Il TAR Piemonte, con la sentenza n. 1206 del 21 novembre 2024, si è espresso in merito all’affidamento di contratti esclusi ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 36/2023, richiamando l’applicabilità dei principi fondamentali del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato (artt. 1, 2 e 3 del Codice). La controversia nasce da una procedura informale indetta da un istituto scolastico per l’affidamento di servizi di assistenza durante la refezione scolastica, caratterizzata dall’assenza di corrispettivo economico diretto da parte dell’ente, ma con opportunità di guadagno economico indiretto per l’affidatario. La procedura è stata contestata da un concorrente escluso, che ha evidenziato l’indeterminatezza dei criteri di valutazione delle offerte tecniche e l’irragionevolezza del meccanismo di attribuzione del punteggio economico, concentrato unicamente sull’offerta più bassa.

Il TAR ha confermato che tali contratti, pur essendo esclusi dal perimetro delle norme generali del Codice, devono rispettare i “super-principi”, che garantiscono trasparenza, imparzialità e concorrenza. Pur riconoscendo la pertinenza dei criteri tecnici adottati rispetto all’oggetto della procedura (come previsto dall’art. 108, comma 4, del Codice), il Collegio ha rilevato che la loro genericità e mancanza di specificità compromettevano la possibilità di una valutazione trasparente e motivata da parte della commissione. Inoltre, ha censurato l’attribuzione di punteggi esclusivamente all’offerta economica più vantaggiosa, ritenendola irragionevole e contraria ai principi del Codice, in quanto non valorizzava le altre offerte in base al divario di prezzo.

Pubblicato il 22/11/2024

  1. 01208/2024 REG.PROV.COLL.
  2. 01541/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1541 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Fabrizio Cassella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Edisu – Ente Regionale per il Diritto Allo Studio Universitario del Piemonte, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Sciolla, Sergio Viale e Chiara Forneris, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

della Determinazione EDISU n. -OMISSIS- e irrogazione delle sanzioni amministrative ai sensi del D.Lgs. 68/2012, art. 10, comma 3 e L. 122/2010 a seguito di accertamento non conforme da parte della Guardia di Finanza di Torino. Decadenza dal beneficio”, notificata mediante raccomandata a mani il -OMISSIS-, della Comunicazione EDISU del-OMISSIS- nonché di ogni altro eventuale atto connesso, presupposto e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Edisu – Ente Regionale per il Diritto Allo Studio Universitario del Piemonte;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2024 il dott. Lorenzo Maria Lico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

In data 19/07/2023, Edisu ha pubblicato il Bando di concorso per l’anno accademico 2023/2024 per il conferimento di borse di studio, servizio abitativo e premio di laurea.

Edisu ha anche provveduto a pubblicare le linee guida in lingua inglese contenenti le spiegazioni necessarie per la partecipazione al Bando di concorso.

Parte ricorrente ha presentato in data 1 settembre 2023 richiesta di borsa di studio in qualità di studente fuori sede.

Ai sensi dell’art. 8 del Bando, gli studenti fuori sede, ai fini della concessione della borsa di studio, “sono tenuti a prendere alloggio a titolo oneroso (a pagamento) presso la sede universitaria frequentata (…) per almeno 10 mesi nell’a.a. 2023/2024”.

I partecipanti erano tenuti a presentare un’autocertificazione in ordine alla disponibilità di un alloggio a titolo oneroso entro il 23/11/2023.

Parte ricorrente ha presentato in data 22/11/2023 l’autocertificazione della disponibilità di un domicilio, dichiarando, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, di “aver preso alloggio dal 01/11/2023” con regolare contratto di locazione ed indicando l’indirizzo dell’immobile.

Parte ricorrente ha presentato anche il documento di avvenuta registrazione all’Agenzia delle Entrate del contratto di locazione.

Sulla base della predetta documentazione, Edisu ha concesso la borsa di studio prevista per gli studenti fuori sede ed ha erogato la prima rata della stessa, pari ad un importo di € 3.752,50.

Con note in data 20/02/2024, nell’ambito di attività di analisi info-investigative in materia di tutela della spesa pubblica, il Nucleo Operativo Metropolitano di Torino della Guardia di Finanza ha chiesto ad Edisu di voler fornire la documentazione relativa alla concessione di emolumenti in favore di una serie di studenti, tra cui anche parte ricorrente.

In data 08/03/2024, la Guardia di Finanza ha chiesto ad Edisu di ricevere copia delle autocertificazioni di alloggio a titolo oneroso ex art. 8 del Bando rese da tali soggetti.

Con nota prot. n. -OMISSIS-, la Guardia di Finanza ha comunicato l’avvenuto riscontro di irregolarità inerenti l’erogazione di borse di studio, tali da determinare l’instaurazione di un procedimento penale nei confronti dei beneficiari delle borse per indebita percezione di erogazioni pubbliche ex art. 316 ter, comma 2, c.p.

Nella stessa nota, l’Autorità investigativa, dando atto di aver ricevuto il nulla osta dall’Autorità giudiziaria competente, al fine di evitare ulteriori indebite percezioni di benefici non spettanti, ha chiesto ad Edisu di inibire l’erogazione della seconda rata della borsa di studio.

A fronte di una specifica richiesta di maggiori informazioni da parte di Edisu, con nota prot. n. -OMISSIS-, la Guardia di Finanza ha trasmesso un riepilogo delle attività svolte, da cui è emerso: (i) che n. 42 studenti, beneficiari di borsa di studio per fuori sede, avevano indicato la disponibilità di alloggio a titolo oneroso presso n. 3 unità immobiliari; (ii) che dall’analisi dei contratti e dai riscontri materiali presso tali indirizzi era emerso che gli alloggi in questione erano nella disponibilità di soggetti diversi dai beneficiari della borsa di studio; (iii) che era quindi stata accertata la falsità dell’autocertificazione di alloggio a titolo oneroso presentata dai n. 42 studenti, siccome non v’era alcuna rispondenza nella realtà fattuale circa la situazione alloggiativa dei beneficiari.

Sulla base delle disposizioni dettate dalla nota prot. n. -OMISSIS- e dalla nota prot. n. -OMISSIS-, Edisu ha provveduto ad adottare la Determina n. -OMISSIS-con cui è stato disposto: – di inibire il pagamento della seconda rata agli studenti per i quali era stato accertato il mendacio; – di revocare la borsa di studio a tali studenti con conseguente revoca della prima rata già erogata; – di applicare le sanzioni amministrative previste per legge, in particolare dall’art. 10, comma 3, del D.lgs. n. 68/2012 e dall’art. 38, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.

Con ricorso notificato in data 08/10/2024, parte ricorrente ha proposto impugnazione avverso la Determina n. -OMISSIS-, lamentandone l’illegittimità per i seguenti motivi di diritto, così rubricati e compendiati:

  1. Violazione di legge – Falsa applicazione degli Artt. 10, co. 3, D.lgs. 68/2012 e 38, co. 3, D.L. 78/2010 convertito con L. 122/2010 – Assenza dell’elemento soggettivo (colpa) legittimante l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie; in particolare la parte ricorrente afferma che non avrebbe dovuto essere destinataria delle sanzioni amministrative irrogate per mancanza dell’elemento soggettivo;
  2. Eccesso di potere – Errata valutazione dei fatti da parte dell’Ente; con tale motivo viene censurata la presunta inapplicabilità delle sanzioni irrogate da Edisu per l’ipotesi di falsa dichiarazione nell’autocertificazione sul domicilio, atteso che le sanzioni de quibus sarebbero applicabili solo per le ipotesi di false dichiarazioni relative ai requisiti economico-patrimoniali richiesti per la borsa di studio e non per le irregolarità relative al domicilio;
  3. Eccesso di potere e irragionevolezza – Insufficiente istruttoria svolta dall’Ente e carente motivazione dell’atto impugnato; segnatamente, la parte ricorrente censura sotto il profilo formale la presunta insufficiente istruttoria e carenza motivazionale del provvedimento gravato;
  4. Eccesso di potere e irragionevolezza – Duplicazione delle sanzioni e determinazione sproporzionata degli importi; con tale ultimo motivo, la parte ricorrente censura il quantum delle sanzioni irrogate per la presunta violazione del principio di proporzionalità e del divieto di duplicazione delle sanzioni (principio del ne bis in idem).

Edisu si è costituito in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità ed irricevibilità del gravame e, comunque, il suo rigetto.

In particolare Edisu ha dedotto il difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, in quanto la giurisdizione si radicherebbe nel caso di specie in capo al giudice ordinario.

Il Collegio ha dato espresso avviso alle parti della possibilità definire il giudizio, ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., con l’adozione di una sentenza in forma semplificata.

Sono sussistenti i presupposti fissati dall’art. 60 cod. proc. amm. per la definizione del giudizio in esito alla fase cautelare.

Il Collegio osserva che il provvedimento impugnato da un lato ha disposto la “revoca” dei benefici economici precedentemente concessi, dall’altro ha comminato alla parte ricorrente le sanzioni di cui all’art. 10, comma 3, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68 e all’art. 38 comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito con L. n. 122/2010.

In relazione ad entrambi gli aspetti della determinazione assunta va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Giova innanzitutto premettere che con il ricorso si formulano censure esclusivamente avverso le sanzioni amministrative pecuniarie, richiamate nel provvedimento impugnato, ed irrogate ai sensi dell’art. 38, comma 3, D.L. n. 78/2010, conv. con L. n. 122/2010, e dell’art. 10, comma 3, D.lgs. n. 68/2012.

Infatti, benché il ricorso riporti la formale domanda di annullamento anche della revoca della borsa di studio, la parte del ricorso formalmente dedicata alla revoca in realtà è volta solamente a censurare il potere sanzionatorio esercitato da Edisu.

In particolare, la revoca della borsa di studio risulta censurata, sul piano formale, con il terzo motivo di ricorso, fondato genericamente sulla pretesa insufficiente istruttoria e carenza motivazionale del provvedimento impugnato. Ma in realtà anche tale motivo è volto a censurare il potere sanzionatorio di Edisu (e non quello revocatorio), come emerge dall’ultimo periodo del motivo in cui si legge “l’unico motivo, infatti, posto alla base della revoca e delle sanzioni è stato quello dell’accertata non veridicità dell’autodichiarazione dell’alloggio, alla quale l’ordinamento, come già ampiamente argomentato, non ricollega alcuna potestà sanzionatoria da parte dell’EDISU”.

Giova evidenziare che costituisce ius receptum il principio in base al quale “la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda e che, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto “petitum sostanziale”, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto sulla base della “causa petendi”, ossia dei soli fatti dedotti a fondamento della pretesa fatta valere con l’atto introduttivo della lite, di cui essi sono manifestazione e da cui la domanda viene identificata, indagando sull’effettiva natura della controversia, in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio ed alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive su cui esso si articola e si svolge (ex multis, Cass., S.U., 16 aprile 2021, n. 10105; Cass., S.U., 12 ottobre 2020, n. 21993; Cass., S.U., 31 luglio 2018, n. 20350; Cass., S.U., 16 maggio 2008, n. 12378; Cass., S.U., 11 aprile 2006 n. 8374; Cass. S.U., 27 gennaio 2005, n. 1622; Cass., S.U., 7 marzo 2003 n. 3508; cfr., da ultimo, Cass., S.U., 5 settembre 2022, n. 26039)” (da ultimo Cass. civ., Sez. Unite, ord. 26 settembre 2022, n. 28022; Cons. Stato, Sez. III, 18 aprile 2023, n. 3896; T.A.R. Toscana, Sez. I, 7 novembre 2024, n. 1261).

Alla luce di tale premessa, può dunque ritenersi che il ricorso verta esclusivamente sulle sanzioni irrogate. Pertanto, la parte ricorrente ha impugnato un provvedimento incidente esclusivamente sul diritto alla integrità del suo patrimonio, diritto soggettivo perfetto la cui tutela non è ricompresa nelle materie di giurisdizione esclusiva indicate nell’art. 133 cod. proc. amm.

Ma anche laddove le censure si appuntassero nei confronti della revoca della borsa di studio, sussisterebbe in ogni caso la giurisdizione del giudice ordinario per le ragioni di seguito indicate.

In materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, nel cui ambito rientrano i conferimenti delle borse di studio, quali finanziamenti concessi a studenti che non dispongono di mezzi economici per proseguire gli studi, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo si basa sulla natura della situazione soggettiva azionata: autorità giudiziaria ordinaria in caso di lesione di un diritto soggettivo; autorità giudiziaria amministrativa in caso di lesione di un interesse legittimo (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, ord. 9 agosto 2018, n. 20683; Cass. civ., Sez. I, ord. 7 luglio 2023, n. 19253).

Ciò posto, nel caso in esame la concessione dei benefici è subordinata soltanto alla ricorrenza dei presupposti individuati dalla normativa di riferimento nonché dagli atti generali e regolamentari dell’Amministrazione, adottati in conformità alla suddetta normativa.

In sede di concessione dei benefici non si configura alcuna attività discrezionale in capo all’Amministrazione.

La scelta dell’interesse pubblico perseguito (la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’uguaglianza nell’accesso all’istruzione superiore – si veda l’art. 2 del D.lgs. n. 68 del 2012) è svolta a monte dalla legge anche nel quomodo. L’ente preposto alla concessione ed erogazione dei benefici non deve compiere alcuna ulteriore valutazione per il perseguimento di tale interesse, non avendo alcun potere di incisione sull’assetto delle situazioni soggettive, ma dovendo semplicemente riscontrare la sussistenza o meno dei presupposti stabiliti a monte.

Secondo la costante giurisprudenza (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 7 gennaio 2013, n. 150; Cass. civ., Sez. Unite, ord. 18 gennaio 2024, n. 1946; Cons. Stato, Ad. Plen. 29 luglio 2013 n. 17 e 29 gennaio 2014 n. 6) sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, così che alla Pubblica Amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid e il quomodo dell’erogazione.

Nel caso di specie la decadenza disposta dall’Università è stata determinata dall’accertamento, seppure ex post, dell’assenza ab origine in capo alla parte ricorrente dei requisiti stabiliti dal bando per effetto della dedotta non veridicità del contenuto della dichiarazione, implicante – ai sensi dell’art. 75 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 – la decadenza del dichiarante dai benefici conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.

Tale accertamento non assume alcun connotato di discrezionalità (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 9 dicembre 2014, n. 2993; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 20 ottobre 2016, n. 1931; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 29 luglio 2019, n. 1767).

Pertanto, la posizione giuridica soggettiva del privato assume la consistenza del diritto soggettivo ed in quanto tale risulta tutelabile davanti al giudice ordinario.

Il provvedimento impugnato ha poi comminato le sanzioni pecuniarie di cui agli artt. 10, comma 3, del D.lgs. n. 68/2012 e 38, comma 3, del D.L. n. 78/2010.

Al riguardo è necessario tracciare un discrimine tra le sanzioni in senso stretto o afflittive e le sanzioni in senso lato o ripristinatorie.

La sanzione in senso stretto è irrogata tramite un procedimento diverso da quello previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, è garantita dai principi di legalità, personalità e colpevolezza, è suscettibile di integrale riesame giudiziale (senza, cioè, alcun limite di merito amministrativo). La relativa cognizione spetta alla giurisdizione del giudice ordinario ai sensi della L. n. 689/1981.

Viceversa le residue sanzioni (in senso lato), alle quali si riconducono tradizionalmente le sanzioni ripristinatorie ed interdittive (ove non meramente accessorie alle sanzioni amministrative in senso stretto, altrimenti rientrando nella disciplina di cui all’art. 20 della legge n. 689 del 1981), costituiscono una manifestazione tipica di potere amministrativo autoritativo e tendono a realizzare direttamente l’interesse pubblico leso dall’atto illecito che, in quanto tale, viene sanzionato. A tali diverse sanzioni si applicano i principi dell’attività amministrativa tradizionale (dettate dalla legge generale sul procedimento amministrativo), pure quando esse abbiamo carattere marcatamente punitivo. All’amministrazione è data, di regola, la scelta della misura repressiva più idonea a soddisfare quell’interesse, con la conseguenza che, in tal caso, sussistono in capo al privato soltanto posizioni soggettive di interesse legittimo. Permanendo dunque una discrezionalità amministrativa, cui si contrappone la necessità di tutela degli interessi legittimi dei privati e della collettività, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 12 febbraio 2018, n. 201).

Ora, nel caso di specie si è in presenza di sanzioni pecuniarie, che non sfuggono alla giurisdizione del giudice ordinario, non ravvisandosi nelle ipotesi in discussione alcuna finalità reintegratoria dell’interesse pubblico violato, né venendo in rilievo alcuna materia di giurisdizione esclusiva affidata alla cognizione del giudice amministrativo. L’applicazione delle sanzioni di cui si tratta è riconnessa al verificarsi concreto della fattispecie legale restando esclusa ogni discrezionalità in ordine alla loro irrogazione se non quanto alla misura, con conseguente giurisdizione piena del giudice ordinario ex L. n. 689/1981 (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 30 marzo 2018, n. 872; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 28 settembre 2020, n. 1717).

Peraltro la sanzione ex art. 10, comma 3, del D.lgs. n. 68/2012 non consente esercizio di discrezionalità neppure in relazione alla misura, in quanto determinata dalla legge in maniera fissa ovvero nell’importo triplo rispetto alla somma indebitamente percepita, mentre in relazione alla sanzione ex art. 38, comma 3, del D.L. n. 78/2010, articolata in misura proporzionale al vantaggio economico conseguito, Edisu, in base all’art. 2 del Regolamento di accertamento economico, ha applicato il minimo ivi previsto per gli studenti fuori sede.

Per le ragioni che precedono, anche in relazione alle sanzioni pecuniarie comminate nel provvedimento impugnato va declinata la giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario, avanti al quale, ai sensi dell’art. 11, comma 2, cod. proc. amm., è consentito alle parti di proseguire il giudizio entro il termine ivi indicato.

Sussistono i presupposti di legge (in particolare, l’esito di rito e l’indicazione della possibilità di ricorrere a questo T.A.R., contenuta nella determinazione impugnata) per disporre la compensazione delle spese processuali, ad eccezione del contributo unificato che rimane definitivamente a carico di parte ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e individua, ai sensi dell’art. 11 cod. proc. amm., nel giudice ordinario l’autorità giurisdizionale cui spetta la cognizione della domanda proposta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente ed eventuali soggetti terzi.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Cappadonia, Presidente FF

Giovanni Francesco Perilongo, Referendario

Lorenzo Maria Lico, Referendario, Estensore

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Lorenzo Maria Lico

Alessandro Cappadonia

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.