Il Consiglio di Stato, con sentenza del 18 settembre 2024, ha confermato la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, che aveva respinto un appello avverso un’ordinanza di demolizione emessa a seguito di presunti abusi edilizi. Il Collegio ha stabilito che, nonostante la violazione del contraddittorio procedimentale, tale violazione non ha influenzato l’esito del procedimento di sanatoria, poiché il provvedimento di demolizione era giustificato da motivazioni adeguate e conformi alla normativa vigente. La motivazione dell’ordinanza è stata ritenuta completa e coerente, in quanto l’amministrazione comunale aveva chiaramente dimostrato la non conformità delle opere alle disposizioni urbanistiche e edilizie applicabili, e il piano edilizio era stato modificato in modo non previsto dalla normativa regionale sul recupero dei sottotetti.

Pubblicato il 18/09/2024

  1. 07631/2024REG.PROV.COLL.
  2. 09844/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9844 del 2021, proposto da
– OMISSIS – e  – OMISSIS -, rappresentati e difesi dall’avvocato Paolo Botasso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Malesco, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Andreis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Seconda, n.  – OMISSIS – del 12 aprile 2021.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Malesco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2024, il Cons. Roberto Caponigro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. Gli appellanti espongono che:

– sono proprietari dell’immobile sito in Malesco,  – OMISSIS -, identificato catastalmente al  – OMISSIS -, mappale  – OMISSIS – e, per quanto rilevante in questa sede, subalterni 9 e 11;

– hanno ottenuto, in relazione a tale immobile, il permesso di costruire n. 3436/2007 per la “ristrutturazione fabbricato con sopraelevazione e recupero sottotetto a fini abitativi ai sensi della L.R. n. 21/1998 e ampliamento della autorimessa”;

– sulla base di tale permesso e delle successive varianti, hanno proceduto all’ampliamento del 20% del volume esistente così come consentito dalle NTA del PRGC;

– l’Amministrazione, in data 19 agosto 2014, ha accertato una asserita violazione urbanistica-edilizia consistita in una difformità dei lavori riguardanti il sottotetto e, conseguentemente, in data 24 settembre 2014, ha emesso l’ordinanza di sospensione dei lavori n. 17;

– hanno presentato, in data 24 settembre 2014, istanza di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 d.p.r. n. 380/2001, chiedendo l’accertamento di conformità sia del subalterno 9 (oggetto del verbale di accertamento), sia dei medesimi lavori eseguiti nel subalterno 11.

La Commissione Igienico Edilizia Comunale, con il verbale n. 38 in data 11 novembre 2014, ha espresso parere contrario, “rilevato che l’istanza propone l’applicazione della legge in materia di recupero dei sottotetti agli alloggi siti ai piani secondo e terzo/sottotetto; accertato che la norma ammette il recupero dei sottotetti dei ‘volumi sovrastanti l’ultimo piano degli edifici compresi nella sagoma di copertura’, non si ritiene applicabile la norma all’intero alloggio in quanto posta su due livelli differenti (pertanto non risulta sovrastante l’ultimo piano)”. Il parere contrario è stato altresì espresso “verificata inoltre l’inapplicabilità dei disposti di cui all’art. 36 del d.P.R. 380/2001 e s.m.i. in quanto le opere non risultano conformi alla disciplina urbanistico/edilizia al momento dell’abuso ed al momento dell’istanza, in quanto: – L.R. 21/98 e s.m.i. non risulta applicabile al piano secondo; – le altezze dei vani al piano secondo sono inferiori ai ml 2,70 minimi prescritti dal D.M. 5/7/75; l’aumento di Superficie Utile Lorda ammesso dal Piano Regolatore risulta già usufruito interamente con permesso di costruire n. 3436 e varianti”.

L’Ufficio tecnico del Comune di Malesco, con conseguente ordinanza prot. n. 3677 del 25 novembre 2014, preso atto del parere contrario espresso dalla Commissione Edilizia Comunale in data 11 novembre 2014 circa l’istanza di sanatoria depositata, ha ordinato ai signori  – OMISSIS – e  – OMISSIS -, proprietari e committenti, nonché al direttore dei lavori di provvedere, entro e non oltre novanta giorni dalla notifica dell’atto, alla demolizione dei lavori indicati in premessa (realizzazione di solaio intero in difformità al soppalco autorizzato) nell’area ubicata in  – OMISSIS -, identificata catastalmente al  – OMISSIS -, mappale 1 – OMISSIS -, subalterno 9 e subalterno 11.

Gli interessati hanno impugnato la detta ordinanza di demolizione ed il presupposto parere contrario espresso dalla Commissione Igienico Edilizia Comunale dinanzi al Tar Piemonte che, con la sentenza della Sezione Seconda n.  – OMISSIS – del 12 aprile 2021, ha respinto il ricorso.

Di talché, i soccombenti hanno interposto il presente appello, formulando le seguenti doglianze:

– il procedimento di sanatoria non si sarebbe concluso con un provvedimento espresso, atteso che è stato soltanto comunicato il parere sfavorevole espresso dalla Commissione edilizia, peraltro, non vincolante;

– anche a voler considerare la mera comunicazione del parere della Commissione edilizia l’atto conclusivo del procedimento, quest’ultima è stata comunque adottata in violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990;

– la manifestazione delle ragioni ostative all’accoglimento della sanatoria con particolare riferimento alla natura delle opere realizzate e alla loro riconducibilità alla pertinente disciplina edilizia e urbanistica avrebbero consentito ai ricorrenti di svolgere le opportune controdeduzioni con il raggiungimento delle finalità partecipative che la giurisprudenza ritiene inderogabili;

– non sarebbe comprensibile come la realizzazione di un intervento diverso solo nella disposizione degli spazi e nelle modalità di realizzazione, senza aumento di sagoma, volume e superfici utili, possa essere ritenuto “incompatibile” con le previsioni di PRGC per la sola (e non chiara) ragione per cui i ricorrenti avrebbero richiesto di sanare gli abusi contestati, valutando e considerando “quale sottotetto il secondo piano dell’edificio, il cui volume, ormai, non si trova più a contatto con la sagoma di copertura dell’edificio”;

– sia il provvedimento impugnato, quanto la sentenza del TAR Piemonte, sarebbero del tutto privi di una adeguata motivazione;

– il provvedimento di diniego non farebbe alcun riferimento a quali siano gli elementi di fatto che non consentirebbero l’accertamento di conformità ex art. 36 d.p.r. n. 380/2001 e la loro correlazione con le norme di piano.

Il Comune di Malesco ha analiticamente controdedotto, eccependo anche l’inammissibilità delle doglianze proposte per genericità, ed ha concluso per il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 4 luglio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.

  1. L’appello è infondato e va respinto.
  2. Il Collegio, in primo luogo, disattende l’eccezione di inammissibilità per genericità delle doglianze proposte, in quanto sono chiare le contestazioni mosse nel ricorso in appello alla sentenza impugnata.
  3. Per quanto concerne la prima doglianza, occorre rilevare che l’istanza di sanatoria è stata esplicitamente respinta con lo stesso ordine di demolizione del 25 novembre 2014 il quale, nel prendere atto del parere contrario espresso dalla Commissione edilizia comunale, l’ha evidentemente recepito e fatto proprio.

Peraltro, ai sensi dell’art. 36, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001, il silenzio avrebbe significato di rigetto, sicché un provvedimento, sia pure tacito, è stato in ogni caso emanato.

  1. Per costante giurisprudenza (ex multis: Consiglio di Stato, VI, n. 2123 del 1/3/2023), l’istituto del preavviso di rigetto, stante la sua portata generale, trova applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego che non sia stato preceduto dall’invio della comunicazione di cui all’art. 10-bis l. n. 241/1990, in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e, dunque, della possibilità di un apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda.

La violazione del contraddittorio procedimentale è idonea ad inficiare la legittimità del provvedimento anche nei procedimenti vincolati, quale quello di sanatoria, quando il contraddittorio procedimentale con il privato interessato avrebbe potuto fornire all’Amministrazione elementi utili ai fini della decisione, ad esempio in ordine alla ricostruzione dei fatti o all’esatta interpretazione delle norme da applicare (cfr Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3672/2023 cit. e 1 marzo 2018, n. 1269).

Pertanto, affinché la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 comporti l’illegittimità del provvedimento impugnato, il privato non può limitarsi a denunciare la lesione delle proprie garanzie partecipative, ma è anche tenuto ad indicare gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 settembre 2022, n. 8043).

Ne deriva che la violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/90 è idonea a determinare l’annullamento del diniego di condono, qualora, alla stregua degli elementi deduttivi e istruttori forniti dalla parte privata, sia dubbio che, in caso in osservanza delle disposizioni procedimentali violate, il contenuto dispositivo dell’atto sarebbe stato identico a quello in concreto assunto.

Nella fattispecie, tuttavia, non appaiono valorizzate circostanze che avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del procedimento di sanatoria, per cui trova comunque applicazione il disposto di cui all’art. 21-octies, comma secondo, prima parte, della legge n. 241 del 1990, secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Infatti, il diniego di sanatoria ha costituito atto del tutto vincolato per le ragioni compiutamente esposte nel parere contrario reso dalla Commissione Igienico Edilizia Comunale e fatte proprie nell’ordinanza di demolizione di opere abusive.

Per altro verso, come correttamente esposto dal Comune di Malesco nella propria memoria difensiva, la comunicazione del parere negativo reso dalla Commissione igienico-edilizia avrebbe comunque consentito agli interessati di partecipare sostanzialmente al procedimento, formulando le proprie considerazioni.

  1. L’ordine di demolizione si presenta esaustivamente motivato attraverso il richiamo al parere contrario espresso dalla Commissione Igienico-Edilizia Comunale, il quale ha diffusamente esposto, come indicato nella ricostruzione del fatto, le ragioni della insussistenza della c.d. doppia conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia richiesta dall’art. 36, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001.

Ne consegue che non sussiste né una carenza di motivazione, né la contraddittorietà della stessa.

  1. Parimenti, le censure di “merito” non possono essere condivise.

La legge della Regione Piemonte n. 21 del 1988, abrogata dall’art. 17, comma 1, lett. a), della L.R. n. 16 del 2018, che ha promosso il recupero a fini abitativi dei sottotetti con l’obiettivo di limitare il consumo di suolo e di favorire il contenimento dei consumi energetici, all’art. 1, comma 3, ha stabilito che, negli edifici esistenti destinati o da destinarsi in tutto in parte a residenza, è consentito il recupero a solo scopo residenziale del piano sottotetto, purché risulti legittimamente realizzato al 31 dicembre 2012; ai sensi del successivo comma 6, sono definiti sottotetti i volumi sovrastanti l’ultimo piano degli edifici compresi nella sagoma di copertura.

Nel caso di specie, invece, a seguito della trasformazione realizzata, l’originario piano secondo sottotetto è diventato un piano secondo, sovrastato da un terzo piano sottotetto, in quanto, come evidenziato nella sentenza impugnata, il volume del secondo piano dell’edificio non si trova più a contatto con la sagoma di copertura dell’edificio stesso.

I piani fuori terra dell’edificio, in sostanza, da due sono diventati tre.

L’amministrazione comunale, quindi, ha compiutamente dimostrato come non risultava applicabile alla fattispecie la disciplina regionale sul recupero ai fini abilitativi dei sottotetti, in quanto, a seguito della realizzazione del progetto, il secondo piano sottotetto è diventato un piano vero e proprio e il sottotetto è divenuto un nuovo piano, il terzo.

Inoltre, il parere contrario della Commissione ha evidenziato che la difformità delle opere alla disciplina urbanistico/edilizia al momento dell’abuso ed al momento della presentazione dell’istanza discende anche dal fatto che le altezze dei vani al piano secondo sono inferiori ai ml 2,70 minimi prescritti dal DM 5 luglio 1975 e dal fatto che la aumento di SUL ammesso dal Piano Regolatore risulta già usufruito interamente con permesso di costruire n. 3436 e varianti.

Il perimetro motivazionale del diniego, pertanto, è ampio e circostanziato e le ragioni a base del diniego non sono state efficacemente contestate dagli appellanti.

  1. In definitiva, l’appello deve essere respinto in quanto infondato-
  2. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in € 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, sono poste a carico, in parti uguali e con vincolo di solidarietà, degli appellanti ed a favore del Comune di Malesco.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe (R.G. 9844 del 2021).

Condanna gli appellanti, in parti uguali e con vincolo di solidarietà, al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in € 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, in favore del Comune di Malesco.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2024, con l’intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore

Giovanni Gallone, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Roberto Caponigro

Sergio De Felice

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO