P.R. n. 380 del 2001 oltre che delle Norme Tecniche 2008 e dell’Ordinanza Presidenza Consiglio dei Ministri n. 3274/2003 – L. 2/2/1974 n. 64 Violazione disposizione della Commissione Ministeriale per l’Esame dei Limiti di Competenza dei Geometri, ISTITUITA PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA con Decreti Ministeriali 10/04/1985 e 12/12/1987 Eccesso di potere per Illogicità per sviamento.

Il progetto presentata dal  – OMISSIS – sarebbe, comunque, nullo in quanto firmato da un geometra che

non ha competenza ad operare per opere in cemento armato, neanche per la sola attività di progettazione architettonica.

III. Error in iudicando: per contraddittorietà, illogicità di motivazione, travisamento.

In ogni caso, l’annullamento d’ufficio sarebbe adeguatamente giustificato dal preminente rilievo da attribuire alla posizione della collettività sull’interesse del privato.

 – OMISSIS – si è costituito regolarmente in giudizio, contestando l’avverso appello e chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 6 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

  1. Tanto premesso in punto di fatto l’appello va respinto.

Con un primo motivo di appello, il Comune contesta l’ammissibilità del ricorso di primo grado, in quanto originariamente  – OMISSIS – ha presentato il ricorso sulla base di una procura rilasciata dal reale interessato,  – OMISSIS -. Il T.a.r., con ordinanza collegiale n. 1277/2020, ha consentito, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., il deposito della richiesta procura speciale, deposito avvenuto in data 30 ottobre 2020.

Secondo l’appellante il T.a.r. ha errato nel disporre la regolarizzazione della procura che non sarebbe consentita.

  1. Tale motivo di appello è infondato.

La Sezione ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale prevalente (cfr. Cons. Stato n. 1119/2014; n. 773/2016; n. 1331/2016; n. 1178/2018; n. 2606/2018; n. 283/2019), e ben compendiato nell’ordinanza collegiale n. 1277/2020 del T.a.r. per la Puglia, secondo cui ai sensi dell’art. 40, comma 1, c.p.a., al fine dell’introduzione di un’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo occorre necessariamente una procura ad litem di tipo speciale conferita anteriormente o contestualmente alla data di sottoscrizione del ricorso da parte del difensore, pena la sua radicale nullità sancita dall’art. 44, comma 1, lettera a), del medesimo Codice, che rende l’impugnazione inammissibile; ai sensi dell’art. 182, comma 2, c.p.c., che si applica al processo amministrativo, in forza del rinvio esterno ex art. 39, comma 1, del codice del processo amministrativo, il vizio può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti (cfr., Consiglio di Stato sez. II, 11/03/2024, n. 2311).

Il T.a.r., quindi, ha fatto buon governo del potere di consentire la regolarizzazione della procura ai sensi dell’art. 182 c.p.a., applicabile nel processo amministrativo grazie al rinvio esterno costituito dall’art. 39 c.p.a.

  1. Con un secondo motivo di appello, parte appellante contesta che il progetto posto a base del permesso di costruire sia nullo perché firmato da un geometra e non da un ingegnere a ciò abilitato per le opere in cemento armato.

Anche tale assunto non può essere condiviso.

A norma del r.d. n. 274 del 1929, art. 16, lett. m), che non è stato modificato dalla L. n. 1068 del 1971 – la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione – anche parziale – di strutture in cemento armato, mentre, in via d’eccezione, si estende anche a siffatte strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell’ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato (cfr., Cass. civ., sez. II, 26/04/2023, (ud. 27/03/2023, dep. 26/04/2023), n.10951).

Nel caso di specie, il Sig.  – OMISSIS – ha indicato nella domanda di permesso di costruire, quali “soggetti coinvolti” sia il geom. Di Biase, come progettista architettonico, sia l’ing. Riccardo Addario, come progettista e direttore delle opere strutturali.

Non può, dunque, essere ritenuto illegittimo il progetto redatto dal geometra e di conseguenza anche il permesso di costruire, in quanto il titolo abilitativo è stato rilasciato sulla base di una legittima e fattiva collaborazione tra tecnici caratterizzata dal ruolo preponderante dell’ingegnere ampiamente abilitato a validare comunque l’attività del geometra nella qualità di progettista e

direttore delle opere strutturali (allegato A, punto 2, titolato “Tecnici incaricati”, pag. 11).

Peraltro, l’immobile di cui si discute è di modeste dimensioni perché ha una superficie in pianta di

circa 82,37 mq ed una altezza di mt. 8,445 circa per una volumetria di mc. 695,61 circa, come di desume dalla relazione tecnica illustrativa allegata alla richiesta di permesso di costruire del 2.8.2018.

Tale motivo di appello va, pertanto, respinto.

  1. Né rileva sotto questo profilo, la dedotta circostanza che la zona sarebbe sottoposta a rischio sismico, in quanto, come ben argomentato anche dal T.a.r., in data 17.9.2022, il sig.  – OMISSIS – ha avanzato istanza di autorizzazione per opere in zona sismica, ex art. 94 del d.P.R. n. 380/2001, con elaborati progettuali a firma dell’ing. Riccardo ADDARIO e la Provincia di Barletta-Andria-Trani ha rilasciato l’Autorizzazione per la realizzazione di opere in zona sismica con provvedimento del 12.6.2023 – prot. n. 0015242.
  2. Con un terzo motivo di appello, il Comune contesta la sentenza del T.a.r. nella parte in cui ha ritenuto non adeguatamente motivato il provvedimento di annullamento d’ufficio. Secondo l’appellante il provvedimento di annullamento d’ufficio in materia di edilizia può essere motivato semplicemente riconoscendo prevalenza al preminente interesse al ripristino del territorio, come è avvenuto nel caso di specie.

Anche tale motivo di appello è infondato.

Prima di esaminare il merito della questione, va solo chiarito che non è, peraltro, risolutiva, ai fini della illegittimità del provvedimento di autotutela la circostanza che lo stesso sia stato adottato oltre il termine di dodici mesi, perché comunque è stato emanato entro il legittimo perimetro temporale dei diciotto mesi applicabile ratione temporis al caso di specie. Il termine di dodici mesi entro cui esercitare il provvedimento di annullamento d’ufficio è stato, infatti, introdotto solo con decreto legge del 31/05/2021 n. 77 convertito dalla Legge n. 108/2021 e, quindi, era inapplicabile alla presente fattispecie.

Nel caso di specie, il Dirigente comunale ha adottato il provvedimento dell’11.1.2019 – prot. n. 1351 di diniego alla richiesta di permesso di costruire del 3.9.2018 prot. n. 33535, su cui si era già formato il silenzio assenso ex art. 20, co. 8, del d.P.R. n. 380/2001 con decorrenza dal

3.12.2018, come accertato con sentenza passata in giudicato dal T.a.r. per la Puglia n. 220 del 2020.

Il provvedimento di autotutela è stato adottato il 5 giugno 2020, prot. n. 18820, quindi, entro i diciotto mesi e, comunque, entro un termine che può essere considerato ragionevole anche in considerazione della circostanza che è intervenuta una sentenza di annullamento del provvedimento di diniego di rilascio di permesso di costruire (T.a.r. Puglia n. 220 del 2020).

  1. Tanto chiarito va evidenziato che, in tema di annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo (anche tacito) di assenso alla realizzazione di un intervento edilizio illegittimo, è necessario ai sensi dell’art. 21 nonies l. n. 241 del 1990, che l’amministrazione motivi anche sulle ragioni di interesse pubblico, tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.

Sul punto, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con l’insuperata sentenza n. 9 del 2017, respingendo l’orientamento favorevole a ritenere sussistente un interesse in re ipsa correlato alla necessità di curare l’interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata, ha ritenuto che “le generali categorie in tema di annullamento ex officio di atti amministrativi illegittimi trovino applicazione (in assenza di indici normativi in senso contrario) anche nel caso di ritiro di titoli edilizi in sanatoria illegittimamente rilasciati, non potendosi postulare in via generale e indifferenziata un interesse pubblico in re ipsa alla rimozione di tali atti”.

La conseguenza di tale scelta è stata quella di ritenere che “l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio postula l’apprezzamento di un presupposto – per così dire – ‘rigido’ (l’illegittimità dell’atto da annullare) e di due ulteriori presupposti riferiti a concetti indeterminati, da apprezzare discrezionalmente dall’amministrazione (si tratta della ragionevolezza del termine di esercizio del potere di ritiro e dell’interesse pubblico alla rimozione, unitamente alla considerazione dell’interesse dei destinatari”).

Ne deriva che “il fondamento di tali ulteriori presupposti va individuato nella garanzia della tutela dell’affidamento dei destinatari circa la certezza e la stabilità degli effetti giuridici prodotti dal provvedimento illegittimo, mediante una valutazione discrezionale volta alla ricerca del giusto equilibrio tra il ripristino della legalità violata e la conservazione dell’assetto regolativo impresso dal provvedimento viziato”.

Alla generale esigenza che ci sia un deciso e forte contrasto all’abusivismo edilizio deve però comunque fare da controaltare la necessità che non ci sia una “sostanziale de-responsabilizzazione delle amministrazioni […] attraverso una radicale e indistinta esenzione dal generale obbligo di motivazione”.

La sussistenza di un interesse pubblico al ripristino della legalità violata nella materia edilizia non esonera l’amministrazione da qualunque – seppur succintamente motivata – valutazione sul punto.

Nel caso di specie, il provvedimento di annullamento d’ufficio contiene esclusivamente la parte dispositiva di caducazione del silenzio assenso senza nessuna, sia pur minima, motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse che impongono comunque tale soluzione.

Ne consegue, pertanto, che il provvedimento di annullamento d’ufficio, come correttamente evidenziato dal T.a.r., è illegittimo.

L’appello va, pertanto, respinto.

Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Carbone, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Maurizio Santise, Consigliere, Estensore

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Maurizio Santise

Luigi Carbone

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO