Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna ha rigettato il ricorso proposto da un militare dell’Esercito contro il provvedimento che negava il trasferimento temporaneo per assistere il fratello disabile, in base all’art. 33 della Legge n. 104/1992. L’Amministrazione aveva motivato il diniego per carenza di organico nella qualifica del ricorrente, compromettendo così l’efficienza operativa del reparto, e ritenendo sufficiente la presenza di altri familiari per l’assistenza al disabile. Il TAR ha ritenuto infondato il ricorso, evidenziando che, in virtù dell’art. 33 della Legge n. 104/1992, il trasferimento richiesto comporta un bilanciamento tra l’interesse privato del lavoratore e l’interesse pubblico, che deve essere valutato in via discrezionale dall’Amministrazione. Sul punto, richiamando una consolidata giurisprudenza (Cons. Stato, sez. IV, 27 settembre 2018, n. 5550; sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 274), il Collegio ha rilevato come il diritto di scelta della sede di lavoro da parte del dipendente che assiste un familiare disabile debba comunque essere esercitato nei limiti della compatibilità con l’organizzazione del servizio, e che la tutela dell’efficienza operativa del Corpo militare costituisce un interesse pubblico prevalente rispetto alle esigenze familiari del singolo dipendente.
Pubblicato il 13/09/2024
- 00593/2024 REG.PROV.COLL.
- 00629/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 629 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Michela Scafetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Stato Maggiore dell’Esercito, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale Bologna, domiciliata in Bologna, via A. Testoni, 6;
per l’annullamento
-del provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 30.6.2020, notificato al ricorrente in data 1.07.2020, a mezzo del quale lo Stato Maggiore dell’Esercito, Dipartimento Impiego del personale – Ufficio impiego Truppa, ha respinto l’istanza tesa ad ottenere la concessione dei benefici (permessi) e l’assegnazione temporanea in un Ente di stanza nelle sedi di Palermo, Trapani, Cefalù, Messina o Catania ai sensi dell’art. 33, comma 3 e 5, Legge 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Stato Maggiore dell’Esercito;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2024 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso depositato in data 12.10.2020, -OMISSIS-, Caporal Maggiore Scelto in servizio, con incarico di “Fuciliere”, al -OMISSIS-, impugnava, formulando anche istanza di sospensione cautelare, il provvedimento, meglio descritto in epigrafe, dello Stato Maggiore dell’Esercito – Dipartimento Impiego del personale – Ufficio impiego Truppa di rigetto dell’istanza, dal medesimo presentata, di essere assegnato e di godere dei permessi retribuiti presso le sedi di Palermo, Trapani, Cefalù, Messina o Catania ai sensi dell’art. 33, comma 3 e 5, Legge 104/92.
Il suddetto provvedimento di rigetto risultava fondato sulle seguenti considerazioni: – lo stato di sottoalimentazione nell’incarico del richiedente (Fuciliere) pari a 81 unità e nel complessivo pari all’11% non consente sottrazioni di personale, pena l’impossibilità di mantenere uno stato di efficienza e funzionalità; – presso l’Ente di appartenenza risultano presenti già altri militari beneficiari di speciali disposti normativi (L. 104/92, D.Lgs. n. 151/01, D.L. n. 267/00) che riducono ulteriormente l’operatività del Reparto; -la presenza di altri familiari (madre, residente nella stessa abitazione del disabile; fratello; sorella), sebbene impegnati per motivi personali, di salute e lavorativi, determina la mancanza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza, non essendo essenziale la presenza del militare per assicurare l’assistenza al disabile; -con specifico riferimento alla qualifica di <aeromobile>, l’Amministrazione ha investito notevoli risorse finanziarie e strumentali per consentire un’adeguata formazione dell’istante, nell’ottica di un ritorno in termini professionali e, conseguentemente, risulta antieconomico e non efficace il mancato utile impiego di tali risorse umane e professionali, al fine di assecondare esigenze – pur rispettabili – di natura personale e comunque non orientate a fini istituzionali; -sussistono limitazioni per il personale che fruisce dei benefici della legge n. 104/92 che compromettono fortemente la capacità d’impiego in ambito operativo e addestrativo e che risultano maggiormente gravose per l’Amministrazione laddove si consideri la peculiarità della posizione organica prevista per il Ruolo e per il Grado ricoperto dall’istante <fuciliere>, mansione che comporta l’utilizzo del Graduato in ambito spiccatamente operativo e addestrativo.
