Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione I, con la sentenza n. 3864 del 2024, ha esaminato una controversia relativa all’applicazione del project financing nell’ambito della concessione di servizi, ponendo l’accento sulle differenze strutturali tra concessione e appalto. Il Collegio ha chiarito che, nell’appalto di servizi, il rapporto sinallagmatico si realizza esclusivamente tra l’amministrazione e l’appaltatore, con il rischio economico interamente gravante sull’amministrazione, che remunera l’appaltatore con un compenso predeterminato. Al contrario, nella concessione di servizi, caratterizzata da una struttura trilaterale, il concessionario instaura rapporti negoziali diretti con l’utenza finale, traendo da questa la propria remunerazione e assumendo su di sé il rischio operativo derivante dalle fluttuazioni della domanda o dall’insolvenza dell’utenza. Tale rischio rappresenta un elemento essenziale del modello concessorio, insieme al rischio d’impresa.
Nel caso in esame, è stato contestato l’uso del project financing per una concessione di servizi che non prevedeva la realizzazione di opere, in apparente violazione dell’art. 183, commi 1 e 15, del d.lgs. n. 50/2016. Tuttavia, il TAR ha escluso che tale violazione integri un vizio di nullità del provvedimento amministrativo. La nullità, essendo una forma di invalidità particolarmente grave, richiede che il vizio sia auto-evidente e immediatamente riscontrabile. In questo caso, l’analisi dell’inferenza tra servizio e realizzazione di opere non risulta evidente in modo diretto, e la disciplina normativa è stata successivamente modificata dal d.lgs. n. 36/2023, che ha introdotto una maggiore flessibilità nella possibilità di ricorrere al project financing per concessioni di servizi puri.
Inoltre, il Collegio ha affermato che la stipula di un contratto di concessione che eluda lo schema negoziale del project financing, azzerando il rischio operativo del concessionario, è affetta da nullità per illiceità della causa, ai sensi dell’art. 1344 c.c. Un simile contratto, che garantisca al privato risultati economici certi e contrari alle logiche concorrenziali, si pone in contrasto con i principi normativi che regolano le concessioni e la finanza di progetto. Tuttavia, la nullità del contratto non si estende automaticamente agli atti amministrativi della fase pubblicistica, che restano soggetti a un regime di invalidità autonomo.
Infine, il TAR ha affrontato il tema dell’onere di immediata impugnazione degli atti della prima fase del project financing, specificando che tale obbligo sorge solo nel caso in cui il ricorrente faccia valere un interesse diretto a essere riconosciuto come promotore del progetto. Diversamente, qualora l’impugnazione riguardi la legittimità complessiva della procedura per carenza dei presupposti sostanziali, l’interesse a ricorrere si concentra nella seconda fase di selezione del concessionario, svolta secondo le regole dell’evidenza pubblica. La sentenza offre così un’importante precisazione sui rapporti tra le fasi procedurali del project financing e sul regime di invalidità degli atti e dei contratti derivanti da eventuali deviazioni rispetto ai principi fondamentali della materia.
Pubblicato il 21/11/2024
- 03864/2024 REG.PROV.COLL.
- 00337/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 337 del 2024, proposto da – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG – OMISSIS -, rappresentata e difesa dall’avvocato Riccardo Anania, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
contro
l’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico “G. Rodolico-San Marco” di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gianfranco Scoglio, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;
nei confronti
della – OMISSIS -., – OMISSIS -, – OMISSIS – S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Michele Perrone, Paola Cruciano e Angelo Michele Benedetto, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;
per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia:
unitamente a tutti gli atti preordinati conseguenziali e connessi:
– di tutti gli atti della gara indetta dall’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico “Gaspare Rodolico-San Marco” con la delibera n. 2298 del 30.10.2023, avente ad oggetto “Affidamento in concessione quindicennale mediante Project Financing del servizio di ristorazione degenti e mensa dell’A.O.U. Policlinico G. Rodolico-San Marco con adeguamento e potenziamento del centro cottura” – CIG: – OMISSIS – – CUP: I64E23001630002;
ed in particolare:
– del Bando di gara, pubblicato in data 10 gennaio 2024, e relativi allegati
– del Disciplinare di gara e relativi allegati;
– della relazione a firma del Direttore dell’U.O.C. settore acquisti e logistica, dell’A.O.U. Policlinico “Gaspare Rodolico – San Marco”, prot. 32443 del 12 giugno 2023 e relativi allegati;
– delle delibere dell’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico – San Marco” n. 1732 del 29.07.2022 e n. 2577 del 23.11.2022 e n. 2610 del 28/11/2022 e relativi allegati;
– della delibera dell’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico – San Marco” n. 1422 del 28.6.2023, recante ad oggetto: “concessione dei servizi per la ristorazione e la mensa dell””A.O.U. Policlinico “G. Rodolico – San Marco”, realizzazione nuovo centro cottura – periodo 2022 – 2034 (con possibile proroga di ulteriori 18 mesi a richiesta della Stazione Appaltante) mediante finanza di progetto di cui all’art. 183 del d.lgs. 50/2016. Dichiarazione pubblico interesse” e successiva rettifica (delibera n. 1534 del 12 luglio 2023);
– della delibera dell’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico-San Marco” n. 2298 del 30.10.2023, recante ad oggetto: “indizione procedura aperta, in modalità telematica, ai sensi dell’art. 25 del Codice, mediante la piattaforma di e-procurement “Appalti&Contratti”, per l’affidamento in concessione, mediante project financing su iniziativa privata con diritto di prelazione a favore del promotore costituenda ATI – OMISSIS -. (mandataria) e – OMISSIS – e – OMISSIS – S.r.l. (mandanti), ai sensi degli artt. 71 e 193 del d.lgs. n. 36/2023, dei servizi per la ristorazione e la mensa dell’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico-San Marco”, realizzazione nuovo centro cottura, per quindici anni decorrenti dal verbale di consegna, con possibile proroga di ulteriori 18 mesi a richiesta della Stazione Appaltante, per un importo complessivo della concessione di € 79.999.191,71 IVA esclusa, da aggiudicare mediante offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell””art.108 comma 2 del citato d.lgs. n. 36/2023” e relativi allegati;
– della delibera dell’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico – San Marco” n. 2740 del 21.12.2023, recante ad oggetto: “approvazione atti di gara della procedura aperta, indetta con deliberazione n.2298 del 30/10/2023, per l’affidamento in concessione, mediante project financing su iniziativa privata con diritto di prelazione a favore del promotore costituenda ATI – OMISSIS – Srl (mandataria) e – OMISSIS – SpA e – OMISSIS – (mandanti), dei servizi per la ristorazione e la mensa dell’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico – San Marco”, realizzazione nuovo centro cottura, per quindici anni decorrenti dal verbale di consegna” e relativi allegati;
– ove occorra, delle delibere n. 1732/2022, n. 2577/2022 e n. 2610/2022;
– dei comunicati del RUP in data 9.1.2024, 29.1.2024 e dell’avviso in data 6.2.2024 (recante proroga del termine per la ricezione delle offerte).
e conseguentemente
affinché voglia accertarsi e dichiararsi la totale illegittimità della procedura di gara di cui sopra, con ogni conseguente statuizione.
