Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7695/2024, ha respinto l’appello proposto da una società contro il Comune di Terracina, confermando la decisione del TAR Lazio che aveva respinto il ricorso della società per l’annullamento dell’ordine di smontaggio di una struttura balneare e la relativa richiesta di risarcimento danni. La società, titolare di una concessione demaniale, aveva contestato l’ordine di smontaggio emanato dal Comune, sostenendo la mancata comunicazione di avvio del procedimento e la violazione del principio di affidamento. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha rilevato che l’ordine di smontaggio era strettamente connesso al titolo abilitativo della concessione, che prevedeva la rimozione delle strutture al termine della stagione balneare. Inoltre, la società non aveva richiesto di mantenere le strutture né aveva sollevato tempestive opposizioni al provvedimento del Comune. Il giudice ha pertanto ritenuto infondate le censure della ricorrente, confermando l’assenza di un illecito da parte dell’amministrazione e rigettando la domanda di risarcimento.

Pubblicato il 20/09/2024

  1. 07695/2024REG.PROV.COLL.
  2. 00906/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 906 del 2024, proposto da:
– OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Italo Sciscione, con domicilio digitale pec in registri di giustizia;

contro

Comune di Terracina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lina Vinci, con domicilio digitale pec in registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sezione staccata di Latina, sezione seconda, n.  – OMISSIS -.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Terracina;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Laura Marzano;

Uditi, nell’udienza pubblica del giorno 17 settembre 2024, l’avvocato Italo Sciscione e l’avvocato Sergio De Zitti in sostituzione dell’avvocato Lina Vinci;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. L’appellante ha impugnato la sentenza n. 46 del 22 gennaio 2024 nella sola parte in cui il Amministrativo Regionale per il Lazio, Latina, Sezione II, ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell’ordine di smontaggio della struttura balneare, contenuto nelle note prot. n.  – OMISSIS – del 27 ottobre 2021 e n.  – OMISSIS – del 6 novembre 2021 del comune di Terracina e i motivi aggiunti con i quali era stato chiesto il risarcimento del danno per l’illegittimo ordine di smontaggio.

Il comune appellato si è costituito nel presente grado di giudizio depositando memoria con cui ha chiesto la reiezione dell’appello.

La società appellante ha depositato memoria conclusiva, insistendo nelle proprie richieste.

In assenza di ulteriori scritti difensivi, all’udienza pubblica del 17 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

  1. La società  – OMISSIS – srl, titolare della concessione demaniale marittima TE-134 relativa allo stabilimento balneare denominato “ – OMISSIS -” e successive licenze suppletive, ha chiesto al comune di Terracina, con istanza del 1 settembre 2021, l’autorizzazione alla destagionalizzazione turistica per la stagione invernale 2021-2022 della suindicata concessione demaniale, ai sensi dell’art. 52 bis della legge regionale n. 13/2007.

L’amministrazione, con provvedimento del 27 ottobre 2021, ha dichiarato improcedibile la domanda di destagionalizzazione atteso che “sia il P.U.A. che il P.R.G. e la successiva variante denominata “Ambito territoriale C2”, prevedono la realizzazione di strutture balneari temporanee da smontarsi alla fine di ogni stagione balneare, con la sola eccezione della variante menzionata, qualora attuata, da assentirsi con titolo edilizio/paesaggistico, purché in conformità a quanto previsto dall’art. 10 delle relative NTA” ed ha, conseguentemente, ordinato di procedere, entro il 31 ottobre, allo smontaggio dell’intera struttura balneare presente sull’arenile.

In ottemperanza all’ordine suddetto ma senza acquiescenza, la società, in data 2 novembre 2021, ha comunicato che avrebbe provveduto allo smontaggio, come poi avvenuto e comunicato, entro trenta giorni.

  1. La società ha impugnato detto provvedimento dinanzi al Tar, lamentando: 1) il provvedimento di improcedibilità sarebbe stato emesso senza alcuna istruttoria; 2) il provvedimento non sarebbe stato preceduto da avviso di avvio del procedimento; 3) l’atto impugnato sarebbe privo di adeguata motivazione; 4) il provvedimento di diniego sarebbe stato adottato in assenza del necessario preavviso di rigetto; 5) il comune di Terracina avrebbe prima, in esecuzione della normativa regionale, adottato la delibera di giunta per disciplinare le modalità ed i requisiti attraverso cui ottenere le autorizzazioni alla destagionalizzazione proprio nelle more di adozione del relativo PUA per poi, proprio in ragione delle mancate previsioni del predetto PUA concernenti la destagionalizzazione, illegittimamente dichiarare improcedibile la relativa domanda di autorizzazione, sempre assentita negli anni precedenti; 6) il comune avrebbe dichiarato improcedibile la domanda di destagionalizzazione della ricorrente sulla base della mancata approvazione del nuovo PUA ad esso stesso imputabile; 7) come ha fatto con altri operatori, il comune avrebbe dovuto consentire alla società di mantenere la struttura balneare; 8) il comune avrebbe violato il legittimo affidamento della ricorrente a vedere rinnovata, come per le precedenti annualità, l’autorizzazione in discorso.

Con motivi aggiunti ha chiesto il ristoro dei danni economici subiti per provvedere allo smontaggio della propria struttura balneare, quantificati nella somma di euro 97.600,00.

  1. Il Tar, con sentenza n. 46 del 22 gennaio 2024, ha respinto entrambe le domande segnatamente osservando, quanto all’ordine di rimozione, che la ricorrente, a differenza di altri titolari di stabilimenti balneari che versavano nelle stesse condizioni, non ha chiesto al comune di poter mantenere in situ la struttura, ma ha immediatamente comunicato che l’avrebbe smontata entro trenta giorni, cosa che poi ha fatto. Di conseguenza ha respinto l’istanza risarcitoria ritenendone insussistenti i presupposti.
  2. L’appellante ha impugnato la sentenza solo relativamente alle statuizioni riguardanti l’ordine di rimozione e il risarcimento del danno, formulando le seguenti censure.

1) Innanzitutto lamenta l’omesso scrutinio del secondo motivo del ricorso introduttivo, con cui aveva dedotto che i provvedimenti impugnati erano stati emessi senza alcuna comunicazione di avvio del procedimento.

Sostiene che tale censura fosse diretta anche nei confronti dell’ordine di smontaggio immediato imposto dal comune di Terracina sia nel primo che nel secondo degli atti gravati. Afferma che, se avesse ricevuto tale comunicazione, avrebbe potuto interloquire con il comune e chiedere di non smontare le strutture come era stato concesso ad altri balneari.

Quindi ritiene che la sentenza sia errata nella parte in cui attribuisce alla ricorrente la responsabilità di non aver chiesto di poter mantenere le strutture in loco.

A parere dell’appellante, prima di emettere l’ordine di rimozione del manufatto il comune di Terracina avrebbe dovuto attivare le garanzie partecipative e non già disporne di imperio lo smontaggio.

2) Con il secondo motivo lamenta l’errata valutazione, da parte della sentenza, del quarto motivo del ricorso introduttivo con cui era stata dedotta la violazione anche dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 in quanto il comune non aveva neppure comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della domanda.

Ricorda che in ricorso era scritto testualmente “Nella fattispecie in esame, pertanto, non solo viene in rilievo un’attività tipicamente discrezionale dell’Amministrazione che per anni aveva rilasciato il provvedimento richiesto ma le motivazioni sottese alla sua adozione non convincono ed anzi sembrano del tutto destituite di fondamento giuridico. Incide sulla natura discrezionale del provvedimento impugnato anche l’applicazione dell’art. 103 comma 2 del D.L. n. 18/2020, convertito nella L. n. 27/2020 come modificato dal D.L. n. 125/2020 convertito con L. n. 159/2020 di cui lo stesso Comune di Terracina ha ammesso l’applicazione alla fattispecie in esame”.

Quindi ritiene che, se avesse ricevuto la comunicazione dei motivi ostativi, avrebbe potuto far rilevare al comune l’errore relativo all’ordine di smontaggio.

3) Con il terzo motivo lamenta l’omessa considerazione, da parte della sentenza, delle censure formulate con il settimo motivo in cui la ricorrente aveva dedotto “prima di emettere l’atto impugnato ed imporre lo smontaggio della struttura balneare sarebbe stato necessario che il Comune resistente avesse esaminato i titoli edilizi e paesaggistici analiticamente specificati in narrativa alla luce della normativa attualmente vigente da cui sarebbe certamente scaturito un provvedimento differente rispetto a quello oggi impugnato”.

Ivi aveva dedotto che l’amministrazione, a seguito di richieste in autotutela formulate da altri titolari di stabilimenti balneari, aveva ammesso che le strutture ben potevano non essere rimosse, fermo restando il divieto di esercitare l’attività commerciale e quindi destagionalizzare l’offerta turistica, sicché ritiene irragionevole che, nel dichiarare improcedibile la domanda di destagionalizzazione, ne abbia imposto a  – OMISSIS – l’immediata rimozione con la nota del 27 ottobre 2021, confermata con la successiva nota del 6 novembre 2021.

Sarebbe inspiegabile la condotta del comune che, nello stesso giorno, ad alcuni operatori balneari permetteva il mantenimento delle strutture mentre a  – OMISSIS – reiterava l’invito a procedere alla rimozione “senza indugio e comunque, entro e non oltre il prossimo 30 novembre”.

Il Tar non avrebbe in alcun modo valutato la sussistenza del dedotto profilo di illegittimità degli atti impugnati nella parte in cui disponevano l’ordine di rimozione immediata dello stabilimento balneare, sorvolando completamente sul settimo motivo.

4) Con il quarto motivo censura la sentenza nella parte in cui ha respinto l’istanza risarcitoria. Sostiene che l’art. 103, comma 2, del decreto legge n. 18/2020 si sarebbe dovuto applicare a prescindere da qualsivoglia richiesta di parte, quindi il Tar avrebbe errato laddove ha affermato che la ricorrente non ha fatto richiesta di poter mantenere le strutture.

Inoltre osserva che, di fronte ad un ordine di rimozione, non aveva altra scelta che ottemperare e che, in ogni caso, anche se avesse formulato istanza di annullamento in autotutela, non è detto che il comune l’avrebbe accolta non essendovi obbligato.

5) Con il quinto motivo ha reiterato la domanda risarcitoria con la quantificazione già prospettata.

  1. Il comune appellato ha eccepito l’inammissibilità del primo e del secondo motivo per violazione dei nova in appello, facendo rilevare che le relative censure in primo grado erano dirette soltanto avverso il diniego di destagionalizzazione ma non anche avverso l’ordine di smontaggio.

Nel merito difende la correttezza della sentenza ponendo in luce come la tempistica e il contenuto degli atti inviati dalla società dopo il diniego di destagionalizzazione, non lasciava aperta alcuna altra possibilità.

  1. L’appello è infondato.

È impugnata la sentenza del Tar Lazio, sezione di Latina, n. 46 del 22 gennaio 2024 nella sola parte recante la reiezione della domanda di annullamento dell’ordine di smontaggio della struttura balneare e della conseguente istanza di risarcimento del danno.

7.1. L’ordine di rimozione impugnato è contenuto nello stesso atto con cui è stata denegata la destagionalizzazione e ne è consequenziale.

In primo grado la ricorrente, con riferimento a tale atto, segnatamente alla nota del 27 ottobre 2021, aveva lamentato la violazione delle garanzie partecipative, sub specie di mancata comunicazione sia dell’avvio del procedimento sia dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda, sostenendo che, se tali comunicazioni le fossero pervenute, avrebbe potuto far rilevare al comune l’errore in cui stava incorrendo ordinando lo smontaggio delle strutture.

Il Tar ha respinto tali doglianze osservando che stante l’esito strettamente predeterminato del provvedimento, ovverosia un diniego, sub specie di improcedibilità ex art. 2, comma 1, l. 241/1990 per difetto dei titoli abilitativi necessari, alcun apporto partecipativo avrebbe potuto fornire il privato per incidere sull’esito del procedimento da esso avviato, con la conseguenza che sia l’avviso di avvio procedimentale sia la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza non avrebbero potuto, in ogni caso, perseguire la finalità che a tali istituti ha riservato il legislatore.

L’appellante ritiene errata la suindicata statuizione in quanto, a suo dire, il Tar non si sarebbe avveduto che le censure erano rivolte non soltanto avverso il diniego di destagionalizzazione ma anche avverso l’ordine di rimozione.

7.1.2. La censura è infondata.

Invero come rileva il comune appellato, emerge chiaramente dal tenore del ricorso introduttivo nonché dalla sintesi dei motivi di ricorso contenuta in sentenza, che le suindicate doglianze di carattere procedimentale si appuntavano esclusivamente sulla dichiarazione di improcedibilità della domanda di destagionalizzazione.

Peraltro, la doglianza di omessa comunicazione dei motivi ostativi non sarebbe neanche proponibile avverso un ordine di rimozione che, di per sé, non è un provvedimento di diniego.

Quanto all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, va evidenziato che l’ordine di rimozione, da una parte è strettamente consequenziale alla improcedibilità della domanda di destagionalizzazione e, dall’altra, discende direttamente dal titolo abilitativo in possesso dell’appellante, riguardante una struttura balneare temporanea da smontarsi alla fine di ogni stagione balneare.

Ne discende che, quand’anche la censura fosse stata riferita (e così non è) anche all’ordine di smontaggio, la stessa sarebbe stata infondata non essendo tenuto il comune ad avviare alcun procedimento a fronte di un obbligo, quello dello smontaggio a fine stagione, imposto direttamente dal titolo abilitativo.

7.2. L’appello è infondato anche nella parte in cui censura la statuizione della sentenza che ha addebitato alla ricorrente la mancata richiesta di voler mantenere le strutture, come previsto dal combinato disposto degli artt. 1, comma 246, della legge n. 145/2018 e 103 del decreto legge n. 18/2020, che attribuisce ai titolari delle concessioni marittime in discorso la possibilità di mantenere installati manufatti amovibili anche oltre il termine stagionale, nei limiti temporali stabiliti.