Il ricorrente, in estrema sintesi, formulava le seguenti censure: “1. eccesso di potere per difetto di motivazione, con conseguente mancanza del presupposto, nonché’ violazione di legge per erronea interpretazione e mancata applicazione dei principi generali e dello specifico precetto di cui all’art. 33 c. 3 e 5 della legge 104/92. 2. Eccesso di potere per incongruità’, illogicità, irragionevolezza, manifesta ingiustizia”; -il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto fondato su una motivazione generica; -la legge n. 183/2010 avrebbe eliminato dall’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 il requisito dell’esclusività dell’assistenza; -il militare subirebbe vincoli non diretti a differenziarlo negativamente dagli altri comuni cittadini, ma unicamente volti alla cura del pubblico interesse affidata al Corpo di riferimento; -la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili troverebbe applicazione anche per il personale delle Forze Armate; -la sussistenza dell’interesse pubblico (di tipo organizzativo) non potrebbe essere apoditticamente affermata ma dovrebbe essere ampiamente e dettagliatamente motivata in modo da consentire di ricostruire l’iter logico che ha portato l’Amministrazione ad assumere il provvedimento negativo; -l’istanza del ricorrente era stata avanzata per poter assistere il proprio fratello, affetto da handicap grave e necessitante di assistenza continua; -il ricorrente sarebbe l’unico familiare in grado di assistere il proprio fratello, assistenza preclusa dalla distanza chilometrica della propria sede di servizio; -il ricorrente è stato nominato Amministratore di sostegno del proprio fratello, carica che non potrebbe svolgere stante la predetta distanza della sede di servizio; -un deficit di personale dell’11% non potrebbe legittimare un definitivo diniego al trasferimento, atteso che tale carenza rientrerebbe nei parametri ordinari di scopertura di organico in cui versano le amministrazioni, non integrando un dato significativo in grado di sacrificare l’esercizio della funzione di assistenza al disabile; -il ricorrente, inoltre, potrebbe essere facilmente sostituito da ogni Graduato/Militare di Truppa, né il provvedimento fornirebbe adeguata prova della non sostituibilità del medesimo; -dalla attuale sede di servizio del ricorrente sarebbe stato trasferito altro personale, con conseguine violazione del principio di parità di trattamento; -i parenti indicati nel provvedimento sarebbero impossibilitati (la madre e la sorella per ragioni di salute, il fratello per ragioni di lavoro) a prestare adeguata assistenza al disabile.
Si costituiva in giudizio lo Stato Maggiore dell’Esercito con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale chiedeva il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 426, assunta alla Camera di Consiglio del 12 novembre 2020, era respinta l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.
In vista dell’udienza di discussione, parte ricorrente ha depositato memoria difensiva con cui ha ribadito le proprie argomentazioni difensive.
Alla Pubblica Udienza del 10 luglio 2024, il ricorso è passato in decisione, come da verbale di causa.
Il Collegio ritiene di confermare quanto già sommariamente esposto in sede cautelare in ordine alla infondatezza del ricorso.
L’art. 33 della legge n. 104 del 1992, per quanto rileva in questa sede e nella versione applicabile al caso in esame ratione temporis, prevede(va) che “3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (…)
- Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
La giurisprudenza ha evidenziato che il trasferimento ex art. 33 coinvolge “interessi legittimi, e di conseguenza implica un complessivo bilanciamento fra l’interesse del privato e gli interessi pubblici, in esercizio di potere discrezionale da parte dell’amministrazione; e ciò tenendo conto del fatto che il trasferimento è disposto a vantaggio del disabile e non, invece, nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione ovvero del richiedente, avendo lo stesso natura strumentale ed essendo intimamente connesso con la persona dell’assistito (Cons. Stato, sez. IV, 27 settembre 2018, n. 5550; sez. IV, 3 gennaio 2018 n. 29; sez. IV, 31 agosto 2016 n. 3526). In tale contesto, l’inciso <ove possibile>, contenuto nella predetta disposizione, comporta che, avuto riguardo alla qualifica rivestita dal pubblico dipendente, deve sussistere la disponibilità nella dotazione di organico della sede di destinazione del posto in ruolo per il proficuo utilizzo del dipendente che chiede il trasferimento (Cons. Stato, sez. III, 11 maggio 2018 n. 2819), nel senso, cioè, che presso la sede richiesta, vi sia una collocazione compatibile con lo stato del militare, e che l’assegnazione possa, dunque, avvenire nel limite delle posizioni organiche previste per il ruolo e il grado (Cons.Stato, sez. IV, 16 febbraio 2018, n. 987)” (in tal senso Consiglio di Stato, sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 274).
Va, altresì, rilevato che a seguito della novella di cui alla legge n. 183 del 2010 è stata eliminata la previgente previsione dei requisiti della continuità ed esclusività dell’assistenza. A tal proposito, è stato osservato che la giurisprudenza del Consiglio di Stato “che attribuisce rilevanza nell’applicazione del beneficio a tutti i valori costituzionali sottesi alla norma di cui al citato art. 33, implica che l’amministrazione debba considerare con rigore la situazione di fatto in cui si trova il disabile da accudire, atteso che la concessione dei permessi mensili incide comunque sulla organizzazione e funzionalità del servizio o della funzione svolti dal richiedente e si giustifica solo con la tutela di un interesse di pari rango, quale la reale ed effettiva necessità di assistenza di persone disabili. In definitiva il venir meno del presupposto della esclusività non implica che la persona inabile abbia il diritto di scegliere il parente o affine da cui essere assistito, né che questi abbia il diritto indeclinabile di fruire del permesso in discorso. In particolare, per il caso in cui l’interessato sia, come nella fattispecie in esame, un militare, va riconosciuta la specificità del ruolo delle forze armate e considerata la peculiarità dei compiti, finalizzati alla tutela delle istituzioni democratiche e alla difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, del personale da esse dipendente. Le esigenze personali e familiari dei richiedenti i benefici di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992, destinate in generale a recedere di fronte all’interesse pubblico al buon funzionamento degli uffici, regrediscono particolarmente in presenza della necessità di tutelare la piena efficienza ed operatività della forza armata di appartenenza che assicura la difesa e la sicurezza della nazione (cfr.: C.d.S., sez. IV, n. 923/2011). È, quindi, alla luce dei doveri e degli obblighi conseguenti allo status di militare che, a maggior ragione, va attribuita tuttora rilevanza al profilo della esclusività dell’assistenza <nel senso che l’esclusività non può sussistere in presenza di altri congiunti in grado di assistere la persona handicappata, a meno che non siano forniti elementi probanti in ordine alla concreta impossibilità di fornire detta assistenza> (C.d.S, sez. IV, n. 307/2014)” (in tal senso, TRGA Trento, sez. I, 9 agosto 2018, n. 180).
Tanto precisato in linea generale, va rilevato che l’Amministrazione ha adeguatamente esposto le ragioni sottese al diniego al chiesto trasferimento, nel rispetto delle coordinate ermeneutiche sopra ricordate.
Sotto un primo profilo, l’Amministrazione ha evidenziato una carenza di organico rilevante con riferimento alla qualifica del richiedente (Fuciliere), pari a 81 unità e nel complessivo pari all’11%, carenza tale da non consentire ulteriori sottrazioni di personale (con tale qualifica), pena l’impossibilità di garantire la piena ed efficiente funzionalità del Corpo di riferimento. Non possono essere condivisi, a tal proposito, i rilievi articolati in ricorso per i quali tali carenze sarebbero ordinarie e fisiologhe, atteso che, da un lato, parte ricorrente non allega alcun concreto elemento atto a suffragare tale affermazione; dall’altro e soprattutto, spetta all’Amministrazione valutare, nell’ambito delle proprie prerogative organizzative, le forze in organico (con particolare riferimento a speciali qualifiche) e la conseguente possibilità di garantire un efficace svolgimento delle funzioni ad essa istituzionalmente assegnate. Ebbene, nel caso in esame, l’Amministrazione ha rilevato che la specificità della figura ricoperta dal ricorrente non consentiva ulteriori riduzioni di tale tipologia di personale, stante le già registrate ed esplicitate carenze organiche presso la Sede di -OMISSIS-
Sotto distinto profilo, l’indicazione in ordine alla presenza di altri familiari, pur nei termini sopra chiariti alla luce della novella introdotta dalla legge n. 183/2010, non pare priva di rilievo: in particolare, le problematiche di tipo lavorativo –evidenziate con riferimento al fratello del ricorrente – non sembrano costituire un impedimento assoluto all’assistenza del disabile e, comunque, non sembra possano ritenersi aprioristicamente prevalenti rispetto all’esigenze organizzative debitamente espresse dall’Amministrazione, come sopra chiarito.
Quanto alla nomina ad Amministratore di sostegno del disabile, va osservato che tale incarico –conferito previa dichiarazione di disponibilità da parte del nominando Amministratore- non comporta certo una quotidiana attività di accudimento del soggetto bisognoso, né presuppone la continua vicinanza territoriale al medesimo.
Anche sotto tale profilo, pertanto, le censure articolate in ricorso non sono fondate.
La circostanza che in passato vi siano stati trasferimenti dalla sede cui è assegnato il ricorrente non costituisce elemento idoneo ad incidere sulla legittimità (sotto il profilo della disparità di trattamento) della decisione qui contestata, atteso che l’Amministrazione ha effettuato le proprie valutazioni, nell’esercizio del potere discrezionale ad essa attribuito, al momento della richiesta presentata dal ricorrente, non potendo assumere rilievo decisivo precedenti valutazioni, rese in situazioni differenti.
Anche sotto tale profilo, pertanto, le censure di parte ricorrente non possono essere condivise.
In conclusione, il provvedimento gravato appare immune dalle censure avanzate in ricorso, il quale, di conseguenza, va respinto.
Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.