Con riserva di separata azione per il risarcimento per equivalente monetario, nei termini ex art. 30 co. 5 c.p.a.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’A.O.U. Policlinico G. Rodolico – San Marco Catania e della – OMISSIS -. e della – OMISSIS – e di – OMISSIS – S.r.l.;
Vista l’ordinanza n. 88/2024 del 28 febbraio 2024;
Vista l’ordinanza istruttoria n. 1404/2024 del 12 aprile 2024;
Vista l’ordinanza ex art. 73, comma 3, c.p.a. n. 2693/2024 del 26 giugno 2024;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 ottobre 2024 il dott. Calogero Commandatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 9 febbraio 2024 e depositato il successivo 21 febbraio 2024, la società ricorrente ha impugnato la procedura aperta indetta dall’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico-San Marco” per l’affidamento in concessione, mediante project financing su iniziativa privata, dei servizi per la ristorazione degenti e la mensa della predetta Azienda Ospedaliera con adeguamento e potenziamento del centro cottura nel comune di Catania per 15 (quindici) anni con possibile proroga di 18 (diciotto) mesi per un importo complessivo della concessione, posto a base d’asta di € 79.999.191,71 IVA esclusa, rappresentando:
– di essere l’attuale gestore del servizio, in quanto membro della RTI con le società – OMISSIS – s.p.a. – OMISSIS – e – OMISSIS -, aggiudicatario, con delibera n. 1137 del 29/09/2011;
– che, con deliberazione n. 2298 del 30.10.2023, l’amministrazione intimata ha disposto l’indizione di una procedura di affidamento in concessione mediante finanza di progetto della “gestione del servizio di ristorazione degenti e mensa dell’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico-San Marco”;
– che, con deliberazione n. 2740 del 21.12.2023 sono stati approvati gli atti di gara della procedura aperta indetta con la citata deliberazione n. 2298 del 30 ottobre 2023.
Avverso tali provvedimenti, la parte ricorrente ha interposto il presente gravame articolando i seguenti motivi:
1) Violazione e/o falsa applicazione artt. 176 e ss. nonché dell’art. 193 e ss. del d.lgs. n. 36/2023 – violazione dei principi di buon andamento, imparzialità e libera concorrenza di cui all’art. 97 della costituzione – violazione del principio dell’accesso al mercato di cui all’art. 3 del d.lgs. 36/2023.
2) Violazione e/o falsa applicazione artt. 176 e ss. nonché dell’art. 193 e ss. del d.lgs. n. 36/2023 sotto ulteriore profilo – palese insussistenza delle ragioni di interesse pubblico – eccesso di potere per sviamento – contraddittorietà e perplessità.
In sintesi, con tali motivi, la parte ricorrente ha contestato, in radice, la possibilità di qualificare il servizio come concessione, dovendosi necessariamente ricondurre all’appalto di servizi con impossibilità di affidamento tramite project financing.
Nel secondo motivo si sottolinea, in particolare, l’assenza di un rischio operativo traslato in capo al concessionario così come emergente agli artt. 9 e 11 della bozza di Convenzione.
3) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 193 del d.lgs. 36/2023 – violazione dei principi di buon
andamento, imparzialità e libera concorrenza di cui all’artt. 97 della Costituzione – Violazione del
principio dell’accesso al mercato di cui all’art. 3 del d.lgs. 36/2023 sotto ulteriore profilo.
Con tale motivo, parte ricorrente contesta la legittimità del disciplinare di gara nella parte in cui richiede ai concorrenti un livello di progettazione ulteriore a quello di fattibilità previsto dall’art. 193 del d.lgs. n. 36/2023.
4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 193 del d.lgs. 36/2023 sotto ulteriore profilo – violazione dei principi di buon andamento, imparzialità e libera concorrenza di cui all’art. 97 della Costituzione – palese irrazionalità dello studio di fattibilità e dell’ipotesi progettuale posta a base di gara, in quanto
gli atti di gara non consentirebbero, in concreto, ai concorrenti diversi dal proponente, la possibilità di formulare liberamente delle valide ed alternative proposte di fattibilità rispetto a quella posta a base di gara, giacché il Disciplinare di gara (all’art. 16) impone a pena di esclusione, la presentazione di un “… progetto tecnico-gestionale del servizio offerto articolato con i medesimi paragrafi di quello presentato dal soggetto proponente (allegato b.4) al fine di facilitarne il confronto…”.
Si è costituita in giudizio la proponente – OMISSIS – che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Si è costituita in giudizio, l’amministrazione intimata che ha evidenziato:
– che la società ricorrente fosse già a conoscenza della disponibilità dell’Azienda resistente di valutare proposte di affidamento in concessione del servizio attraverso la procedura di project financing ex art. 183 del d.lgs. n. 50/2016 all’epoca vigente stante la regolare comunicazione nei suoi confronti – cui non è seguita alcuna attività processuale – della nota prot. n. 20062 dell’Azienda in data 11.04.2022, portante: a) l’autorizzazione della C.U.C. alla procedura; b) la presentazione di un’istanza da parte di un operatore economico sottesa ad acquisire le necessarie informazioni aziendali per valutare l’opportunità di presentare una proposta di realizzazione del servizio ristorazione e mensa attraverso l’istituto del project financing.; c) la volontà dell’Azienda di valutare eventuali proposte di project financing.
Tanto premesso, l’amministrazione resistente ha eccepito l’inammissibilità/improcedibilità del ricorso, relativamente ai motivi I, II e IV per mancata impugnativa, nel termine decadenziale di cui all’art. 29 c.p.a. della delibera n. 1422 del 28 giugno 2023, modificata parzialmente dalla deliberazione n. 1534 del 12 luglio 2023, con le quali è stato manifestato il riconoscimento del pubblico interesse sulla proposta come presentata dal promotore ed è stato approvato il progetto di fattibilità, pertanto inserito nella programmazione dell’ente. Tali provvedimenti, in quanto autonomamente lesivi, non sono stati impugnati con conseguente inammissibilità del ricorso nella parte in cui è volto a contestare l’utilizzabilità dello strumento del project financing, per l’affidamento in concessione del servizio di ristorazione ospedaliera (motivo I e II), e la scelta adottata dall’Amministrazione (motivo IV). Aggiunge altresì l’amministrazione resistente come il ricorso sia altresì inammissibile stante l’assenza di clausole escludenti la partecipazione.
In ogni caso, la difesa dell’amministrazione resistente ha rilevato l’infondatezza dei motivi articolati.
Successivamente, l’amministrazione ha depositato documentazione e la contro-interessata ha depositato una memoria con cui ha sottolineato l’infondatezza del ricorso, rilevando, anch’essa, l’irricevibilità del gravame per tardività con riferimento, quanto meno, ai motivi I, II, e IV non essendo stati impugnati ritualmente la richiamata deliberazione n. 1422 del 28.6.2023 pubblicata all’albo pretorio dell’Azienda sanitaria sin dal 2 luglio 2023, né la deliberazione n. 2298 del 30.10.2023 – con cui l’amministrazione resistente ha disposto l’indizione della gara – pubblicata nell’albo pretorio in data 1° novembre 2023.
All’esito dell’udienza camerale del 28 febbraio 2024, il Tribunale, con ordinanza n. 88/2024 del 29 febbraio 2024, di cui non consta appello, ha rigettato l’istanza cautelare, compensando le spese di fase.
Con successiva ordinanza n. 1404/2024 del 10 aprile 2024 resa all’esito dell’udienza pubblica del 9 aprile 2024, il Tribunale ha richiesto all’amministrazione resistente di produrre in giudizio documentati chiarimenti in ordine a tutti gli adempimenti inerenti alle modalità di pubblicazione della deliberazione n. 1422 del 28.6.2023 e della modifica parziale portata dalla deliberazione n. 1534 del 12.07.2023, nonché della deliberazione n. 2298 del 30.10.2023.
L’amministrazione ha riscontrato tale ordinanza depositando in atti – in data 29 aprile 2024 – l’attestazione di avvenuta pubblicazione sull’Albo pretorio on-line.
Con memoria depositata l’8 giugno 2024, la società ricorrente ha ribadito la tempestività dell’impugnazione rilevando come:
– l’Amministrazione non abbia affatto comprovato l’effettiva pubblicazione sul suo all’Albo pretorio online delle delibere n. 1422 del 28.6.2023, n. 1534 del 12.07.2023 e n. 2298 del 30.10.2023;
– il termine per impugnare l’avviso di gara pubblicato sulla G.U.U.E. – TED in data 3 gennaio 2024 è irrituale, dovendosi applicare ai sensi dell’art. 27 del d.lgs. n. 36/2023 il regime di pubblicità connesso alla pubblicazione nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici.
Con riferimento inoltre alle delibere n. 1422 del 28.6.2023 e la rettifica di cui alla delibera n. 1534 del 12 luglio 2023, parte ricorrente non solo ribadisce l’assenza di prova della loro rituale pubblicazione nell’albo pretorio, ma, in ogni caso, ne rileva la valenza puramente endoprocedimentale, giacché l’autonoma lesività di tali provvedimenti è stata predicata solo: a) nel caso in cui l’individuazione del soggetto promotore sia stata oggetto di una procedura di evidenza pubblica (Cons. Stato, sez. V., n. 5501/2019); b) per coloro che abbiano presentato proposte concorrenti in relazione alla medesima opera pubblica (Cons. Stato, Ad. plen., 28 gennaio 2012, n. 1).
Nel caso di specie, prospetta la ricorrente come nessuna comunicazione sia stata effettuata nei suoi confronti, né tantomeno l’Amministrazione resistente abbia proceduto alla scelta del promotore e al relativo progetto in base ad una procedura selettiva ad evidenza pubblica, che è stata indetta con la deliberazione n. 2298 del 30 ottobre 2023.
Aggiunge altresì la società ricorrente come nel ricorso introduttivo, oltre a censurare la fittizia operazione di project financing (che assume trattasi di un appalto di servizi mascherato da project), siano state contestate anche le concrete modalità con le quali è stata congegnata l’operazione di finanza di progetto di cui trattasi; dette modalità sono state chiarite ed emergono solo dal bando e dai suoi allegati.
Così, nell’ambito del secondo motivo, ad esempio, è stato dedotta la violazione dell’art. 177, del d.lgs. 36/2023, anche in relazione al fatto che la lex di gara, ed in particolare gli artt. 9, 11 e 32 dello schema di Convenzione (allegato “b.2_bozza di convenzione”), documento allegato al bando di gara e facente parte della lex specialis, non prevedono il trasferimento in capo al concessionario del rischio operativo.
Con memoria depositata il 10 giugno 2024 e con successiva memoria di replica depositata il 15 giugno 2024, la controinteressata ha escluso la valenza endoprocedimentale delle delibere n. 1422 del 28.6.2023, n. 1534 del 12.7.2023 e n. 2298 del 30.10.2023, aventi la chiara valenza di manifestare la volontà dell’Amministrazione di procedere all’affidamento del servizio di ristorazione ospedaliera mediante project financing, con conseguente tardività di tutte le censure volta a contestare la legittimità di siffatta scelta operata a monte dall’Azienda, assumendo come la pubblicazione delle predette sull’albo pretorio on line implichi la decorrenza del termine di impugnazione (Cons. Stato, n. 2525 del 2022) e rilevando l’indubbio il valore certificativo della documentazione prodotta dall’Azienda – in ottemperanza all’ordinanza istruttoria del Tribunale – con il provvedimento prot. n. 23895 del 23.4.2024, che, in disparte il tenore letterale, conferma la pubblicazione delle citate delibere sull’Albo Pretorio on-line.
Con ordinanza n. 693/2024, il Collegio ex art. 73, comma 3, c.p.a. ha sottoposto alle parti le seguenti questioni:
“Ritenuto che:
– tra le parti sussiste contestazione in ordine alla qualificazione in termini di appalto o di concessione del servizio di ristorazione ospedaliera oggetto della procedura di project financing la cui prima fase – conclusasi con la delibera n. 1422 del 28 giugno 2023, modificata parzialmente dalla deliberazione n. 1534 del 12 luglio 2023 – si è svolta ratione temporis nella vigenza dell’art. 183 del d.lgs. n. 50/2016;
– la giurisprudenza si è espressa in ordine alla nullità del contratto di concessione ex art. 1344 c.c. stipulato in carenza di un rischio operativo (T.a.r. per la Sardegna n. 213 del 2011);
– nel caso che ci occupa, si verte nell’ambito dell’affidamento in concessione, mediante project financing su iniziativa privata, dei servizi per la ristorazione degenti e la mensa della predetta Azienda ospedaliera con adeguamento e potenziamento del centro cottura nel comune di Catania per 15 (quindici) anni con possibile proroga di 18 (diciotto) mesi;
– il Collegio dubita della possibilità di ricondurre tale operazione nell’ambito del project financing come regolato ratione temporis dall’art. 183 del d.lgs. n. 50/2016 poiché – diversamente da quanto previsto dall’art. 193 del d.lgs. n. 36/2023 – tale strumento era previsto solo per l’affidamento di “lavori pubblici” o di “lavori di pubblica utilità”, con ciò dovendosi ritenere la necessaria presenza della componente “lavori” (e, pertanto della realizzazione di opere) anche qualora si discuta della concessione di servizi pubblici (T.R.G.A., Bolzano, n. 23/2019), costituendo la realizzazione dell’opera un presupposto indefettibile di tale tipologia di contratto, invero, concepito come modalità alternativa di finanziamento di opere ed impianti strumentali all’esercizio di servizi pubblici oggetto di concessione;
– parimenti all’assenza del rischio operativo, nel caso d’impossibilità di ricondurre il PF nell’alveo dell’ipotesi contemplate dall’art. 183 del d.lgs. n. 50/2016, il Collegio nutre il dubbio che tale contratto possa essere nullo ex art. 1344 c.c. o per impossibilità giuridica dell’oggetto o per contrasto con norma imperativa ex art. 1418 c.c.;
– la qualificazione in termini di nullità del contratto di concessione si riflette altresì sulle valutazioni in ordine alla tempestività del ricorso e sulla possibilità di rilevare tale vizio anche dopo la chiusura della prima fase si selezione del progetto;”.
A fronte di tale dubbio, con memoria depositata il 30 agosto 2024 l’amministrazione resistente ha dedotto che:
– il costo dell’investimento strutturale (lavori e forniture impianti) è pari ad € 4.598.965,72 come emerge dal PEF, cosicché il servizio di ristorazione è connesso alla realizzazione del centro cottura ed alla scelta dell’Amministrazione di procedere direttamente (tramite il concessionario) alla produzione degli alimenti, dei pasti ed alla distribuzione ai pazienti ed al proprio personale;
– il bando di gara per la scelta del contraente è stato pubblicato il 10 gennaio 2024 successivamente, pertanto, alla data obbligatoria di entrata in vigore del nuovo Codice (1 luglio 2023), e – richiamando all’uopo la delibera ANAC n. 198 del 14 aprile 2024, “tenuto conto delle novità recate dal Nuovo Codice alla finanza di progetto, ricondotta nella disciplina generale delle concessioni (nel senso sopra indicato) e del regime transitorio previsto dall’art. 226 del d.lgs. n. 36/2023, le disposizioni dettate da tale decreto legislativo trovano applicazione per tutte le procedure di affidamento, inclusa la finanza di progetto, indette successivamente al 1 luglio 2023. Non rileva quindi, sulla base del dato letterale della norma de qua la sola presentazione di una proposta da parte del soggetto privato, ai sensi dell’art. 183 del [d.lgs.] n. 50/ 2016 prima della data sopra indicata, ai fini dell’applicabilità del predetto [d.lgs.] n. 50/2016 all’intera procedura della finanza di progetto che ne consegue, non essendo contemplata tale ipotesi tra i “procedimenti in corso” che ricadono nel previgente assetto, secondo le indicazioni dell’art. 226 comma 2 del [d.lgs.] n. 36/ 2023” – ha sottolineato come il project financing sia ammesso, anche nella sola ipotesi di concessione dei servizi, dall’art. 193 d.lgs. n. 36/2023;
– come, in ogni caso, anche il precedente art. 180, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 consentiva – come nel caso in esame – l’affidamento dei servizi connessi all’opera pubblica da realizzare, segnatamente, il centro di cottura e che, in ogni caso, l’art. 179, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 50/2016 prevedeva che “Alle procedure di affidamento di cui alla presente parte si applicano le disposizioni di cui alla parte I, III, V e VI, in quanto compatibili.” e che “Le disposizioni della presente parte si applicano, in quanto compatibili, anche ai servizi”.
La contro-interessata ha depositato un parere sull’esistenza di un rischio operativo e ha evidenziato come anche nella vigenza del precedente codice fosse possibile il ricorso alla finanza di progetto per la concessione di servizi citando all’uopo il T.a.r. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 21 luglio 2023, n. 235.
Parte ricorrente ha depositato memorie ex art. 73, comma 1, c.p.a.
All’udienza del 2 ottobre 2024, presenti i difensori delle parti, il Collegio ha posto la causa in decisione.
In via pregiudiziale, deve rigettarsi l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dall’amministrazione resistente e dalla controinteressata con riferimento al bando di gara poiché per l’art. 27 del d.lgs. n. 36/2023 – applicabile al caso di specie per quanto infraesposto – il termine d’impugnazione del bando decorre dalla pubblicazione nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici e non già dalla pubblicazione nella G.U.U.E. valida solo per gli avvisi e bandi pubblicati entro il 31 dicembre 2023 (v. art. 225 del d.lgs. n. 36/2023).
Nel caso che ci occupa, il bando nella G.U.U.E. è stato pubblicato il 3 gennaio 2024 e solo il 10 gennaio 2024 nella banca dati prevista dall’art. 27 del d.lgs. n. 36/2023, sicché il gravame avverso il bando è da considerarsi tempestivo poiché proposto nel termine di cui all’art. 120 c.p.a.
Ciò posto, il ricorso è fondato e va accolto nei sensi infraprecisati.
In via preliminare, occorre ricordare come, di recente, questa Sezione abbia ribadito che (T.a.r. per la Sicilia, sez. I, 29 aprile 2024, n. 1557):
– la procedura di project financing si sviluppa in due serie procedimentali strutturalmente autonome ma biunivocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale, la prima di selezione del progetto di pubblico interesse e la seconda di gara ad evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità (la seconda serie è distinta nelle subfasi di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e di eventuale esercizio da parte del promotore del diritto di prelazione): cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 2023, n. 9210;
– la fase preliminare di individuazione del promotore, ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, tale da non potere essere resa coercibile nel giudizio amministrativo di legittimità, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore: cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2023, n. 1065;
– la scelta del promotore di una procedura di finanza di progetto non è un modulo di confronto concorrenziale sottoposto al principio delle procedure di evidenza pubblica, quanto piuttosto uno strumento tramite il quale l’amministrazione definisce di concerto con il privato un obiettivo di interesse pubblico da realizzare; ciò appare tanto più vero ove si consideri che l’amministrazione, anche una volta dichiarata di pubblico interesse la proposta del privato e individuato il promotore, non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della concessione, non creandosi alcun vincolo per l’amministrazione e, corrispondentemente, enucleandosi una mera aspettativa (non giuridicamente tutelata) in capo al privato, condizionata dalle valutazioni di esclusiva pertinenza dell’amministrazione in ordine alla opportunità di contrattare sulla base della proposta: (cfr. T.a.r. per la Lombardia, sez. I, 23 ottobre 2023, n. 2418).
In sintesi, la giurisprudenza ha da tempo chiarito che nel caso di project financing ricorre un’ipotesi di procedimento a formazione progressiva che si realizza mediante due serie procedimentali strutturalmente autonome, ma biunivocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale, la prima di selezione del progetto di pubblico interesse, la seconda di gara di evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità, quest’ultima a sua volta distinta nelle subfasi di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e di eventuale esercizio da parte del promotore del diritto di prelazione.
Tali fasi procedimentali sono dotate di specifica autonomia (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 1/2012; Cons. Stato, sez. V, n. 1872/2015), essendo ciascuna separata dalla successiva e contraddistinta dall’adozione di un provvedimento che la chiude in modo definitivo (tanto da essere impugnabile in sede giurisdizionale) e che costituisce – a sua volta – il presupposto sul quale si innesta la fase successiva.
In tale tipologia di procedimento, distinto per fasi, ciascuna separata dall’altra, non è ipotizzabile il ritorno alla fase precedente, ormai conclusa in via definitiva (Cons. Stato, sez. III, 15 maggio 2018, n. 2883).
Tale premessa è necessaria anche al fine di comprendere l’applicazione dell’art. 226 del d.lgs. n. 36/2023 nella parte in cui “2. A decorrere dalla data in cui il codice acquista efficacia ai sensi dell’articolo 229, comma 2 [1° luglio 2023], le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso. A tal fine, per procedimenti in corso si intendono: a) le procedure e i contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia; b) in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, le procedure e i contratti in relazione ai quali, alla data in cui il codice acquista efficacia, siano stati già inviati gli avvisi a presentare le offerte; c) per le opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione, oggetto di convenzioni urbanistiche o atti assimilati comunque denominati, i procedimenti in cui le predette convenzioni o atti siano stati stipulati prima della data in cui il codice acquista efficacia;
- d) per le procedure di accordo bonario di cui agli articoli 210 e 211, di transazione e di arbitrato, le procedure relative a controversie aventi a oggetto contratti pubblici, per i quali i bandi o gli avvisi siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia, ovvero, in caso di mancanza di pubblicazione di bandi o avvisi, gli avvisi a presentare le offerte siano stati inviati prima della suddetta data.”
L’art. 229 del d.lgs. n. 36/2023 prevede al primo comma che “1. Il codice entra in vigore, con i relativi allegati, il 1° aprile 2023” al secondo comma che “2. Le disposizioni del codice, con i relativi allegati, acquistano efficacia il 1° luglio 2023.”
Nel caso che ci occupa, la prima fase del PF si è svolta interamente sotto il vigore del precedente codice (il d.lgs. n. 50/2016) giacché l’atto conclusivo è portato dalla delibera n. 1422 del 28 giugno 2023 (pubblicata all’albo pretorio dell’Azienda sanitaria sin dal 2 luglio 2023).
E invero, in ragione della suesposta autonomia di ogni fase, l’intera fase di selezione del progetto di pubblico interesse si è svolta – in ragione del principio tempus regit actum – sotto l’egida del codice del 2016, mentre correttamente (come evidenziato nel parere ANAC citato dall’amministrazione resistente), la seconda fase ove svoltasi successivamente soggiace alla disciplina portata dal d.lgs. n. 36/2023.
In altre parole, il parere ANAC sopracitato conferma l’assunto dell’autonomia delle due fasi del PF, sottolineando l’assenza di influenza del regime giuridico della prima fase rispetto alla seconda con la conseguente impossibilità di qualificarli come “unico procedimento in corso”.
Ne consegue che, per tale “prima fase”, nel procedimento in oggetto deve trovare integrale applicazione l’art. 183, commi 1 e 15, del d.lgs. n. 50/2016, che esclude la possibilità di ricorrere alla finanza di progetto quando si discuta di concessioni di servizi “pure” in cui non sia contemplata la realizzazione di opere.
Né tali argomentazioni appaiono smentite dall’art. 183, comma 16, del d.lgs. n. 50/2016 secondo cui “la proposta di cui al comma 15, primo periodo, può riguardare, in alternativa alla concessione, tutti i contratti di partenariato pubblico privato”.
Ad avviso del Collegio, tale inciso consente l’applicabilità dello schema procedimentale del PF non solo alla concessione, ma a tutti i contratti di partenariato pubblico privato, non prevedendo però una generalizzata estensione anche ai servizi, rimanendo invece delimitato l’oggetto, in ogni caso, ai lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità.
E invero, “ Le suddette indicazioni ermeneutiche hanno trovato significativo avallo giurisprudenziale nella sentenza del TAR del Lazio, Sezione II, n. 3475 del 28.03.2018 (passata in giudicato ed ampiamente richiamata nella memoria di replica PAB depositata il 17.04.2018), la quale ha confermato la linea interpretativa proposta dall’ANAC, negando l’ammissibilità dell’affidamento in concessione a mezzo di project financing del “semplice” servizio di trasporto pubblico locale, così come previsto nella proposta presentata dall’istituendo raggruppamento temporaneo SAD – LIBUS.
Detta proposta si riferisce, infatti, ad un servizio che – prima facie – non richiede la realizzazione di nuovi impianti o infrastrutture e non necessita, quindi “di un preciso e ben individuato coinvolgimento di “risorse private”, atto ad attuare quel contemperamento tra le esigenze di interesse pubblico e la redditività del capitale di investitori interessati all’operazione tipico del “Partenariato pubblico privato” (v. sent. TAR Lazio, Sez. II, sent. n. 3475/2018 cit.).
A favore dell’indirizzo interpretativo suddetto depone, altresì, lo stesso dato normativo testuale che definisce lo strumento del PF come deputato all’affidamento di “lavori pubblici” o di “lavori di pubblica utilità”, a dimostrazione della necessaria presenza della componente “lavori” (e, pertanto della realizzazione di opere) anche quando si discute della concessione di servizi pubblici (v. art. 183, c. 1 e 15 del D. Lgs. n. 50/2016). (T.r.g.a per il Trentino Alto-Adige, Bolzano, 5 febbraio 2019, n. 23).
Anche il precedente citato dall’amministrazione (T.a.r. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 21 luglio 2023, n. 235) prevedeva un servizio di gestione connesso alla realizzazione di un’opera (in quel caso “servizio di energia termica ed elettrica e all’efficientamento energetico degli edifici del comune di Castel San Giovanni”), in cui il servizio implicava anche la realizzazione delle opere che sarebbero rimaste acquisite all’ente pubblico e non meramente serventi all’espletamento del servizio.
Tale ricostruzione è stata altresì confermata dall’ANAC che ha sottolineato come il modello della finanza di progetto debba essere finalisticamente diretto alla necessaria realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità, con la conseguenza che nei casi di contratti misti aventi ad oggetto concessioni di servizi e lavori pubblici occorre verificare la sussistenza delle due seguenti condizioni cumulativamente intese, e cioè se i lavori di realizzazione dell’infrastruttura (i) siano contemplati nel contratto e (ii) in caso di risposta positiva, se tali lavori siano connotati da un nesso di strumentalità
con il connesso servizio (delibera ANAC, 19 febbraio 2022, n. 4058).
Solo il nuovo codice del 2023 ha previsto all’art. 193, comma 1, in ossequio con l’obiettivo sancito dalla legge-delega, l’estensione del PF “alla realizzazione in concessione di lavori o servizi”.
Nella vigenza del secondo codice dei contratti pubblici, l’unico oggetto “possibile” del PF – ossia il bene dovuto così come astrattamente descritto dalla norma sopraindicata e concretamente declinato nella procedura – poteva esclusivamente consistere nell’esecuzione di lavori volti a realizzare nuove opere o a modificare, sotto il profilo estetico, strutturale e funzionale, quelle già esistenti e il cui servizio eventualmente gestito dal concessionario doveva caratterizzarsi per la sua strumentalità.
A prescindere dall’oggetto del PF deve ricordarsi che ogni rapporto di concessione previsto sia dal secondo sia dal terzo codice dei contratti pubblici presuppone il trasferimento del rischio operativo dalla P.A. al concessionario.
E invero, a mente dell’art. 3, del d.lgs. n. 50/2016 le «concessione di lavori» sono definite come «un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano l’esecuzione di lavori ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire le opere oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione delle opere;
- vv) «concessione di servizi», un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi”;
L’art. 177 del d.lgs. n. 36/2023, rubricato “contratto di concessione e traslazione del rischio operativo” prevede espressamente che “1. L’aggiudicazione di una concessione comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi e comprende un rischio dal lato della domanda dal lato dell’offerta o da entrambi. Per rischio dal lato della domanda si intende il rischio associato alla domanda effettiva di lavori o servizi che sono oggetto del contratto. Per rischio dal lato dell’offerta si intende il rischio associato all’offerta dei lavori o servizi che sono oggetto del contratto, in particolare il rischio che la fornitura di servizi non corrisponda al livello qualitativo e quantitativo dedotto in contratto.
- Si considera che il concessionario abbia assunto il rischio operativo quando, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una effettiva esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile. Ai fini della valutazione del rischio operativo deve essere preso in considerazione il valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario.
- Il rischio operativo, rilevante ai fini della qualificazione dell’operazione economica come concessione, è quello che deriva da fattori eccezionali non prevedibili e non imputabili alle parti. Non rilevano rischi connessi a cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali dell’operatore economico o a cause di forza maggiore.
- I contratti remunerati dall’ente concedente senza alcun corrispettivo in denaro a titolo di prezzo si configurano come concessioni se il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore dipende esclusivamente dalla domanda del servizio o del bene, oppure dalla loro fornitura. Nelle operazioni economiche comprendenti un rischio soltanto sul lato dell’offerta il contratto prevede che il corrispettivo venga erogato solo a fronte della disponibilità dell’opera, nonché un sistema di penali che riduca proporzionalmente o annulli il corrispettivo dovuto all’operatore economico nei periodi di ridotta o mancata disponibilità dell’opera, di ridotta o mancata prestazione dei servizi, oppure in caso di mancato raggiungimento dei livelli qualitativi e quantitativi della prestazione assunta dal concessionario. Le variazioni del corrispettivo devono, in ogni caso, essere in grado di incidere significativamente sul valore attuale netto dell’insieme dell’investimento, dei costi e dei ricavi.
- L’assetto di interessi dedotto nel contratto di concessione deve garantire la conservazione dell’equilibrio economico-finanziario, intendendosi per tale la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria. L’equilibrio economico-finanziario sussiste quando i ricavi attesi del progetto sono in grado di coprire i costi operativi e i costi di investimento, di remunerare e rimborsare il capitale di debito e di remunerare il capitale di rischio.
- Se l’operazione economica non può da sola conseguire l’equilibrio economico-finanziario, è ammesso un intervento pubblico di sostegno. L’intervento pubblico può consistere in un contributo finanziario, nella prestazione di garanzie o nella cessione in proprietà di beni immobili o di altri diritti. Non si applicano le disposizioni sulla concessione, ma quelle sugli appalti, se l’ente concedente attraverso clausole contrattuali o altri atti di regolazione settoriale sollevi l’operatore economico da qualsiasi perdita potenziale, garantendogli un ricavo minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere in relazione all’esecuzione del contratto. La previsione di un indennizzo in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’ente concedente, oppure per cause di forza maggiore, non esclude che il contratto si configuri come concessione.
- Ai soli fini di contabilità pubblica si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat. In ogni caso, l’eventuale riconoscimento di un contributo pubblico, in misura superiore alla percentuale indicata nelle decisioni Eurostat e calcolato secondo le modalità ivi previste, non ne consente la contabilizzazione fuori bilancio.”
Le definizioni soprariportate connotano la causa tipica del P.F. nonché dell’operazione economica sottesa al sistema concessorio (dovendosi ricondurre la finanza di progetto ad una modalità di finanziamento della concessione [Cons. Stato, sez. VI, 2 settembre 2013, n. 4355] così come emerge dal tenore letterale dell’art. 183, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 secondo cui il P.F. costituisce una modalità alternativa dell’affidamento di una concessione rispetto al sistema previsto dalla parte III del d.lgs. n. 50/2016 [rubricato “contratti di concessione] e così come chiarito nella relazione illustrativa del nuovo codice dei contratti pubblici che ha meglio precisato – rispetto al previgente codice – i rapporti tra concessione e finanza di progetto, non vertendosi nell’ambito di due tipi contrattuali diversi, “ma del medesimo contratto di concessione che può essere finanziato, sia in ‘corporate financing’, sia in ‘project financing’. In ragione delle peculiarità di tale ultima operazione economica (in cui la società di progetto isola il progetto e consente di schermarlo dai rischi operativi), sono state comunque riservate alla finanza di progetto norme specifiche in tema di aggiudicazione ed esecuzione del contratto [la finanza di progetto è così diventata un capitolo ‘interno’ alla disciplina della concessione]”), consistente nel trasferimento del rischio – nelle sue varie tipologie – in capo all’operatore economico privato, che assume, quindi, un rilievo fondamentale ai fini della qualificazione di un accordo fra un soggetto privato ed un soggetto pubblico, quale partenariato pubblico privato/concessione oppure quale appalto di servizi e ciò in armonia con la direttiva dell’Unione europea 2014/23/UE sui contratti di concessione, che, al “considerando” n. (18), stabilisce infatti che: “La caratteristica principale di una concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore”.
Nell’ordinamento italiano, sia la giurisprudenza amministrativa sia l’Autorità Anticorruzione (ANAC), anche con riferimento all’abrogato d.lgs. n. 163/2006, hanno sempre ribadito che l’allocazione del rischio distingue la concessione dal semplice appalto giacché quest’ultimo si caratterizza per il rapporto sinallagmatico intercorrente tra appaltante ed appaltatore ed il compenso di quest’ultimo grava interamente sull’appaltante; nella concessione, connotata da una dimensione trilaterale, il concessionario ha rapporti negoziali diretti con l’utenza finale, dalla cui richiesta di servizi trae la propria remunerazione.
È dunque, insito nel meccanismo causale della concessione che sia le fluttuazioni della domanda del servizio, sia l’alea dell’insolvenza dell’utenza costituisca un rischio traslato in capo al concessionario, anzi integri il rischio principale assunto dal concessionario assieme al rischio d’impresa (Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021, n. 2426).
Non sussiste pertanto il rischio anche qualora l’alea relativa alla gestione del servizio venga traslata dal gestore del servizio, in ultima istanza, sulla P.A., che assume e sopporta il rischio economico dell’attività.
Tali caratteristiche distintive tra concessione e appalto si rinvengono fin dalla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 e in precedenza dalla direttiva CEE n. 89/665/CE del Consiglio 21 dicembre 1989 e sono state chiaramente ribadite dalla Commissione europea in una sua comunicazione interpretativa del 2000 (comunicazione 12 aprile 2000, in G.U.C.E. 29 aprile 2000) che ha individuato i tratti peculiari (e necessariamente concorrenti) della concessione di servizi ove sussistano congiuntamente le seguenti caratteristiche:
– in primo luogo, il criterio della gestione e della remunerazione, giacché si ha concessione di servizi quando l’operatore assume i rischi di gestione del servizio rifacendosi sull’utente principalmente attraverso la riscossione di un qualsiasi tipo di canone. Il concessionario, a differenza dell’appaltatore, non viene remunerato dall’amministrazione, ma ottiene da quest’ultima il diritto di percepire i proventi derivanti dalla gestione;
– in secondo luogo, il criterio del trasferimento della responsabilità di gestione: il concessionario sostiene sia il rischio legato all’essere titolare di un’attività imprenditoriale, sia quello relativo alla gestione in concreto del servizio pubblico, effettuando “gli investimenti necessari perché l’opera possa utilmente essere messa a disposizione degli utenti” e sopportandone anche l’onere di ammortamento; per contro l’appaltatore ha la ‘certezza’ della remunerazione del servizio.
– infine, l’oggetto dell’attività svolta: nel caso di concessione di servizi pubblici l’attività generalmente rientra nella sfera di responsabilità dello Stato ed è oggetto di diritti esclusivi o speciali,
laddove l’appalto di servizi può avere ad oggetto prestazioni c.d. ‘semplici’, quali la pulizia dei locali, la manutenzione di impianti, ecc.
È sulla base di tali considerazioni che la sentenza 9 febbraio 2018, n. 386, la IV Sezione del T.a.r. per la Lombardia, ha escluso la possibilità di ricondurre al PF l’affidamento del servizio di “installazione, noleggio e manutenzione di dispositivi per la rilevazione delle infrazioni al codice della strada”, rilevando che in questo caso il contraente privato è di fatto remunerato esclusivamente dall’ente pubblico, secondo quindi lo schema negoziale tipico dell’appalto e non della concessione”, e sottolineando come l’«utilizzo dello schema della finanza di progetto in luogo di quello legittimo dell’appalto, finisca per cagionare una facile elusione delle norme sull’obbligo di gara e sulla tutela della concorrenza, considerato che il ricorso al diritto di prelazione di cui all’art. 183 del codice pone il promotore in una posizione di evidente vantaggio rispetto agli altri operatori, consentendogli la gestione del servizio per il lungo periodo indicato nella proposta originaria».
Alla luce di tali coordinate normative e interpretative deve evidenziarsi come l’operazione economica sottesa ai provvedimenti impugnati non possa configurarsi come un project financing poiché:
– avente ad oggetto “la gestione del servizio di ristorazione degenti e mensa dell’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico – San Marco” con adeguamento e potenziamento del centro cottura”
– “Il valore posto a base d’asta per l’affidamento in argomento è pari a € 79.999.191,71 IVA esclusa, determinato rispetto alla durata del contratto di appalto di seguito indicata e al prezzo della singola giornata alimentare dei degenti di € 18,00, IVA esclusa ed € 7,00 IVA esclusa per il pasto in mensa destinato al personale dipendente”;
– il predetto corrispettivo è corrisposto dall’amministrazione, non gravando in alcun modo sull’utenza che fisiologicamente utilizza tale servizio all’interno delle strutture ospedaliere (degenti e dipendenti), così dovendosi escludere sotto tale profilo l’esistenza di uno specifico rischio d’impresa (Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2020, n. 608);
– i lavori lato sensu previsti – ossia i) “la progettazione esecutiva e la verifica dei lavori funzionali al servizio, nonché, successivamente, il supporto alla direzione lavori ed il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione degli stessi; in particolare, il concessionario dovrà produrre un progetto esecutivo completo e verificato da soggetto terzo a ciò abilitato ai sensi di legge e incaricato dal concessionario a sue esclusive spese” ii) “l’esecuzione dei lavori funzionali al servizio” – non solo appaiono strettamente funzionali alla gestione del servizio, invertendo così il rapporto funzionale servente della gestione del servizio rispetto alla sostenibilità economica dei costi di realizzazione dell’opera, ma in ogni caso si caratterizzano per l’evidente marginalità economica rispetto al complessivo valore dell’operazione (investimenti complessivi pari a poco meno di 4 milioni di euro a fronte di un valore complessivo stimato di 103.998.942,22, IVA esclusa) e per l’assenza di qualsiasi utilità residua in capo alla P.A. poiché le strutture previste (realizzazione del centro cottura) appaiono soggette ad un’obsolescenza e ad una utilità residua finale irrilevante alla luce della durata del rapporto;
– non sussiste in alcun modo la traslazione del “rischio operativo” nei sensi sopraindicati che non può in alcun modo assimilarsi con i rischi elencati nel parere a firma del Prof. Ivo Allegro depositato in giudizio dalla controinteressata che mira a descrivere il mero “rischio d’impresa” connaturato ad ogni offerta economica e tecnica nell’ambito di ogni contratto che prevede forme di esecuzioni differita o periodica (es. art. 1664 c.c.);
– la bozza della convenzione all’art. 9 rubricato “trasferimento dei rischi” pur richiamando formalmente il “trasferimento in capo Concessionario del rischio operativo come definito dagli artt. 3, comma 1, lett. z) e 165, comma 1, del Codice dei contratti,” si limita a regolare le tradizionali forme di ripartizione dei rischi esistenti nei normali rapporti bilaterali (peraltro oggetto di una specifica clausola di rinegoziazione all’art. 11), dovendosi chiaramente sottolineare come il corrispettivo (art. 13 della bozza di convenzione) sia integralmente a carico dell’amministrazione;
– l’eventuale previsione di una royalty in capo all’amministrazione per l’utilizzo del centro cottura da parte del concessionario in favore di altre committenze costituisce una pattuizione accessoria (la cui effettiva attuazione si appalesa come eventuale), che non consente di incidere sulla causa concreta del rapporto indubbiamente riconducibile all’appalto di servizi.
Ciò posto, a fronte di tale evidente difformità tra il modello procedimentale prescelto dalla P.A. e i presupposti legittimanti l’utilizzo del P.F. appare necessario verificare:
– se tali vizi invalidanti siano da ricondurre nell’alveo della mera annullabilità o della nullità;
– se, in ogni caso, tali vizi si sarebbero dovuti prospettare con la tempestiva impugnazione del provvedimento conclusivo della prima fase del P.F. o, invece, con la tempestiva impugnazione del successivo bando coinvolgente la seconda fase.
Con riferimento al primo profilo – non potendo ripercorrere per ragione di sintesi l’ampia riflessione giurisprudenziale e dottrinale sulla distinzione tra nullità e annullabilità del provvedimento amministrativo – è sufficiente ricordare come, nel diritto amministrativo, la categoria della nullità abbia trovato puntuale codificazione nell’art. 21-septies nella l. 241 del 1990 (secondo cui “È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”), che, in omaggio ai principi di certezza dei rapporti giuridici e di stabilità degli assetti plasmati dagli atti amministrativi a tutela di interessi superindividuali, ne evidenzia la natura eccezionale e tipica così da costituire un numerus clausus (Cons. Stato, sez. III, 8 settembre 2014, n. 4538), non operando in maniera «virtuale» (come per le nullità civilistiche ex art. 1418, comma 1, c.c.), cioè in assenza di una norma che la preveda testualmente (Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2016, n. 882).
L’asserita natura meramente “testuale” della nullità del provvedimento amministrativo (sostanzialmente confermata [salvo isolate pronunce v. Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2011, n. 3039] dalla ventennale interpretazione giurisprudenziale [conf. ex multis Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2015, n. 2237, T.a.r. per la Sicilia, Catania, sez. I, 12 aprile 2012, n. 1006)] – con particolare riferimento alla c.d. “nullità strutturale” si declina diversamente rispetto al diritto civile in cui la carenza dei requisiti prevista dall’artt. 1418, comma 2, c.c. rimanda ad una disciplina puntuale e specifica contemplata dall’art. 1325 c.c., secondo cui i requisiti del contratto sono: l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto, la forma quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.
Seppure anche nell’ambito civilistico la giurisprudenza e la dottrina non siano concordi nell’interpretare il predetto elenco di cui all’art. 1325 c.c., è indubbio che tale questione assume una dimensione ancor più complessa e nebulosa nell’ambito del diritto amministrativo in cui non si rinviene una disposizione omologa a quella civilistica, rimettendo l’individuazione degli elementi essenziali del provvedimento amministrativo all’attività interpretativa.
Non a caso in dottrina si è segnalata la generale impossibilità di ricostruire una soddisfacente teorica della nullità del provvedimento amministrativo per carenza degli elementi essenziali, giacché ogni patologia riconducibile alle categorie civilistiche – con particolare riferimento all’assenza della volontà, all’impossibilità materiale e giuridica dell’oggetto, o alla carenza, allo sviamento o illiceità della causa – può essere sicuramente ricondotta nell’ambito dell’annullabilità per eccesso di potere o della mera inefficacia.
E invero la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, 3 ottobre 1911, già sottolineava come: “il sistema amministrativo non ammette la nullità d’ordine pubblico denunziabile in qualunque stato e grado della causa e rilevabile dallo stesso giudice di propria autorità”, perché “le leggi di giustizia amministrativa esigono che il ricorso sia prodotto entro un dato termine e che nel ricorso si specifichino i motivi di gravame” e perché altrimenti si giungerebbe alla “conseguenza esorbitante che la massima parte delle violazioni di norme amministrative, dettate appunto nel pubblico interesse, sarebbero in qualunque tempo denunziabili, mettendo così quasi nel nulla l’efficacia dei termini stabiliti per ricorrere”.
Tali considerazioni sono state riproposte anche dalla giurisprudenza più recente che sottolinea come le «note esigenze di certezza dell’azione amministrativa, che mal si conciliano con la possibilità che questa possa restare esposta ad impugnative non assoggettate a termini di decadenza o prescrizione quale quella di nullità disciplinata dal codice civile, tanto è vero che il codice del processo amministrativo assoggetta la medesima azione ad un preciso termine decadenziale, sebbene più ampio di quello valevole per l’azione di annullamento;
– sulla base di queste premesse, oltre alla nullità testuale ed a quella derivante da difetto di attribuzione, l’art. 21-septies l. n. 241/90 ha previsto la nullità dell’atto amministrativo nel caso in cui questo sia carente di un elemento essenziale;
– si tratta, sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 1418 c.c. per il contratto, in combinato con l’art. 1325 c.c., della c.d. nullità strutturale, ravvisabile nel caso in cui l’atto amministrativo sia privo di uno degli elementi necessari perché lo stesso possa essere giuridicamente qualificato come tale;
– l’essenza della nullità, infatti, risiede proprio nell’inconfigurabilità della fattispecie concreta rispetto a quella astratta, accertabile con pronuncia giudiziale meramente dichiarativa, donde i noti corollari della radicale inefficacia (da intendersi in senso ampio, quale inidoneità dell’atto a produrre gli effetti da esso tipicamente discendenti), della generale legittimazione all’impugnativa e della insuscettibilità di sanatoria attraverso convalida;
– trattandosi di patologia più grave rispetto all’ annullabilità, appare evidente come esso richieda una sua agevole conoscibilità in concreto, attraverso un mero riscontro estrinseco del deficit dell’atto rispetto al suo paradigma legale (ad es.: mancata indicazione dell’autorità emanante, assenza del dispositivo o della motivazione; mancanza assoluta, in senso strutturale, dell’oggetto);
– per contro, pur in assenza di una codificazione degli elementi strutturali dell’atto amministrativo, è nondimeno nota in subiecta materia la distinzione tra questi ed i requisiti di legittimità, i quali attengono invece al concreto svolgimento della funzione amministrativa sfociata nella determinazione provvedimentale, configurando quindi un’ipotesi di cattivo esercizio del potere, contro il quale è data la tradizionale azione di annullamento» (Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2012, n. 792).
Conformemente alle coordinate interpretative sopraindicate volte a limitare l’operatività della nullità alle sole ipotesi di un vizio dell’atto amministrativo non solo particolarmente grave, ma anche immediatamente riconoscibile, sulla base delle circostanze date e dell’ordinario apprezzamento.
Sulla base di tali coordinate non può ricondursi nell’alveo della nullità la violazione dell’art. 183, commi 1 e 15, del d.lgs. n. 50/2016, poiché l’analisi dell’inferenza del servizio alla realizzazione dell’opera non emerge come vizio auto-evidente, né tantomeno si atteggia come un’ipotesi di impossibilità assoluta dell’oggetto tenuto conto che la possibilità di ricorrere al PF per le concessioni di servizi è stata prevista nel terzo codice dei contratti pubblici.
Diverse appaiono, invece, le conclusioni con riferimento all’assenza della traslazione del “rischio operativo” e della configurabilità dei requisiti minimi della concessione, giacché con riferimento a casistiche analoghe al caso di specie, la giurisprudenza ha chiarito “ancorché, in materia di concessione di lavori pubblici e, con essa, di project financing, il grado di rischio economico a carico della società di progetto possa essere inferiore rispetto a quello sopportato nella concessione di servizio pubblico, resta, comunque, il fatto che detto rischio non può essere totalmente traslato in capo alla parte pubblica, perché ciò farebbe venir meno la stessa ragion d’essere di una tipologia contrattuale che resta differenziata dall’appalto; la necessaria configurazione di un certo rischio a carico del concessionario presuppone, infatti, che la fonte della sua remunerazione risieda, in misura significativa, nei corrispettivi ricevuti dagli utenti cui lo stesso concessionario offrirà direttamente delle prestazioni servendosi dell’opera realizzata (con ciò che ne consegue in termini di aleatorietà della relativa domanda), piuttosto che in somme erogate direttamente dall’amministrazione concedente” (cfr. T.a.r. per le Marche, 24 luglio 2018, n. 523). Con la conseguenza che è affetto da nullità per illiceità della causa, ai sensi dell’art. 1344 c.c., il contratto di concessione eventualmente stipulato tra l’operatore privato e l’Amministrazione, che si ponga in contrasto con lo schema negoziale del project financing e, più in generale, con le regole in materia di concessioni (cfr. T.a.r. per la Liguria, sez. I, 3 gennaio 2023, n. 8, T.a.r. per la Sardegna, sez. I, 10 marzo 2011, n. 213).
Ciononostante, la giurisprudenza ha negato l’esistenza di un’automatica refluenza dei vizi (concernenti la causa o i contenuti) del contratto agli atti prodromici e alla fase pubblicistica (Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2018, n. 1610) il cui regime di invalidità rimane autonomo.
È indubbio che nella fattispecie in esame sia stata sviata la causa tipica del P.F., con conseguente violazione della disciplina legale, nel momento in cui il progetto realizza (o si prefigga di realizzare) l’azzeramento del rischio operativo a carico del futuro aggiudicatario, facendo conseguire al privato un risultato economico contrario alle logiche concorrenziali specifiche proprie di tale modello di affidamento di lavori e servizi e, pertanto, precluso dall’ordinamento giuridico.
Tale difformità si caratterizza, invero, per la sua manifesta evidenza, tenuto conto che il corrispettivo del servizio è posto a carico dell’amministrazione concedente e non grava, invece, neppure parzialmente sull’utenza.
Ciò posto, nonostante la ricorrenza di numerosi indici sintomatici della nullità provvedimentale (l’autoevidenza di una rilevante e grave difformità del provvedimento e del procedimento dalla fattispecie legale), il vizio riscontrato non assurge ad una carenza di un elemento costitutivo, poiché la causa concreta della procedura (riconducibile all’appalto di servizi e non già alla concessione) non è astrattamente “a priori” preclusa alla P.A. che può declinare tale assetto degli interessi tramite un diverso schema procedimentale (la normale procedura di evidenza pubblica).
Già questo Tribunale (in un a diversa fattispecie T.a.r. per la Sicilia, Catania, sentenze n. 978/2024 e 1178/2024) ha escluso che possa predicarsi la nullità del provvedimento a fronte di schemi procedimentali o opzioni provvedimentali che, seppure errati, rientrano nelle possibilità attribuite dalle norme di relazione al soggetto pubblico. Solo nel caso di una procedura di evidenza pubblica avente ad oggetto e volta a realizzare un’operazione economica del tutto preclusa al soggetto pubblico (ad esempio una donazione) potrebbe affermarsi la nullità per impossibilità giuridica dell’oggetto e per totale assenza di una “possibile causa legittima” e finanche per assenza della specifica capacità o della legittimazione a contrarre della P.A.
Ciò posto, le conclusioni fin qui rassegnate non hanno valenza definitoria del presente giudizio, poiché i vizi fin qui prospettati afferenti all’oggetto e alla causa della procedura di project financing – sotto il profilo dell’assenza della traslazione del rischio operativo e della struttura sinallagmatica – non esauriscono la loro efficacia invalidante nella prima fase del P.F. come ut supra delineata
La citata Adunanza plenaria n. 1 del 2012 nel ritenere che il procedimento di scelta del promotore sia autonomo rispetto alla successiva fase articolata in gara e procedura negoziata sottolinea come ciò che rileva non sia tanto il controverso e sfumato concetto di “autonomia”, quanto la lesività o meno dell’atto di chiusura di questa prima fase che non si invera con riferimento ad ogni profilo afferente allo stesso, ma si declina e concretizza esclusivamente in ordine alla posizione di vantaggio per il promotore prescelto e per la definitività dell’arresto procedimentale per gli altri partecipanti, atteso che il loro progetto non sarà posto a base della successiva gara e che non vanteranno né il diritto ad essere aggiudicatari in mancanza di altre proposte, né il diritto di prelazione, né il diritto al rimborso delle spese sostenute.
In definitiva, se il bene della vita immediato della prima fase del procedimento di project financing è il conseguimento della concessione sulla base del progetto presentato, solo per il concorrente il cui progetto non venga selezionato come di pubblico interesse tale esito è immediatamente lesivo.
Di contro, qualora tale interesse alla contestazione del suddetto provvedimento approvativo della proposta non sussista, giacché l’impresa non aspira ad essere selezionata in luogo della controinteressata, non si configura un onere di immediata impugnazione dell’esito della prima fase
(Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2023, n. 8766).
Al di fuori della prescritta e sopraindicata area di immediata lesività degli esiti della prima fase, i vizi di legittimità si riflettono anche sulla successiva fase e, infine sul contratto stipulato, giacché l’interesse (ossia la lesività degli atti incorporanti tali vizi) si declina in base all’effettiva pretesa vantata dal ricorrente.
Nel caso in esame, l’interesse della parte ricorrente – rimasto estranea e indifferente alla partecipazione di P.F. – non sorge con la definizione della prima fase, stante l’assenza di un obbligo per la P.A. di dar necessariamente corso alla seconda fase di affidamento della concessione (Cons. Stato, sez. V, 5 gennaio 2024, n. 196), ma si concretizza con l’adozione del bando in cui la procedura di evidenza pubblica rende immediatamente evidente e lesivo vantaggio del proponente rispetto agli altri operatori partecipanti, incidendo così sulla par condicio.
Diversamente opinando si dovrebbe ritenere l’esistenza di un onere d’impugnazione in capo a tutti i potenziali partecipanti della seconda fase del P.F. rispetto ad atti e provvedimenti conclusivi della prima fase che si limitano a dichiarare il pubblico interesse e a scegliere la proposta del soggetto privato, ma che – al di fuori di tali statuizioni – assumono una mera valenza propedeutica ed eventuale rispetto alla successiva fase.
In conclusione: L’onere di immediata impugnazione degli esiti della prima fase del project financing – che si sviluppa in due serie procedimentali strutturalmente autonome ma biunivocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale – di selezione del progetto di pubblico interesse sorge solo qualora il terzo faccia valere l’interesse ad essere individuato quale soggetto promotore e a concorrere in tale fase che assume autonoma lesività; diversamente, nel caso in cui, il ricorrente censuri in radice la possibilità di ricorrere al project financing per carenza dei requisiti sostanziali, l’interesse ad impugnare si concentra nella seconda fase di selezione – secondo le regole dell’evidenza pubblica – del concessionario.
Alla luce delle predette considerazioni il primo e il secondo di ricorso sono fondati e – assorbiti gli ulteriori motivi dal cui esame la parte ricorrente non potrebbe trarre alcuna ulteriore utilità – il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, gli atti impugnati devono essere annullati.
La complessità e novità della questione giuridica affrontata legittima la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 2 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Pancrazio Maria Savasta, Presidente
Giovanni Giuseppe Antonio Dato, Primo Referendario
Calogero Commandatore, Primo Referendario, Estensore
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L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Calogero Commandatore |
Pancrazio Maria Savasta |
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IL SEGRETARIO