Con la sentenza n. 26603 del 14 ottobre 2024, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno affrontato il tema della responsabilità risarcitoria dello Stato per il ritardo nell’attuazione delle direttive europee 75/362/CEE e 75/363/CEE, che avevano imposto agli Stati membri l’obbligo di garantire una adeguata remunerazione ai frequentanti delle scuole di specializzazione medica. Il caso riguardava un gruppo di medici che, iscritti a scuole di specializzazione tra il 1977 e il 1994, avevano rivendicato il diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata remunerazione durante il periodo formativo, sostenendo che il ritardo nell’attuazione delle direttive, poi recepite con la legge n. 257/1991, configurasse un illecito imputabile allo Stato italiano.
In primo e secondo grado, le domande erano state accolte parzialmente, con una distinzione tra le posizioni dei ricorrenti, basata sulla tipologia delle specializzazioni frequentate e sul loro eventuale riconoscimento come conformi alle direttive. Investita della questione, la sezione semplice della Corte di Cassazione aveva rimesso alle Sezioni Unite i seguenti quesiti: se avesse diritto al risarcimento chi, prima del 1991, avesse frequentato una scuola non inclusa negli articoli 5 e 7 della direttiva 75/363/CEE, ma successivamente dichiarata equipollente con atto normativo interno, e se una risposta negativa a tale domanda potesse contrastare con il diritto dell’Unione europea.
Le Sezioni Unite hanno dato risposta negativa a entrambi i quesiti, confermando che il risarcimento spetta esclusivamente in presenza di una specializzazione coincidente con quelle previste dalla direttiva, oppure nel caso in cui venga provata l’equipollenza di fatto tra la specializzazione frequentata e quelle conformi alla normativa comunitaria. La Corte ha sottolineato che il riconoscimento ministeriale successivo di un’equipollenza, quale quello disposto con il decreto del 31 ottobre 1991, non può produrre effetti retroattivi, non essendo previsto alcun obbligo di diritto intertemporale in tal senso. Inoltre, ha chiarito che l’articolo 8 della direttiva 75/363/CEE, nel prevedere la possibilità per gli Stati membri di riconoscere o meno diplomi di specializzazione non conformi alle direttive, non imponeva obblighi di conformazione ma lasciava agli Stati membri una mera facoltà.
La Corte ha evidenziato che la direttiva aveva l’obiettivo di armonizzare solo determinate specializzazioni e non di includere automaticamente altre specializzazioni nazionali nell’elenco di quelle remunerabili. L’onere di provare l’equipollenza, quale elemento costitutivo della domanda risarcitoria, ricade quindi sul ricorrente, e l’eventuale mancato riconoscimento di tale equipollenza non può essere imputato come un inadempimento dello Stato italiano rispetto al diritto dell’Unione europea.
Nel caso concreto, la Corte ha rilevato che nessuno dei ricorrenti aveva fornito prova dell’equipollenza di fatto delle proprie specializzazioni con quelle previste dalla direttiva e che, pertanto, non sussistevano i presupposti per accogliere le domande risarcitorie. La sentenza ribadisce un orientamento consolidato secondo cui il risarcimento per tardiva attuazione delle direttive europee in materia di retribuzione dei medici specializzandi è subordinato a una verifica rigorosa della conformità o dell’equipollenza delle specializzazioni frequentate con quelle individuate dalla normativa comunitaria, senza possibilità di applicazioni retroattive di atti normativi nazionali successivi.