Come è agevole rilevare dalla documentazione versata in atti, la ricorrente ha ricevuto la nota impugnata con pec del 27 ottobre 2021.

In data 30 ottobre 2021, fatta pervenire al comune via pec il 2 novembre successivo, l’appellante ha comunicato al comune di aver dato corso alle operazioni di smontaggio che sarebbero state ultimate nel termine di 30 giorni.

A tale comunicazione ha fatto seguito la nota comunale inviata via pec il 6 novembre di “presa d’atto” della volontà di  – OMISSIS – di smontare la struttura con invito a comunicare la fine lavori.

Osserva il Collegio che, come correttamente rilevato dal Tar, l’appellante non ha neanche richiesto di poter mantenere le strutture né ai sensi del suindicato disposto normativo né per altre ragioni ma ha immediatamente (dopo soli 3 giorni anche se la comunicazione è stata fatta dopo sei giorni) espresso la propria volontà di procedere allo smontaggio comunicando che le operazioni, alla data del 30 ottobre 2021, erano già in corso.

Non è ravvisabile, pertanto, alcuna contraddittorietà nella condotta del comune laddove in data 6 novembre 2021, mentre alla  – OMISSIS – ha comunicato di prendere atto che era in corso lo smontaggio, sollecitandone la conclusione quanto prima anche al fine “di poter effettuare il dovuto conguaglio relativo al pagamento del canone demaniale dell’anno corrente”, ad altri titolari di analoghe concessioni balneari ha accordato in pari data la possibilità di non smontare le strutture , senza esercitare alcuna attività, fino al 31 marzo 2022, salvo ulteriore eventuale estensione ad opera della legge.

Dall’esame della documentazione prodotta risulta che gli altri gestori che hanno ricevuto, al pari della ricorrente, la comunicazione in data 27 ottobre 2021, di tenore identico a quella ricevuta e impugnata dalla ricorrente, hanno sollecitamente formulato al comune istanza di annullamento in autotutela dei relativi provvedimenti sia per quanto riguarda il diniego di destagionalizzazione sia per quanto riguarda l’ordine di smontaggio, invocando a tale ultimo proposito il disposto normativo recato dal combinato disposto degli artt. 1, comma 246, della legge n. 145/2018 e 103 del decreto legge n. 18/2020.

Le istanze degli altri gestori risultano tutte protocollate al comune già in data 29 ottobre 2021 (soltanto una il 9 novembre 2021), laddove, come già visto, l’appellante non solo non ha invocato l’applicazione di tale disposizione di legge ma ha addirittura comunicato, con pec del 2 novembre 2021, che alla data del 30 ottobre le operazioni di smontaggio erano già in corso: comunicazione, a fronte della quale, al comune non restava altra possibilità che prenderne atto, non potendo più a quel punto rappresentare la possibilità di avvalersi della proroga di legge, sia perché non richiesta, sia per non incorrere (in quel caso si) nel rischio di dover risarcire  – OMISSIS – per lo smontaggio che era già in corso per sua libera scelta.

7.3. A quanto precede consegue la conferma della sentenza impugnata anche nella parte in cui ha ritenuto non integrata la fattispecie risarcitoria sul piano dell’an.

La responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano; di conseguenza, costituiscono elementi costitutivi di questa fattispecie sia i presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 2023, n. 6958).

Nel caso di specie, per le evidenziate ragioni, mancano sia l’illegittimità dell’attività provvedimentale, sia la responsabilità dell’amministrazione, con la conseguenza che il danno lamentato, da una parte non è conseguenza immediata e diretta dell’agere amministrativo e, dall’altra, è privo del connotato dell’ingiustizia.

Inoltre, ai sensi dell’art. 30, comma 3, c.p.a., il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti che chiedono la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2024, n. 1831).

Nella vicenda sottoposta all’esame del Collegio il danno, sub specie di costi di smontaggio, che l’appellante dice di aver sofferto, non trovano la loro causa in una condotta in ipotesi colposa dell’amministrazione ma sono la diretta conseguenza di una libera scelta di parte, di procedere alla rimozione della struttura rinunciando implicitamente ad avvalersi di una proroga di legge: circostanza della quale (anche) deve tenersi conto al fine di escludere la fondatezza della domanda risarcitoria.

Conclusivamente, per quanto precede, l’appello deve essere respinto.

  1. Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare fra le parti le spese del presente grado di giudizio, stante la particolarità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione settima, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Fabio Taormina, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere, Estensore

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Laura Marzano Fabio Taormina
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO