Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ha affrontato la legittimità di un regolamento comunale che introduce restrizioni orarie per le sale da gioco e limitazioni sull’accensione delle macchinette da intrattenimento, nell’ambito delle misure contro la ludopatia. Il Collegio ha ribadito che tale regolamentazione rientra nel potere normativo del Comune, che agisce attraverso il consiglio comunale, quale organo competente per esprimersi in materia, con l’adozione di atti regolamentari finalizzati al coordinamento e alla riorganizzazione degli orari degli esercizi commerciali, inclusi quelli che ospitano apparecchiature da gioco. Secondo il Tribunale, le limitazioni orarie per l’utilizzo delle macchinette sono giustificate dall’obiettivo di contrastare i rischi legati alla ludopatia, a condizione che siano adeguatamente motivate e documentate. L’amministrazione comunale, infatti, non può limitarsi a formulare un’affermazione generica sui pericoli derivanti dal gioco lecito, ma deve fornire motivazioni specifiche e concrete, facendo riferimento a dati e circostanze particolari del territorio di competenza. 

È, inoltre, necessario che l’intervento sia preceduto da un’apposita istruttoria, volta a valutare le caratteristiche del contesto territoriale e a giustificare la necessità di misure più restrittive rispetto alla normativa nazionale, evitando che l’adozione di tali provvedimenti porti a effetti controproducenti, come il dirottamento verso il gioco illegale. Il Tribunale, pertanto, ha sottolineato la necessità di un bilanciamento tra l’esigenza di tutela della salute pubblica e il rispetto della libertà economica degli esercizi commerciali, con una particolare attenzione all’efficacia delle misure adottate.

La decisione si inserisce in un orientamento consolidato che riconosce la competenza comunale in materia di regolamentazione del gioco, a condizione che le restrizioni siano giustificate da specifiche esigenze di tutela della salute e della sicurezza dei cittadini. In tal senso, la giurisprudenza richiede che le decisioni siano supportate da un’adeguata istruttoria e motivazione, come ribadito da precedenti della giurisprudenza amministrativa, tra cui T.A.R. per la Toscana, sentenza n. 21/2019, e Cons. Stato, sentenza n. 5288/2014.

Pubblicato il 08/11/2024

  1. 03083/2024 REG.PROV.COLL.
  2. 00359/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 359 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla società – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Salvatore Raimondi e Luigi Raimondi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Laura Salvatrice Marussia Piscitello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento:

  1. a) quanto al ricorso introduttivo:

– della deliberazione del Consiglio Comunale di Palermo n. 8 del 16 febbraio 2024, con oggetto “Regolamento “movida” per il corretto svolgimento delle attività di esercizio pubblico e di intrattenimento”, quanto all’art. 5, commi 2 e 3;

  1. b) quanto al primo ricorso per motivi aggiunti:

della deliberazione del Consiglio Comunale di Palermo n. 8 del 16 febbraio 2024, con oggetto “Regolamento “movida” per il corretto svolgimento delle attività di esercizio pubblico e di intrattenimento”, quanto all’art. 5, comma1;

  1. c) quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti:

– della deliberazione del Consiglio Comunale di Palermo n. 8 del 16 febbraio 2024, con oggetto “Regolamento “movida” per il corretto svolgimento delle attività di esercizio pubblico e di intrattenimento”, alla luce di quanto disposto citata ordinanza sindacale n. 88/2024, relativa agli orari delle sale bingo;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2024 il dott. Fabrizio Giallombardo e uditi per le parti l’avvocato Luigi Raimondi per la parte ricorrente e l’avvocato Carla Marsala Fanara per la resistente amministrazione, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

  1. Con il ricorso introduttivo, ritualmente notificato e depositato, parte ricorrente ha impugnato la deliberazione del Consiglio comunale in epigrafe, rappresentando in fatto quanto segue:

– di essere titolare di una licenza del Questore di Palermo per l’installazione di sistemi di gioco di cui all’art. 110, c. 6, lett. b), T.U.L.P.S. (licenza del 16 novembre 2018);

– di avere in precedenza ottenuto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli il certificato di idoneità della sala (atto del 26 novembre 2015) e l’autorizzazione alla raccolta con sistemi di gioco (atto n. 85058 del 30 novembre 2015);

– che il locale sarebbe interamente dedicato ad apparecchi da gioco con vincita in denaro, con orario di funzionamento intercorrente tra le 10:00 del mattino e le 5:00 del giorno successivo (n. 19 ore giornaliere);

– di avere in precedenza adito il Comune di Palermo in ordine all’ordinanza contingibile e urgente n. 275/OS del 12 dicembre 2019, nella parte in cui la suddetta ordinanza aveva disposto una riduzione degli orari di funzionamento degli apparecchi in questione, ottenendo un favorevole provvedimento in sede cautelare (ordinanza n. 706/2020), senza che tuttavia il giudizio venisse definito nel merito, stante l’intervenuta cessazione della materia del contendere e ciò a seguito dell’emanazione della successiva ordinanza comunale n. 2/OS del 7 gennaio 2021, che aveva dichiarato la definitiva inefficacia della predetta ordinanza n. 275/OS del 12 dicembre 2019;

– che, con il regolamento impugnato, il Consiglio comunale ha disposto, all’art. 5:

  1. al comma 1, un orario di esercizio massimo per le sale scommesse di cui all’art. 88 T.U.L.P.S. di quattordici ore giornaliere (dalle 10:00 alle 24:00);
  2. al comma 2, un orario di funzionamento massimo per gli apparecchi da gioco con vincita in denaro di cui all’art. 110, c. 6, lett. a) e b), T.U.L.P.S. collocati – per quanto qui rileva – negli esercizi autorizzati ex art. 88, T.U.L.P.S., di cinque ore giornaliere (dalle 15:00 alle 20:00).

1.1. Parte ricorrente ha articolato le seguenti doglianze.

1.1.1. Violazione di legge (artt. 42 e 50, commi 5, 7 e 7-ter, d.lgs. n. 267/2000), incompetenza ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto il regolamento impugnato ha espressamente citato, quale base normativa, l’art. 50, c. 7-ter, d.lgs. n. 267/2000 (cfr. art. 1, c. 3, regolamento).

Tale disposizione consente ai Comuni di adottare regolamenti nelle materie di cui all’art. 50, c. 5, secondo periodo, d.lgs. n. 267/2000 (situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti).

Secondo parte ricorrente, la regolamentazione degli orari degli apparecchi da gioco con vincita in denaro andrebbe, piuttosto, ricondotta alle competenze del Sindaco di cui all’art. 50, c. 7, d.lgs. n. 267/2000. Tale disposizione consente al Sindaco di coordinare e riorganizzare, sulla base degli indirizzi espressi dal Consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.

Ciò in quanto gli apparecchi in questione non recherebbero disturbo alla tranquillità e al riposo dei residenti.

In particolare, l’anzidetta ricostruzione normativa, oltre a essere stata confermata dal Comune di Palermo con la citata ordinanza n. 2/OS del 7 gennaio 2021, troverebbe conforto nella giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sez. V, 26 settembre 2022, n. 8237).

Parte ricorrente ha altresì contestato la contraddittorietà del regolamento in parola, nella parte in cui ha rinviato ad apposita ordinanza sindacale l’orario di esercizio delle sale bingo.

1.1.2. Violazione di legge (art. 6, c. 9, l.r. 21 ottobre 2020), in quanto il Comune di Palermo ha travalicato la richiamata disposizione regionale, che si limiterebbe a prevedere possibili sospensioni orarie nell’attività di gioco con vincita in denaro nell’ambito della fascia notturna e in quella di ingresso e uscita dalle scuole.

1.1.3. Eccesso di potere sotto vari profili (difetto di istruttoria, di motivazione e violazione del principio di proporzionalità), in quanto l’amministrazione comunale ha disposto una così rilevante riduzione dell’orario di apertura della propria attività senza il supporto di alcuna attività istruttoria volta ad approfondire il fenomeno del gioco nel territorio comunale. Né emergerebbe dagli atti del procedimento la ragione per cui tale riduzione oraria si sarebbe posta in termini ancor più significativi di quelli di cui all’originaria proposta dirigenziale (che avrebbe inteso limitare l’attività di gioco alle fasce orarie tra le 14:00 e le 18:00 e tra le 20:00 e le 24:00), peraltro rinviando ad altro provvedimento con riguardo alle sole sale bingo.

1.1.4. Violazione dell’Intesa approvata dalla Conferenza unificata Stato-Regione n. 103/U del 7 settembre 2017, in materia di riordino dell’offerta del gioco lecito, che ha previsto in capo agli enti locali la facoltà di stabilire per le tipologie di gioco fasce orarie sino a n. 6 ore complessive di chiusura quotidiana di gioco, comunque previa intesa con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

1.1.5. Violazione della predetta Intesa del 7 settembre 2017 sotto altro profilo ed eccesso di potere per difetto dei presupposti, con specifico riguardo al fatto che il Comune di Palermo avrebbe disposto la contestata riduzione dell’orario di apertura dell’attività di gioco senza alcuna intesa con la menzionata Agenzia.

1.1.6. Eccesso di potere sotto altri profili (illogicità manifesta, errore nei presupposti, contraddittorietà, disparità di trattamento e violazione del principio di proporzionalità), in quanto la disposizione impugnata, nella parte in cui ha ridotto l’orario di svolgimento del gioco lecito, si sarebbe posta in modo del tutto eccentrico rispetto allo scopo della disciplina regolamentare (i.e., assicurare la coesistenza tra le funzioni residenziali e le attività di esercizio pubblico e di intrattenimento).

Ancora, la disposizione in parola sarebbe illogica rispetto allo scopo di contrastare la ludopatia, in quanto ha previsto fasce orarie estremamente restrittive soltanto per l’utilizzo degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincite in denaro, mentre:

  1. ha previsto un regime assai più liberale per le sale scommesse (aperte tra le 10:00 e le 24:00);
  2. non ha previsto alcun vincolo per le sale bingo, in merito alle quali è stato disposto il rinvio a una successiva ordinanza sindacale (su tale specifico riguardo, cfr. infra);
  3. non riguarda altre attività equiparabili, quali ad esempio la vendita dei biglietti delle lotterie istantanee.
  4. Con decreto n. 122 del 15 marzo 2024 è stata accolta l’istanza di misure cautelari monocratiche di parte ricorrente, limitatamente alla disposizione inerente agli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco con vincita in denaro. Il suddetto decreto ha altresì disposto i i seguenti adempimenti istruttori:
  5. quanto al ricorrente, di fornire documentati chiarimenti in ordine alle eventuali altre attività svolte all’interno del locale e al numero di personale addetto agli apparecchi da gioco, chiarendone le mansioni;
  6. quanto al Comune, di chiarire se siano intervenute eventuali intese con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli in ordine al testo dell’art. 5 del regolamento qui impugnato.
  7. Il 20 marzo 2024 si è costituito il Comune di Palermo, con atto di mera forma. Con successiva memoria ha quindi chiesto il rigetto del ricorso.
  8. Il 5 aprile 2024 il Comune di Palermo ha riscontrato il succitato decreto presidenziale n. 122/2024, dando atto della mancanza di intese con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli in merito all’art. 5 del suddetto regolamento.
  9. Con memoria dell’8 aprile 2024 parte ricorrente ha insistito sulle proprie doglianze, contestando le difese dell’amministrazione comunale e argomentando altresì sull’illegittimità dell’art. 5, c. 1, del regolamento impugnato in merito alla riduzione dell’orario di esercizio delle sale giochi autorizzate. La ricorrente società ha, altresì, prodotto documentazione in riscontro al predetto decreto.
  10. Con ordinanza n. 166 dell’11 aprile 2024, la Sezione:
  11. ha fissato l’udienza di discussione del ricorso, confermando nelle more le misure di cui al citato decreto presidenziale n. 122/2024;
  12. ha onerato parte ricorrente di produrre documentazione a comprova del proprio interesse a ricorrere;
  13. ha dato avviso della possibile inammissibilità delle contestazioni mosse, con l’ultima memoria, circa l’art. 5, c. 1, del regolamento impugnato.
  14. Parte ricorrente ha quindi proposto il primo ricorso per motivi aggiunti (notificato e depositato il 19 aprile 2024), con il quale ha reiterato le contestazioni di cui al ricorso introduttivo, facendo altresì espresso riferimento alla ritenuta illegittimità dell’intero articolo 5 del regolamento impugnato.
  15. Con memoria del 20 maggio 2024 parte ricorrente ha reso i chiarimenti chiesti con la menzionata ordinanza n. 166/2024.
  16. Il 14 giugno 2024 la ricorrente ha chiesto di rinviare l’udienza pubblica già fissata in sede cautelare, tenuto conto della prossima proposizione di un nuovo ricorso per motivi aggiunti avverso l’ordinanza sindacale n. 88 del 29 maggio 2024.
  17. Il 18 giugno 2024 parte ricorrente ha quindi notificato e depositato il secondo ricorso per motivi aggiunti a seguito dell’emanazione dell’anzidetta ordinanza, la quale – inter alia – ha previsto, per le sale bingo, il seguente orario di apertura: dalle 10:00 all’1:00 durante la settimana e dalle 10:00 alle 2:00 nel fine settimana.

10.1. Parte ricorrente ha contestato la violazione di legge (artt. 42, 50 c. 5, 7 e 7-ter, d.lgs. n. 267/2000), l’incompetenza e diversi profili di eccesso di potere, richiamando in particolare la fondatezza di quanto già dalla stessa argomentato:

  1. con il primo motivo del ricorso introduttivo, con particolare riguardo alla contraddittorietà della scelta, compiuta dalla resistente amministrazione comunale, di utilizzare un differente strumento (i.e., l’ordinanza sindacale) per disciplinare l’orario delle sale bingo, in difformità da quanto previsto in merito alle altre sale in cui si pratica il gioco lecito;
  2. con il terzo motivo del ricorso introduttivo, in merito ai vari profili di eccesso di potere del regolamento, con riguardo al difetto di istruttoria (ulteriormente evidenziato, nel caso di specie, dal generale richiamo al fenomeno della ludopatia per disciplinare unicamente gli orari di apertura delle sale bingo, peraltro con una disposizione ben più permissiva di quella prevista per le altre attività di gioco lecito), di motivazione e alla violazione del principio di proporzionalità;

iii. con il sesto motivo del ricorso introduttivo, con specifico riguardo alla disparità di trattamento e alla violazione del principio di proporzionalità con riguardo alle fasce orarie previste per l’utilizzo di apparecchi di intrattenimento e svago con vincite in denaro rispetto a quelle previste per le sale bingo.

  1. All’udienza pubblica del 20 giugno 2024, è stato quindi disposto il rinvio della trattazione del ricorso all’udienza dell’11 ottobre 2024, stante la necessità di rispettare i termini a difesa rispetto al secondo ricorso per motivi aggiunti.
  2. Il 30 settembre 2024 il Comune di Palermo ha depositato documenti.
  3. Il 7 ottobre 2024 il suddetto Comune ha quindi chiesto il rinvio dell’udienza, in ragione di concomitanti impegni del procuratore costituito. Ha inoltre depositato una memoria e documenti.
  4. All’udienza pubblica dell’11 ottobre 2024, all’esito della discussione tra le parti, nel cui ambito il difensore di parte ricorrente ha, in particolare, eccepito la tardività della memoria e dei documenti prodotti dal Comune di Palermo perché depositati oltre il termine di cui all’art. 73, c.p.a., la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

  1. Il presente ricorso, integrato dai motivi aggiunti, verte sull’art. 5 del regolamento “Movida” del Comune di Palermo.

La suddetta disposizione ha, in particolare:

– disciplinato l’apertura delle sale giochi autorizzate ex art. 86, T.U.L.P.S., e delle sale scommesse autorizzate ex art. 88, T.U.L.P.S., consentendola tra le ore 10:00 e le ore 24:00 (art. 5, c. 1, del regolamento);

– limitato gli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco con vincita in denaro ex art. 110, c. 6, lett. a) e b), T.U.L.P.S., alla fascia oraria intercorrente tra le ore 15:00 alle ore 20:00 (art. 5, c. 2, primo periodo del regolamento);

– precisato, limitatamente alle sale bingo, che il relativo orario di esercizio sarebbe stato disciplinato con apposita ordinanza sindacale (art. 5, c. 2, secondo periodo, del regolamento), com’è in effetti avvenuto con l’ordinanza n. 88/2024, che ha previsto un’ampia fascia oraria di apertura delle anzidette sale (dalle 10:00 alle 1:00 durante la settimana e dalle 10:00 alle 2:00 nel fine settimana).

  1. In via preliminare, è necessario svolgere le seguenti considerazioni.

Si tratteranno, nell’ordine:

(i) l’istanza di rinvio dell’amministrazione comunale;

(ii) l’eccezione, mossa dalla ricorrente società, di inutilizzabilità di quanto depositato dal resistente Comune oltre il termine di cui all’art. 73, c. 1, c.p.a.;

(iii) le questioni sollevate d’ufficio con l’ordinanza n. 166/2024 (inerenti, rispettivamente, ai dubbi sulla legittimazione a ricorrere della società CDM e sull’inclusione dell’intero art. 5 del regolamento impugnato nel fuoco delle critiche articolate dalla ricorrente con il ricorso introduttivo);

(iv) l’effettiva esistenza di un interesse di parte ricorrente a impugnare anche il disposto dell’art. 5, c. 1, del regolamento “Movida”.

2.1. Si prendano le mosse dall’istanza di rinvio della resistente amministrazione.

Essa è infondata e va respinta, sulla scorta delle seguenti ragioni.

Com’è noto, nel processo amministrativo non vi è alcuna norma processuale o principio generale che attribuisca alle parti in causa un diritto al differimento della decisione del ricorso, essendo stata piuttosto codificata la regola opposta, in virtù della quale il rinvio può essere disposto solo per casi eccezionali (art. 73, c. 1-bis, c.p.a.; cfr. TAR Campania, sez. I, 9 giugno 2023, n. 3570), ove incidenti sul diritto di difesa (Cons. St., sez. III, 16 settembre 2022, n. 8048).

Nel caso di specie, si rileva che:

(i) l’istanza di rinvio è stata motivata dall’amministrazione comunale in ragione del contestuale impegno del suo procuratore presso un altro Tribunale;

(ii) non è stato chiarito per quale ragione non sarebbe stato possibile delegare un altro procuratore per la difesa del Comune di Palermo, tenuto conto che quest’ultimo è stato difeso da un altro avvocato nel giudizio R.G. n. 548/2024, avente oggetto sostanzialmente identico a quello di cui all’odierno giudizio, e la cui udienza pubblica si è parimenti tenuta in data 11 ottobre 2024;

(iii) all’udienza pubblica appena menzionata ha, poi, preso la parola, quale sostituto del procuratore designato dal Comune per l’odierno ricorso, il difensore nominato dal medesimo ente civico nel richiamato giudizio R.G. n. 548/2024, garantendo appieno l’effettività del contraddittorio.

Di talché non vi sono ragioni per accordare il chiesto – eccezionale – rinvio all’amministrazione comunale.

2.2. Chiarito che alcun rinvio può essere disposto, si rende quindi necessario delimitare correttamente il compendio di documenti e memorie che sono alla base della presente decisione.

Coerentemente con l’eccezione di parte ricorrente, sollevata in udienza, vanno dichiarati inutilizzabili i documenti depositati dall’amministrazione comunale il 30 settembre e il 7 ottobre 2024 (al pari della memoria prodotta in tale ultima data), in quanto versati agli atti di causa ben oltre i termini di cui all’art. 73, c. 1, c.p.a.

Al riguardo, è appena il caso di ricordare che l’art. 54, c. 1, c.p.a., ammette eccezionalmente la possibilità del Collegio di autorizzare, su richiesta di parte, la produzione tardiva di memorie e documenti, a condizione che sia comunque assicurato il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, e sempreché la produzione nel termine di legge sia risultata estremamente difficile.

Quanto a tale ultima condizione, l’onere della relativa prova incombe sulla parte che invoca l’acquisizione dei documenti (Cons. St., sez. III, 10 marzo 2022, n. 1708). Ciò, fermo restando che la formazione tardiva del documento non deve comunque essere imputabile alla parte istante (C.G.A.R.S., sez. giurisd., 9 agosto 2023, n. 517).

Nel caso di specie, l’amministrazione comunale non ha addotto alcuna motivazione per giustificare il tardivo deposito di memorie e documenti: essi sono stati meramente depositati nel fascicolo del processo, in violazione dei termini previsti dal codice di rito per la loro produzione.

Di talché i suddetti documenti e memorie vanno dichiarati inutilizzabili nel presente giudizio.

Con la precisazione, opportuna tenuto conto della contestuale presentazione della (già respinta) istanza di rinvio da parte dell’amministrazione comunale, che l’eventuale – ed eccezionale – rinvio della discussione non può certo essere utilizzato come strumento di surrettizia “rimessione in termini” per la produzione di memorie e documenti altrimenti irrimediabilmente tardivi, con conseguente elusione del combinato disposto dei visti artt. 73, c. 1, e 54, c. 1, c.p.a. (cfr. TAR Sicilia, sez. II, 23 febbraio 2024, n. 702; TAR Sicilia, sez. II, 20 luglio 2023, n. 2392);

2.3. In ossequio all’ordine di trattazione sopra delineato, può quindi passarsi alle due questioni sollevate d’ufficio con la menzionata ordinanza n. 166/2024.

2.3.1. Il deposito documentale del 9 maggio 2024 di parte ricorrente, unitamente ai chiarimenti da questa resi all’esito dell’anzidetta ordinanza consentono di fugare ogni dubbio in ordine alla sua legittimazione a ricorrere.

La CDM ha infatti prodotto la licenza del 9 novembre 2015, rilasciata all’allora legale rappresentante della società (sig. Di Giovanni Bartolomeo).

A tale licenza, come chiarito da parte ricorrente con la memoria del 20 maggio 2024, hanno fatto seguito il certificato di idoneità della sala (del 26 novembre 2015; all. 3 al ricorso introduttivo) e l’autorizzazione alla raccolta con sistemi di gioco di cui all’art. 110, c. 6, lett. b), T.U.L.P.S. (all. 4 al ricorso introduttivo).

Successivamente, la società ricorrente ha mutato legale rappresentante (è divenuto tale il sig. Calascibetta Mariano, come si evince dalla visura camerale di cui all’all. 5 di parte ricorrente), con conseguente rilascio a quest’ultimo della nuova autorizzazione da parte della Questura (cfr. l’autorizzazione del 16 novembre 2018, che ha espressamente dato continuità all’autorizzazione del 9 novembre 2015).

Autorizzazione confermata il 3 novembre 2023, sempre al sig. Calascibetta Mariano, in ragione del fatto che – nel frattempo – era entrata in vigore la l.r. n. 24/2020, in materia di distanze minime dai luoghi sensibili, e tenuto altresì conto del mutamento dei rappresentanti a suo tempo approvati (siffatta licenza è stata prodotta il 9 maggio 2024).

Sebbene tutte le suddette licenze (quella del 2015, quella del 2018 e quella del 2023) contengono sempre l’inciso che “la presente licenza acquista efficacia esclusivamente dopo l’ottenimento della necessaria autorizzazione da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato“, la ricorrente ha chiarito che – effettivamente – la menzionata autorizzazione dell’ADM (limitata all’idoneità della sala e alla raccolta di sistemi di gioco e, dunque, insensibile al mutamento dei legali rappresentanti della società autorizzata, a differenza delle viste autorizzazioni di polizia) è stata rilasciata nei giorni immediatamente successivi alla licenza del 2015.

Pertanto, non è dato dubitare che la società ricorrente abbia adeguatamente dimostrato la propria legittimazione a ricorrere.

2.3.2. Quanto all’avviso ex art. 73, c. 3, c.p.a., di cui alla menzionata ordinanza n. 166/2024, il Collegio non può che prendere atto della tempestiva proposizione del primo ricorso per motivi aggiunti, il quale – come anticipato in narrativa – ha sostanzialmente reiterato le doglianze del ricorso introduttivo con riguardo all’intero articolo 5 del regolamento in parola, superando ogni eventuale profilo di inammissibilità in parte qua del ricorso.

2.4. L’ultima considerazione di carattere preliminare è quella inerente all’effettiva sussistenza di un interesse a ricorrere di parte ricorrente anche avverso l’art. 5, c. 1, del regolamento impugnato.

Siffatta disposizione prevede una limitazione oraria per le sale giochi autorizzate ex art. 86, T.U.L.P.S., e per le sale scommesse autorizzate ex art. 88, T.U.L.P.S.

La ricorrente è titolare di un’autorizzazione per la gestione di sale in cui sono installati gli apparecchi di cui all’art. 110, c. 6, lett. b), T.U.L.P.S. (cfr. all. 2 al ricorso introduttivo).

Siffatta autorizzazione, apparentemente, potrebbe non ritenersi incisa dal disposto di cui all’art. 5, c. 1, del regolamento in questione, posto che la stessa non parrebbe riconducibile immediatamente alla nozione di “sala scommessa autorizzataex art. 88, T.U.L.P.S.

Al riguardo, si consideri quanto segue.

La licenza di parte ricorrente è stata rilasciata anche in applicazione dell’art. 88, T.U.L.P.S. (in particolare, è ivi menzionato l’art. 2, c. 2-quater, d.l. n. 40/2010, conv. con modif. dalla l. n. 73/2010, che ha previsto il rilascio della licenza di cui all’art. 88, T.U.L.P.S., anche per le sale dove siano installati gli apparecchi di cui all’art. 110, c. 6, lett. b, T.U.L.P.S.; cfr. all. 2 e 4 al ricorso).

Dunque, è ragionevole ritenere che – nonostante l’incerta tecnica normativa utilizzata nel regolamento (che, mentre all’art. 5, c. 1, fa riferimento alle “sale scommesse autorizzateex art. 88, T.U.L.P.S., all’art. 5, c. 2, fa invece riferimento agli “esercizi autorizzatiex art. 88 T.U.L.P.S., individuando le sale scommesse come uno di tali possibili esercizi autorizzati, al pari delle sale bingo) – la limitazione oraria di cui all’art. 5, c. 1, del regolamento impugnato sia applicabile anche alla società ricorrente, con conseguente radicamento dell’interesse a ricorrere anche su tale specifico punto.

Diversamente opinando, del resto, non si comprenderebbe perché il Consiglio comunale abbia ritenuto di precisare, con un emendamento all’art. 5, c. 2, del suddetto regolamento, che l’orario di esercizio delle sale bingo sarebbe stato disciplinato con apposita ordinanza sindacale (al riguardo, cfr. infra), posto che le suddette sale bingo non sono espressamente menzionate tra gli esercizi di cui all’art. 5, c. 1, del regolamento in parola (che fa menzione, come si è visto, delle “sale scommesse autorizzateex art. 88, T.U.L.P.S.).

  1. Sgomberato il campo dalle viste considerazioni preliminari, può passarsi al merito del ricorso.

Il ricorso introduttivo e i ricorsi per motivi aggiunti possono essere analizzati congiuntamente, posto che essi propongono, in buona sostanza, le medesime censure avverso il più volte citato art. 5 del regolamento “Movida”.

Il ricorso è fondato e va accolto per la fondatezza delle censure relative al difetto di istruttoria.

3.1. La censura di incompetenza, mossa da parte ricorrente con il primo motivo di ricorso, non può invece trovare accoglimento.

Nella ricostruzione di quest’ultima il soggetto legittimato ad adottare regolamenti in materia di orari di apertura di sale scommesse e di utilizzo di macchinette con vincite in denaro sarebbe unicamente il Sindaco, in applicazione dell’art. 50, c. 7, d.lgs. n. 267/2000, laddove il regolamento in parola ha indicato quale base normativa l’art. 50, c. 7-ter, d.lgs. n. 267/2000.

Il Comune resistente ha affermato che la sicurezza urbana ben potrebbe rientrare tra le materie per le quali l’organo consiliare potrebbe adottare una regolamentazione generale.

Le difese dell’amministrazione resistente, sul punto, sono condivisibili.

Ora, è vero che il giudice di appello ha espressamente collegato il potere di regolare gli orari di apertura dei locali dove si trovano gli apparecchi in questione con l’art. 50, c. 7, d.lgs. n. 267/2000 (cfr. Cons. St., sez. V, 7 dicembre 2023, n. 10632; Cons. St., sez. V, 26 settembre 2022, n. 8239). Così com’è vero che la stessa Corte costituzionale, nel 2014, ha riconosciuto la legittimità di un’applicazione ampia dei poteri di cui all’art. 50, c. 7, d.lgs. n. 267/2000, da parte del Sindaco (Corte cost., 18 luglio 2014, n. 220).

Cionondimeno, va considerato che – ferme le viste competenze del Sindaco – non può dirsi esclusa in radice la possibilità che il Consiglio comunale possa autonomamente intervenire con una regolamentazione di siffatta materia.

L’art. 50, c. 7-ter, d.lgs. n. 267/2000 consente ai Comuni di emanare un regolamento nelle materie di cui all’art. 50, c. 2, secondo periodo, del medesimo decreto. Vale a dire: “grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale, o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche“.

Difficilmente può quindi revocarsi in dubbio che l’introduzione di regole sugli orari di apertura degli esercizi che svolgono attività di gioco lecito, al pari delle cc.dd. “macchinette”, sia riconducibile all’esigenza di incidere sul degrado del territorio, sul decoro e sulla vivibilità urbana.

Ciò posto, va dato atto che, sebbene l’art. 50, c. 7-ter, d.lgs. n. 267/2000, faccia genericamente riferimento ai “Comuni“, va rammentato che – all’interno dell’amministrazione comunale – la competenza ad adottare regolamenti è generalmente attribuita al Consiglio comunale (art. 42, d.lgs. n. 267/2000), e non al Sindaco. Con eccezione dei soli regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, che sono comunque di competenza della Giunta (art. 48, c. 3, d.lgs. n. 267/2000).

A ben vedere, poi, la tesi di parte ricorrente è infondata anche sotto un altro profilo.

L’art. 50, c. 7, d.lgs. n. 267/2000, invocato da parte ricorrente, prevede che il potere del Sindaco di coordinare e riorganizzare gli orari degli esercizi commerciali, interviene “sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale” (e fermo restando che come noto, l’eventuale inerzia del Consiglio non impedisce al Sindaco di esercitare tale potere; cfr., ex plurimis, TAR Toscana, sez. II, 9 gennaio 2019, n. 21).

Ciò, peraltro, non esclude che il Consiglio comunale esprima in modo generale il proprio potere di indirizzo, anche tramite un preciso atto regolamentare (TAR Campania, sez. III, 9 dicembre 2020, n. 5941; TAR Lombardia, sez. st. Brescia, 4 marzo 2020, n. 194), com’è avvenuto nel caso di specie. Senza che tale potere possa essere delegato ad altri organi dell’amministrazione comunale (Cons. St., sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5288).

L’intervento tramite un regolamento è ben possibile laddove, come nel caso di specie, si discuta dei rischi sul gioco d’azzardo sulla sicurezza urbana, che hanno un chiaro referente normativo nell’art. 1, c. 1, lett. b), l.r. n. 24/2020.

Tale ultima legge regionale impone, peraltro, ai “Comuni” (e, dunque, alla luce di quanto sopra chiarito, ai Consigli comunali laddove questi ritengano di intervenire con regolamento) di prevedere sospensioni orarie nell’attività di gioco con vincita in denaro con gli apparecchi di cui all’art. 110, c. 6 e 7, T.U.L.P.S. (sulla vista disposizione, cfr. infra).

Ciò posto, non vi sono elementi per ritenere – quantomeno in astratto – illegittima l’attività di un Comune che, con regolamento del proprio Consiglio, individui restrizioni orarie all’apertura degli esercizi autorizzati ex artt. 86 e 88, T.U.L.P.S., o limitazioni agli orari di accensione delle macchinette di cui all’art. 110, c. 6, lett. a) e b), T.U.L.P.S.

3.1.1. Quanto all’ulteriore censura di contraddittorietà della previsione di cui all’art. 5, c. 2, dell’impugnato regolamento per l’individuazione di una disciplina di favore sulle sale bingo, sempre articolata con il primo motivo di ricorso, si rinvia a quanto si avrà modo di approfondire in merito al terzo motivo di ricorso.

3.2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato.

Parte ricorrente ha, in particolare, contestato la violazione del menzionato art. 6, c. 9, l.r. n. 24/2020, che impone ai Comuni, nella fascia notturna, nonché nella fascia oraria di ingresso e di uscita scolastiche, di prevedere la sospensione delle attività di gioco con gli apparecchi di cui all’art. 110, c. 6 e 7, T.U.L.P.S.

La disposizione in parola, a ben vedere, si limita a stabilire un intervento dell’amministrazione comunale minimo rispetto all’operatività delle apparecchiature in questione. Ciò si evince dall’utilizzo dell’indicativo, comunemente utilizzato per stabilire un obbligo.

Essa, di contro, non prevede affatto una sorta di tetto massimo alle possibili restrizioni orarie di utilizzo delle “macchinette”.

In altre parole, dalla circostanza che i Comuni devono stabilire le limitazioni di cui all’art. 6, c. 9, l.r. n. 24/2020, negli orari di entrata e di uscita delle scuole e in fascia notturna, non può inferirsi l’impossibilità di una regolamentazione ancora più restrittiva.

3.3. Come anticipato, la censura di difetto di istruttoria articolata dalla parte ricorrente con il terzo motivo di ricorso è invece fondata e va accolta.

Premesso che, com’è noto, l’art. 3, c. 2, l.r. n. 7/2019, esclude per gli atti normativi e gli atti a contenuto generale l’obbligo di motivazione (come del resto dedotto nelle difese dell’amministrazione comunale), ciò non esclude che anche per tali atti sia dovuta un’adeguata attività istruttoria.

Il Collegio è ben a conoscenza del fatto che la giurisprudenza amministrativa abbia talora ritenuto il gioco d’azzardo un fenomeno di una tale vasta e nota portata da non richiedere approfondite attività istruttorie per la dimostrazione della sua pericolosità (Cons. St., sez. I, parere n. 244 del 17 febbraio 2023), ritenendo anche legittima una riduzione a n. 8 ore al giorno dell’utilizzo delle macchine da gioco con vincita in denaro (Cons. St., sez. IV, 14 marzo 2024, n. 2497).

Ma, posto che nel caso di specie la riduzione (quantomeno con riferimento alle suddette apparecchiature) è ancora più rilevante (come si è visto, il loro utilizzo è stato limitato a sole n. 5 ore giornaliere), risulta più condivisibile il differente orientamento giurisprudenziale (Cons. St., sez. V, 10 novembre 2023, n. 9639, richiamata da parte ricorrente), che ha sostenuto che – a fronte di una regolamentazione pure meno stringente di quella individuata dal Comune di Palermo (nel caso sottoposto all’attenzione del giudice di appello, la limitazione oraria di apertura degli apparecchi da gioco di cui all’art. 110, c. 6, T.U.L.P.S. era limitata alla fascia notturna, vale a dire dalle 23:00 alle 9:00) – l’amministrazione comunale non può limitarsi a un’apodittica e indimostrata enunciazione dei rischi collegati al gioco lecito, ma deve dare atto di ragioni specifiche, da esplicitare e documentare in modo puntuale.

In altre parole, va dimostrata la necessità che uno specifico territorio abbisogni di una maggior tutela di quello nazionale. Tutela da conseguire attraverso una determinata limitazione oraria di accesso al gioco lecito. Fermo restando che, una volta attuata, questa misura non comporti effetti indesiderati; primo tra tutti, il “dirottamento” della domanda verso il gioco illegale.

Ciò deve avvenire con una specifica istruttoria effettuata in relazione al territorio di competenza.

È stato, altresì, affermato (Cons. St., sez. V, 26 settembre 2022, n. 8239, in questo caso con riguardo a un’ordinanza sindacale), che una significativa riduzione dell’orario di apertura delle apparecchiature impone una particolare attenzione in sede di istruttoria, risultando altrimenti sproporzionata nel bilanciamento dei contrapposti interessi (economici per le imprese; di quiete pubblica per i cittadini; di prevenzione della ludopatia per la collettività).

Nel caso di specie, l’amministrazione comunale non ha fornito alcun elemento utile a supporto della propria determinazione in ordine tanto all’orario di apertura di esercizi autorizzati ex artt. 86 e 88, T.U.L.P.S., quanto con riguardo all’orario di accensione delle macchinette di cui all’art. 110, c. 6, lett. a) e b), T.U.L.P.S., quanto ancora con riguardo alla ragione per cui sarebbero possibili orari di apertura ben più liberali per le sale bingo.

Nella propria memoria difensiva, la stessa amministrazione si è del resto limitata a dare atto della vista circostanza per cui gli atti normativi e quelli a contenuto generale non vanno motivati.

Né la produzione documentale dell’ente civico consente di addivenire alla conclusione che una qualche attività istruttoria sul problema del gioco nel Comune di Palermo sia stata compiuta.

L’amministrazione comunale si è limitata a depositare documenti genericamente inerenti a problematiche socio-sanitarie connesse alla ludopatia (all. 5 della produzione documentale dell’amministrazione resistente) che – come efficacemente rilevato dalla società ricorrente – riguardano l’ordinanza sindacale n. 121/2020.

Senza che sia stata fornita alcuna evidenza che tali documenti siano stati utilizzati (o anche solo considerati) nella redazione del regolamento impugnato.

Si tratta, in ogni caso, di documentazione risalente al 2020, che – anche a volerla ritenere (a dispetto di ogni evidenza) considerata nell’emanazione dell’impugnato regolamento – avrebbe richiesto come minimo un aggiornamento, tenuto conto del fatto che quest’ultimo è stato emanato nel febbraio 2024.

Può quindi dirsi della documentazione sanitaria depositata dall’amministrazione comunale (all. 8 della produzione documentale di quest’ultima), inerente ai dati sugli utenti assistiti dai Ser.T. per “addiction da gambling“. Documentazione, quest’ultima, espressamente menzionata nell’ordinanza n. 88/2024.

Per quanto tali dati – almeno – siano aggiornati sino al 2023, non è comunque dato comprendere se questi siano stati o meno considerati in sede istruttoria del regolamento “Movida” dall’amministrazione comunale, tenuto conto che in nessuna parte del provvedimento impugnato (così come nei relativi atti preparatori) si è fatta menzione di tali risultanze.

Quanto alla loro menzione nell’ordinanza n. 88/2024, non si comprende perché tali dati imporrebbero comunque una così differente regolamentazione delle sale bingo, posto che la documentazione in parola si limita a dar conto della ludopatia in termini generali.

Parimenti irrilevante è la delibera n. 1308 del 1° settembre 2023 del Commissario straordinario dell’ASP di Palermo, di approvazione del progetto “Scommetti su di te: interventi di prevenzione e percorsi di cura GAP e delle dipendenze patologiche delle nuove tecnologie“.

Non solo tale delibera è successiva di circa sette mesi rispetto alla proposta di regolamento (risalente, quest’ultima, al 5 aprile 2023), ma non è nemmeno noto se la stessa sia stata comunque tenuta in considerazione dall’amministrazione comunale (quantomeno) in sede di approvazione del regolamento medesimo.

Ancora una volta, di tale delibera si è invece dato espressamente conto con l’ordinanza n. 88/2024 che, sotto tale punto di vista, sembra porsi come un tentativo di sanare ex post un’istruttoria che avrebbe dovuto compiersi almeno un anno prima.

Al riguardo, va considerato che la citata delibera dell’ASP riguarda un progetto di portata provinciale, dunque tarato su un contesto ben più ampio di quello limitato alla sola città di Palermo (cfr. p. 2 della delibera, in materia di “area territoriale interessata all’attuazione del progetto“).

E fermo restando che, anche ove la documentazione de qua fosse stata comunque considerata in sede di redazione dell’impugnato regolamento (ancora una volta, ipotizzando ciò a dispetto di ogni evidenza documentale), resta il fatto che essa – da sola – non sarebbe stata affatto in grado di assolvere l’onere istruttorio richiesto all’amministrazione comunale per dimostrare la necessità delle limitazioni per cui è controversia.

Né è dato comprendere perché tale ultima delibera avrebbe consentito – ancora una volta – di addivenire al visto regime “liberale” per le sale bingo.

Chiarito che la produzione documentale del Comune non consente di superare le doglianze di parte ricorrente in merito al visto difetto di istruttoria e che la stessa, pur espressamente richiamata nell’ordinanza n. 88/2024, non è in grado di rendere intellegibili (quantomeno) ex post le ragioni del trattamento di favore riservato alle sale bingo, si rileva che il difetto di istruttoria in questione emerge ancor più chiaramente dalla documentazione prodromica all’emanazione del regolamento impugnato, allegata al regolamento medesimo.

Dall’analisi di tale documentazione si rinviene un unico riferimento al gioco d’azzardo, compiuto risalente a pochi giorni prima l’emanazione dell’impugnato regolamento.

Il riferimento è all’ordine del giorno del Consiglio comunale del 10 febbraio 2024 (pp. 51-52 della deliberazione del Consiglio comunale impugnata).

Esso, premessa la generalissima considerazione per cui “la ludopatia rappresenta un grave problema sociale e sanitario che colpisce un numero crescente di individui, con gravi conseguenze personali, familiari ed economiche“, ha impegnato l’amministrazione comunale a:

  1. promuovere campagne di sensibilizzazione e informazione sulla ludopatia;
  2. collaborare con il locale osservatorio regionale per monitorare il fenomeno della ludopatia sul territorio comunale e adottare misure concrete per contrastarlo;
  3. applicare le disposizioni della citata l.r. n. 24/2020 e, in particolare, quelle sul “distanziometro“, al fine di ridurre l’accessibilità al gioco d’azzardo e proteggere i luoghi sensibili;
  4. destinare risorse e attività specifiche per contrastare la ludopatia e sostenere le relative iniziative di associazioni volte al recupero di soggetti patologici o a finalità di carattere sociale e assistenziale;
  5. individuare i luoghi sensibili sul territorio comunale e intraprendere un percorso di contingentazione del numero delle sale da gioco esistenti.

Dato atto che anche siffatto ordine del giorno è successivo di circa dieci mesi rispetto alla proposta di regolamento, emerge chiaramente che l’amministrazione comunale, in attuazione del punto b. sopra richiamato, avrebbe dovuto individuare concrete misure di contrasto alla ludopatia a valle della collaborazione con il locale osservatorio regionale.

Non certo tramite previsioni stabilite a monte e in assenza di un adeguato supporto istruttorio.

Per completezza, va dato atto che la proposta di regolamento ha fatto menzione delle osservazioni formulate dal Questore di Palermo con la nota n. 62029 del 6 marzo 2023 e del fatto che la stessa è stata presentata al Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica nella seduta del 28 marzo 2023 (cfr. p. 56 del documento impugnato).

Al riguardo, si rileva anzitutto che l’amministrazione comunale non ha prodotto in giudizio copia né delle osservazioni del Questore, né del verbale della seduta del 28 marzo 2023, nonostante fosse a ciò obbligata ex art. 46, c. 2, c.p.a., e nonostante abbia espressamente dato conto di tale seduta con la memoria del 4 aprile 2024 (p. 3).

Ad ogni modo, si tratta di documenti irrilevanti ai fini della decisione del ricorso, posto che resta indubbia la circostanza che le osservazioni del Questore e la presentazione della proposta di delibera al Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica si sono posti a valle della redazione di una proposta di deliberazione che, come si è visto, non risulta essere stata adottata sulla base di precise evidenze scientifiche sul fenomeno della ludopatia nel Comune di Palermo (e men che meno sulle differenze tra tipologie di gioco lecito che imporrebbero una così differente regolamentazione delle sale bingo rispetto alle altre attività del settore).

L’approssimazione dell’istruttoria dell’amministrazione comunale emerge ancor di più dalle vicende che hanno portato all’attuale formulazione dell’art. 5, c. 2, del regolamento “Movida“, in materia di orario di funzionamento delle cc.dd. “macchinette”.

L’originaria formulazione della norma prevedeva il funzionamento delle apparecchiature di gioco di cui all’art. 110, c. 6, lett. a) e b), T.U.L.P.S., tra le 14:00 e le 18:00 e tra le 20:00 e le 24:00. Essa mancava, poi, di una disposizione volta a disciplinare autonomamente l’orario di esercizio delle sale bingo (cfr. p. 62 dell’impugnata delibera).

Tale previsione è stata oggetto di due interventi restrittivi in sede di emendamenti alla proposta di regolamento.

L’emendamento n. 9, oggetto di una comunicazione via email il 31 ottobre 2023 (cfr. p. 26 del provvedimento impugnato), proponeva che le macchinette in questione potessero essere attive tra le 15:00 e le 22:00. Il successivo sub-emendamento del 16 febbraio 2024 (cfr. p. 25 del provvedimento impugnato) ha quindi proposto una riduzione dell’orario finale alle 20:00.

Ha fatto, infine, seguito un ulteriore sub-emendamento, di pari data (cfr. p. 24 del provvedimento impugnato), che ha previsto il rinvio a un’ordinanza sindacale con specifico riguardo all’orario di esercizio delle sale bingo.

Dalla documentazione agli atti di causa non emergono, tuttavia, le basi istruttorie degli emendamenti sopra menzionati

Peraltro, la proposta di rinviare a un’ordinanza sindacale per la regolamentazione dell’orario di esercizio delle sale bingo è, a ben vedere, distonica rispetto al contenuto dell’art. 5, c. 2, dell’impugnato regolamento, posto che l’orario di esercizio degli esercizi autorizzati ai sensi degli artt. 86 e 88, T.U.L.P.S. è – come si è visto – disciplinato dall’art. 5, c. 1, del medesimo regolamento.

Dunque, risulta dagli atti di causa che l’attività di regolamentazione del gioco lecito compiuta dall’amministrazione comunale non è stata preceduta da alcuna attività istruttoria volta a verificare puntualmente la portata del fenomeno della ludopatia nel Comune di Palermo e le migliori misure per il suo contrasto.

Essa è stata, piuttosto, oggetto di emendamenti in sede consiliare dalla cui lettura non emergono le ragioni di scelte che hanno inciso in modo così profondo e differenziato tra i diversi operatori del gioco lecito sulla libertà di iniziativa economica.

Da qui la fondatezza delle superiori censure di parte ricorrente, con conseguente accoglimento del ricorso e annullamento dell’art. 5 del provvedimento impugnato.

3.4. Il carattere assorbente dell’accoglimento della censura di difetto di istruttoria consentirebbe di non analizzare le ulteriori doglianze di parte ricorrente.

Cionondimeno, in ottica conformativa, è comunque opportuno dire della fondatezza del quarto e del quinto motivo di ricorso, che sono entrambi afferenti alla contestata violazione dell’Intesa approvata dalla Conferenza unificata Stato-Regione del 7 settembre 2017.

Tale Intesa (prodotta agli atti di causa come all. 10 di parte ricorrente), per quanto qui rileva, impone due fondamentali presidi:

– la facoltà, per gli enti locali, di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a n. 6 ore complessive di interruzione quotidiana del gioco;

– la previsione che la distribuzione oraria delle suddette fasce di interruzione vada definita d’intesa con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in una prospettiva il più omogenea possibile nel territorio nazionale e regionale, anche ai fini del futuro monitoraggio telematico del rispetto dei limiti così definiti.

In merito al valore di tale Intesa, la giurisprudenza amministrativa ha espresso due distinti orientamenti.

Secondo una prima impostazione, essa non avrebbe rilievo nemmeno quale atto di mero indirizzo, posto che l’Intesa de qua avrebbe dovuto essere recepita da un decreto ministeriale ex art. 1, c. 936, l. n. 208/2015, e che il suddetto decreto non è mai stato adottato (cfr., di recente, Cons. St., sez. V, 14 marzo 2024, n. 2497 e giurisprudenza ivi citata).

Secondo altro orientamento, il mancato recepimento dell’Intesa del 2017 non la priverebbe di qualunque valore. Essa andrebbe, infatti, quantomeno utilizzata quale parametro di riferimento per la valutazione della legittimità dell’attività regolatoria dei Comuni in materia (Cons. St., sez. I, parere 18 agosto 2020, n. 1418 e giurisprudenza ivi citata).

Il Collegio condivide l’orientamento da ultimo esposto, in quanto esso valorizza maggiormente la Conferenza unificata quale strumento consensuale di autovincolo per i vari livelli di Governo e fornisce una basilare indicazione istruttoria sull’attività da seguire in tale particolare settore (vale a dire, l’intesa con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli), funzionale peraltro a garantire una minima omogeneità a livello regionale e nazionale della regolamentazione del gioco lecito.

Attività istruttoria la cui radicale carenza, come si è visto, ha determinato l’illegittimità del regolamento qui impugnato.

Nel caso di specie, peraltro, l’amministrazione comunale ha espressamente dichiarato di non aver concluso alcuna intesa con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Di talché anche sotto questo profilo non può che rilevarsi l’illegittimità del regolamento impugnato.

Con la conseguenza che l’amministrazione comunale, laddove intendesse regolamentare nuovamente gli orari di apertura degli esercizi autorizzati ex artt. 86 e 88, T.U.L.P.S., così come delle cc.dd. “macchinette” di cui all’art. 110, c. 6, lett. a) e b), T.U.L.P.S., non potrà radicalmente pretermettere il contenuto dell’Intesa del 2017.

Fermo restando, ovviamente, il rispetto dei visti vincoli di legge direttamente discendenti dalla normativa regionale (art. 6, c. 9, l.r. n. 24/2020) in materia di orario di funzionamento delle cc.dd. “macchinette”.

3.5. Il sesto motivo di ricorso può invece dichiararsi assorbito, dato il menzionato carattere dirimente delle viste censure in materia di difetto di istruttoria (cfr. Cons. St., Ad. pl. n. 5/2015).

  1. Stante quanto precede, dichiarata l’inutilizzabilità della produzione del Comune resistente del 30 settembre e del 7 ottobre 2024, il ricorso è fondato e va accolto; per l’effetto va annullato il regolamento per cui è causa, limitatamente alla parte di interesse della ricorrente società. Salvi gli ulteriori provvedimenti del Comune di Palermo.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così come integrato in sede di motivi aggiunti, lo accoglie; annulla, per l’effetto il regolamento per cui è causa, limitatamente alla parte di interesse della ricorrente società. Salvi gli ulteriori provvedimenti del Comune di Palermo.

Condanna l’amministrazione comunale alla rifusione delle spese di lite in favore della parte ricorrente, che liquida in euro 2.500,00, oltre spese generali e accessori di legge, se ed in quanto dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Federica Cabrini, Presidente

Antonino Scianna, Primo Referendario

Fabrizio Giallombardo, Referendario, Estensore

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Fabrizio Giallombardo

Federica Cabrini

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO