Il Consiglio di Stato, nel parere n. 1166 del 30 agosto 2024, ha chiarito che, in caso di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione su una domanda di annullamento proposta mediante ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dovuta all’adozione di un nuovo provvedimento non tempestivamente impugnato, non può essere riconosciuto un interesse morale del ricorrente per evitare l’improcedibilità. Inoltre, ha escluso la possibilità di accertare l’illegittimità del provvedimento ai soli fini risarcitori, poiché l’annullamento del provvedimento impugnato non è utile al ricorrente e non consente di avanzare una domanda risarcitoria. Il Collegio ha altresì confermato la natura esclusivamente impugnatoria del ricorso straordinario, il quale rappresenta un rimedio alternativo a quello giurisdizionale, condividendo con esso solo alcuni profili strutturali e funzionali legati alla comune finalità di giustizia.
Numero 01166/2024 e data 30/08/2024 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 17 luglio 2024
NUMERO AFFARE 00099/2023
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto, con presentazione diretta, ex art. 11 d.P.R. n. 1199/1971, dalla signora -OMISSIS-, per l’annullamento del decreto del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza in data -OMISSIS-, n. 333/fun/I/32 concernente la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio.
LA SEZIONE
Vista la relazione in data 2 agosto 2023, prot. n. 333CAL/2074/D, con la quale il Ministero dell’interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Carla Ciuffetti.
Premesso e considerato in fatto e diritto quanto segue.
- L’oggetto della controversia è costituito dal decreto del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza in data -OMISSIS-, notificato in pari data alla ricorrente, vice questore aggiunto della Polizia di Stato, che ha disposto, a decorrere dal giorno successivo alla notifica, la destituzione dal servizio della ricorrente, ai sensi dell’art. 7, nn. 2 e 4 d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737.
- Alla stregua della documentazione acquisita al fascicolo d’ufficio e delle circostanze di fatto riportate negli scritti difensivi e non specificamente contestate dalle rispettive controparti, emerge che:
- a) il procedimento disciplinare che ha messo capo al provvedimento impugnato trae origine dalla segnalazione, con nota del -OMISSIS- del Vice Direttore generale della pubblica sicurezza – Direttore centrale della polizia criminale, di comportamenti posti in essere dalla ricorrente a decorrere dal -OMISSIS-;
- b) all’epoca di tali comportamenti, la ricorrente era sospesa cautelarmente dal servizio per gravi motivi disciplinari, con provvedimento in data -OMISSIS-;
- c) con nota in data -OMISSIS-, alla ricorrente erano stati contestati i seguenti addebiti per le infrazioni previste dall’art. 7, comma 2, n. 2 (atti in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento) e n. 4 (dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato e all’Amministrazione della Pubblica Sicurezza) del d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737: “aver proferito affermazioni e frasi, ovvero rilasciato dichiarazioni non consone ai doveri propri degli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato. Nel corso degli interventi in esame si rilevano, infatti, talune dichiarazioni della S. V., nell’ambito dei giudizi formulati, in particolare, in ordine al decreto istitutivo dell’obbligo del cosiddetto green pass, che risultano assolutamente in contrasto con lo status rivestito e certamente esorbitanti la cornice della continenza espositiva”; aver reso dichiarazioni “inadeguate alle circostanze modali in ragione della sua appartenenza alla Polizia di Stato, e a maggior ragione per chi riveste al suo interno un ruolo dirigenziale: istituzione, quest’ultima, deputata a garantire l’osservanza delle leggi e dei regolamenti, corollario al conseguente obbligo di verificarne il rispetto da parte della collettività e i cui appartenenti sono per primi chiamati ad osservarle, oltre che a rappresentare un esempio”;
- c) il procedimento disciplinare si è concluso con l’atto impugnato – le cui premesse rappresentano pure che all’interessata erano state irrogate in precedenza due sanzioni disciplinari di sospensione dal servizio per sei mesi, in data -OMISSIS- “per essere salita sul palco di una manifestazione politica, presentata come vice questore della Polizia di Stato, rilasciando opinioni personali e criticando aspramente le scelte governative in materia di green pass” e in data -OMISSIS-, “per avere rilasciato, benché formalmente diffidata, in diverse occasioni ed attraverso vari mezzi di comunicazione di massa, interviste, dichiarazioni e commenti lesivi e gravemente denigratori di Organismi ed Istituzioni dello Stato, venendo così meno al primario dovere previsto dall’art. 13 del d.P.R. n. 782/1985 e ricadente su ogni appartenente alla Polizia di Stato, di mantenere un contegno ed una condotta sempre improntati alla massima correttezza, evitando di arrecare pregiudizi, ovvero di ledere o menomare in qualunque modo il prestigio dell’Amministrazione della P.S.” – motivato come segue: “vice questore aggiunto della Polizia di Stato, libero dal servizio, poneva in essere una condotta assolutamente inappropriata in ordine al rilascio di interviste, dichiarazioni ed esternazioni pubbliche di varia natura su diversi media, tutte orientate ad esprimere una opinione personale avverso le istituzioni (in particolare Governo e forze di polizia) qualificandosi, presentandosi ovvero venendo presentata, quale dirigente (vice questore) della Polizia di Stato, arrivando a farsi promotrice, in prima persona, di una manifestazione pubblica in data -OMISSIS- in -OMISSIS-. Nella circostanza, non osservava i doveri di fedeltà, riservatezza, imparzialità, decoro delle funzioni, nonché il divieto di denigrare l’amministrazione, la cui dolosa violazione ha arrecato un grave pregiudizio allo Stato e all’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, in quanto i giudizi connotati da aspre critiche e aperto dissenso avverso l’operato delle istituzioni, provenendo da un qualificato appartenente delle stesse, hanno prodotto una notevole eco mediatica, prestandosi a forti strumentalizzazioni e ingenerando disorientamento nella opinione pubblica oltre ad arrecare disdoro alla immagine della Polizia di Stato.”.
- Il ricorso è basato su un unico motivo (illustrato da pag. 6 a pag. 13), la cui rubrica reca “Violazione dell’art. 97 Costituzione. Violazione dell’art. 21 e dell’art. 3 Costituzione. Violazione dell’art. 10 e dell’art. 14 CEDU. Violazione dell’art 11 Carta fondamentale dei diritti dell’Ue. Violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 13 DPR n. 782/1985. Violazione e falsa applicazione dell’art. 68 L. n. 121/1981. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 2 e 4 DPR. 737/1981. Violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990. Difetto di motivazione, motivazione erronea e/o illogica e contraddittoria. Erronea applicazione delle circolari del Dipartimento della pubblica sicurezza in materia di comunicazione della Polizia di Stato, tra le quali la circolare nr. 555/EST/S/1/1668/14 del 23 luglio 2014 e la circolare nr. 9965/20 del 14 ottobre 2020. Eccesso di potere per errore di fatto, assenza e/o erroneità dei presupposti di fatto, travisamento di fatto ed erroneità della motivazione, illogicità manifesta, difetto di istruttoria. Arbitrarietà, illogicità ed ingiustizia grave e manifesta. Violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa”.
- Nel corso del procedimento:
- a) il Ministero ha depositato la relazione istruttoria del 2 agosto 2023 prot. n. 333CAL/2074/D con cui ha espresso l’avviso che il ricorso sia infondato e ha rappresentato che alla ricorrente è stata irrogata un’ulteriore sanzione disciplinare di destituzione, “con provvedimento del 24 febbraio 2023, notificato tramite posta elettronica certificata il 1 marzo 2023, decorrente dal -OMISSIS- (data in cui la funzionaria è stata nuovamente sospesa cautelarmente per gravi motivi disciplinari ai sensi dell’art. 92 d.P.R. 3/1957), in relazione a ulteriori iniziative di comunicazione, di cui l’Amministrazione non era stata portata a conoscenza e, quindi, non autorizzate, analoghe a quelle già sanzionate”;
- b) a seguito della nota presidenziale in data 30 ottobre 2023, non è pervenuta alcuna informazione da parte della ricorrente in merito alla permanenza dell’interesse alla definizione del gravame;
- c) la relazione è stata trasmessa alla ricorrente da parte del Ministero che, con nota in data 17 novembre 2023, prot. n. 13985, ha reso noto che la difesa dell’interessata non ha trasmesso alcuna replica.
- All’adunanza del 19 giugno 2024, l’affare è passato in decisione.
- Il Collegio osserva che il provvedimento disciplinare in data 24 febbraio 2023, menzionato nella relazione istruttoria e depositato dall’Amministrazione, notificato alla destinataria il 1 marzo 2023, ha disposto la destituzione della ricorrente con decorrenza dal -OMISSIS-, quindi prima della decorrenza degli effetti del provvedimento oggetto del presente contenzioso.
6.1. L’Amministrazione ha riferito che la seconda destituzione (24 febbraio 2023), in relazione alla quale sono ormai decorsi i termini di impugnazione, non risulta impugnata dall’interessata, né con ricorso al T.a.r., né con ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Tale informazione trova riscontro nella consultazione del sistema informativo della Giustizia amministrativa, da cui risulta che l’interessata ha presentato, oltre al ricorso straordinario in esame, due ricorsi pendenti innanzi al T.a.r. per il -OMISSIS-:
- i) il primo, al n.r.g. -OMISSIS-, ha ad oggetto l’impugnativa della sanzione del richiamo scritto;
- ii) il secondo, al n.r.g. -OMISSIS-, ha ad oggetto l’impugnativa di un provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio per fatti occorsi il -OMISSIS-.
Neppure risultano gravati i provvedimenti di sospensione disciplinare richiamati nelle premesse del provvedimento di destituzione di cui è controversia, né il provvedimento in data 24 febbraio 2023, che nel disporre la destituzione, con decorrenza -OMISSIS-, ha anche previsto che: “Il periodo ricompreso tra il -OMISSIS- (data di decorrenza della sospensione cautelare dal servizio) ed il -OMISSIS- (giorno precedente a quello in cui ha prodotto i propri effetti la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio inflitta a conclusione di altro procedimento) non è riconosciuto utile alla -OMISSIS- né agli effetti giuridici, né agli effetti economici e previdenziali. E’ dichiarato irripetibile l’assegno alimentare percepito dalla -OMISSIS- in relazione al suddetto periodo.”.
6.2. Poiché quest’ultimo provvedimento deve ritenersi ormai definitivo, dal richiesto annullamento dell’atto impugnato nessuna utilità potrebbe derivare alla ricorrente che, del resto, non ha fornito alcuna risposta in merito alla permanenza dell’interesse alla decisione del gravame a seguito della trasmissione della nota presidenziale in data 30 ottobre 2023.
6.3. In mancanza di una espressa dichiarazione, non può rilevarsi d’ufficio neppure l’interesse morale alla coltivazione del gravame (sul principio generale cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 8 del 2022; sez. IV, n. 664 del 2024 che richiede espressamente la ostensione di una dichiarazione esplicita della parte sulla sussistenza di un interesse morale al fine di evitare la declaratoria di improcedibilità).
6.4. Ma vi è un’altra, dirimente, ragione che impedisce di esaminare nel merito la fondatezza della domanda di annullamento proposta dalla ricorrente.
Ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., quando l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice procede all’accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato. Tuttavia, un eventuale interesse risarcitorio non potrebbe assumere rilievo nel presente procedimento, dovendo ritenersi inammissibili domande diverse dall’annullamento dell’atto impugnato proposte con ricorso straordinario al Capo dello Stato. Ciò alla luce dell’art. 8 d.P.R. n. 1199/1971, che configura tale istituto quale rimedio di natura esclusivamente impugnatoria (cfr. e plurimis Cons. Stato, sez I., pareri n.n. 1728/2022, 77/2019 e 1141/2014).
Tale conclusione trova conferma anche nella più recente giurisprudenza dell’Adunanza plenaria che – pur non escludendo un percorso giurisprudenziale di “ulteriore affinamento dell’istituto (ad esempio con riferimento alle azioni esperibili alle forme di esplicazione del contraddittorio, al novero dei mezzi istruttori)” – ha messo in risalto la natura amministrativa contenziosa del ricorso straordinario, quale rimedio “giustiziale”, alternativo a quello giurisdizionale, con il quale condivide, per la comune finalità di giustizia, “soltanto alcuni profili strutturali e funzionali”, nei quali sono comprese forme e garanzie dirette ad assicurare, anche all’amministrazione contenziosa, “un modello organizzativo che valorizzi l’indipendenza, l’imparzialità e l’autorevolezza del soggetto decidente ed una specifica struttura del procedimento, in grado di giustificare la sua capacità di essere ‘alternativa’ alla giurisdizione” (Cons. Stato, Ad. plen. 7 maggio 2024, n. 11). Lo stesso indirizzo – secondo il quale la stabilità garantita dal legislatore alla decisione amministrativa del ricorso straordinario “non impone l’applicazione di tutte le specifiche norme processuali che riguardano il giudicato, né l’esperibilità del giudizio di ottemperanza ha il significato della sua «giurisdizionalizzazione»” (cfr. Cons. Stato Ad. plen. 24 maggio 2024 n. 12) – ha precisato che “il regime della decisione resa su ricorso straordinario, per tutto quanto non previsto dal d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, e dalle pertinenti norme del codice del processo amministrativo, è dettato dalle disposizioni in materia di procedimento amministrativo”, rimarcando ulteriormente elementi che evidenziano la natura amministrativa dell’istituto e i limiti di operazioni ermeneutiche nel segno della sua giurisdizionalizzazione.
- Pertanto il ricorso deve essere considerato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, restando assorbito l’esame della domanda cautelare.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità dell’interessato, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.
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L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Carla Ciuffetti |
Vito Poli |
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IL SEGRETARIO
Elisabetta Argiolas
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.