Con la sentenza n. 8113 del 9 ottobre 2024, il Consiglio di Stato ha affrontato la questione dell’applicabilità dell’art. 9 del decreto-legge 1 marzo 2022, n. 17, convertito dalla legge 27 aprile 2022, n. 34, in materia di impianti fotovoltaici. In particolare, la Corte ha esaminato la possibilità di installare impianti fotovoltaici sugli edifici, senza la necessità di acquisire permessi edilizi, considerandoli interventi di manutenzione ordinaria, come stabilito dalla normativa citata. Il caso riguardava l’interpretazione del termine “manutenzione ordinaria”, che, pur includendo l’installazione di impianti solari fotovoltaici e termici, non consente una deroga illimitata alle disposizioni del Testo Unico dell’edilizia, ossia il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. 

La Corte ha sottolineato che la normativa mira a semplificare gli interventi su edifici già esistenti per il miglioramento dell’efficienza energetica, ma non intende ammettere la realizzazione di nuovi edifici o ampliamenti, anche se destinati a ospitare impianti fotovoltaici. Il Consiglio di Stato ha chiarito che la semplificazione della procedura riguarda solo gli edifici già esistenti e non consente deroghe per la realizzazione di nuovi edifici finalizzati esclusivamente all’installazione di impianti energetici. Inoltre, l’intervento è consentito solo se non comporta un incremento delle volumetrie o delle superfici, che non siano giustificati da esigenze tecniche legate all’impianto, altrimenti l’intervento richiede il titolo edilizio. La decisione evidenzia, pertanto, la necessità di limitare gli effetti delle semplificazioni per evitare abusi e garantire il corretto sviluppo urbanistico, nel rispetto delle normative che regolano l’edilizia e l’urbanistica.

Pubblicato il 09/10/2024

  1. 08113/2024REG.PROV.COLL.
  2. 02191/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2191 del 2024, proposto da  – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Luca Pedulla’, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

Comune di Paratico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Federica Giazzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Cristina Amidani in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 88

nei confronti

 – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Alberto Salvadori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lombardia, Paolo Bonomi, non costituiti in giudizio;
Maria Grazia Tengattini e Giuseppina Tengattini, rappresentati e difesi dall’avvocato Paolo Bonomi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) n.  – OMISSIS -/2023

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Paratico, dell’ – OMISSIS -, nonché delle signore Maria Grazia Tengattini e Giuseppina Tengattini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 settembre 2024 il Cons. Sergio Zeuli e udito l’avvocato Marcello Magnano San Lio per delega dell’avvocato Luca Pedullà;

viste le conclusioni del Comune appellato e dell’Autorità controinteressata come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

  1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso proposto dalla parte appellante per l’annullamento dell’Ordinanza n. 74/2022 del 16 novembre del 2022 dal Comune di Paratico, in provincia di Brescia– Ufficio Tecnico Comunale, che le ha ingiunto di procedere all’immediato ripristino dello stato dei luoghi, con rimozione di tutte le opere illegittimamente realizzate, e, in particolare, di provvedere: alla rimozione del bancone bar lato est costituito da struttura avente superficie di mt 2,60 x mt 4,45 e altezza interna mt 2,19 costituito da elementi in metallo (pilastri e pareti fungenti da bancone aventi un’altezza di circa mt 1,20 coperto con una struttura fissa avente profondità pari a mt 4,45 costituita da copertura a pacchetto fissa con cornice in metallo avente altezza di circa 50 cm, il bancone del bar risulta altresì dotato di impianto idraulico con formazione di lavandino); alla rimozione del portico formato da due elementi aventi la seguente superficie mt 3,74 z mt 1,74 e mt 3,90 x mt 5,95, costituito da travi e pilastri metallici e copertura fissa in pannelli, dotata di pluviale con scolo dell’acqua piovana sull’asfalto sottostante; alla rimozione della chiusura del portico a nord e a sud con serramenti fissi in metallo dotati di 4 pareti per ciascuna campata del portico, due fisse e due apribili, in metallo; alla rimozione del portico in lato sud-ovest avente superficie di circa mt 3,92 x mt 3,90 costituito da travi e pilastri in metallo, copertura fissa in pannelli e tamponamenti in vetro costituiti per ciascuna campata di pilastri da quattro elementi, due apribili e due fissi, altezza massima della copertura mt 2,67 e altezza minima mt 2,60, che ingloba la scala che porta al piano terreno, autorizzata come scala esterna e l’accesso ai servizi igienici; alla rimozione dell’insegna pubblicitaria, illuminata avente superficie pari a mt 5,00 x mt 1,50; al deposito dell’autorizzazione da parte del concessionario “ – OMISSIS -, Endine e Moro” dell’aerea identificata con il fg. 10 mappale 47 per la formazione di struttura costituita da n. 16 moduli avente dimensioni, mt 3,60 x mt 3,00 avente altezza interna mt 2,27, composta da elementi metallici, travi e pilastri e copertura apribile, ancorata al suolo tramite elementi metallici; al deposito della Comunicazione di Inizio Lavori (C.I.L.) postuma, per la formazione di cordoli in cls per contenimento pavimentazione in erba Block appoggiata sull’aiuola verde esistente, per una superficie complessiva di circa 170,00 mq.

A supporto del gravame, la parte espone le seguenti circostanze:

grazie alla stipula di un contratto di locazione commerciale con le signore Tengattini, dal 3 gennaio del 2011 la società appellante conduce in locazione l’unità immobiliare sita in Paratico, via Mazzini n.5/A contraddistinta catastalmente al folio 10, con il mappale 48, del NCT del censuario di Paratico;

la costruzione, prossima al lago d’Iseo, è stata assentita mediante concessione edilizia dell’8 gennaio del 2002, è classificata dal PGT in zona “SP Servizi Pubblici” e sottoposta a vincolo paesistico;

le aree confinanti appartengono al demanio lacuale e rientrano nella competenza dell’ – OMISSIS -, Endine e Moro;

il 29 settembre del 2022, il Comune di Paratico avviava un procedimento per verificare le strutture realizzate sulle aree censite al folio 10, mapp. 48 e 47 – 326 NCT;

all’esito del sopralluogo del 13 ottobre del 2022 il Responsabile dell’Area Tecnica del comune di Paratico redigeva la relazione prot. n.011295/2022, con la quale si sosteneva fossero stati realizzati interventi edilizi di trasformazione del territorio, privi di titolo abilitativo, nonché dell’autorizzazione paesaggistica ex art.146 del d. lgs. n.42/2004, consistenti in : “a) Formazione di bancone bar lato est costituito da struttura avente superficie di mt 2,60 x mt 4,45 e altezza interna mt 2,19, costituito da elementi in metallo (pilastri e pareti fungenti da bancone aventi un’altezza di circa mt 1,20, coperto con una struttura fissa avente profondità pari a mt. 4,45 costituita da copertura a pacchetto fissa con cornice in metallo avente altezza di circa 50 cm, il bancone del bar risulta altresì dotato di impianto idraulico con formazione di lavandino;

  1. b) portico formato da due elementi aventi la seguente superficie mt 3,74 x mt 1,74 e mt 3,90 x mt 5,95, costituito da travi e pilastri metallici e copertura fissa in pannelli, dotata di pluviale con scolo dell’acqua piovana sull’asfalto sottostante;
  2. c) chiusura del portico a nord e a sud con serramenti fissi in metallo dotati di 4 pareti per ciascuna campata del portico, due fisse e due apribili, in metallo;
  3. d) formazione di nuovo portico in lato sud-ovest avente superficie di circa mt 3,92 x mt 3,90 costituito da travi e pilastri in metallo, copertura fissa in pannelli e tamponamenti in vetro costituiti, per ciascuna campata, di pilastri da quattro elementi due apribili e due fissi, altezza massima della copertura mt. 2,67 e altezza minima mt. 2,60, tale elemento ingloba la scala che porta al piano interrato, autorizzata come scala esterna e l’accesso ai servizi igienici;
  4. e) Posizionamento sulla copertura di insegna pubblicitaria, illuminata avente superficie pari a mt 5,00 x mt 1,50;
  5. f) formazione di struttura costituita da n. 16 moduli avente dimensioni mt. 3,60 x mt 3,00 aventi altezza interna mt. 2,27, composta da elementi metallici, travi e pilastri e copertura apribile, ancorata al suolo tramite elementi metallici;
  6. g) formazione di cordoli in cls per contenimento pavimentazione in erba Block appoggiata sull’aiuola verde esistente, per una superficie complessiva di circa 170,00 mq.”;

sulla base dei suddetti accertamenti, con ordinanza n.74 del 16 novembre del 2022, il Comune ingiungeva alla ricorrente ed alle due proprietarie dell’area e del manufatto originario, la rimozione degli interventi abusivi, chiedendo il deposito dell’autorizzazione dell’ – OMISSIS -, per le opere collocate sulle aree demaniali;

specificamente, gli interventi di cui alle lett. a), b), c) e d) sono stati qualificati come nuove costruzioni, ai sensi dell’art.3 lett. e) del D.P.R. 380/2001, realizzati in assenza di permesso di costruire o di segnalazione certificata di inizio attività; l’intervento e) è stato qualificato come insegna pubblicitaria priva di autorizzazione alla posa; gli interventi f) e g) sono stati qualificati come privi di CILA; per tutti gli interventi è stata ritenuta necessaria l’autorizzazione paesaggistica prevista dall’art.146 del d.lgs. n.42/2004;

la parte impugnava l’ordine di rimozione dinanzi al TAR che, con ordinanza del 20 febbraio del 2023, sospendeva il provvedimento impugnato, fornendo alcune indicazioni per la regolarizzazione di una parte delle opere, e disponendo l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle proprietarie del chiosco, che, costituendosi in giudizio, chiedevano accertarsi la propria estraneità a detta realizzazione.

La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso.

Avverso la decisione sono dedotti i seguenti motivi di appello:

I – Sulla erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha statuito sul manufatto sub a) dell’ordinanza impugnata.

[Formazione di bancone bar lato est costituito da struttura avente superficie di mt 2,60 x mt 4,45 e altezza interna mt 2,19, costituito da elementi in metallo (pilastri e pareti fungenti da bancone aventi un’altezza di circa mt 1,20, coperto con una struttura fissa avente profondità par a mt. 4,45 costituita da copertura a pacchetto fissa con cornice in metallo avente altezza di circa 50 cm, il bancone del bar risulta altresì dotato di impianto idraulico con formazione di lavandino];

– Error in iudicando: erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, violazione e falsa applicazione di legge (art. 3 comma 1-e.5/e.6 del dpr 380/2001; all’art. 6, comma 1, lett. e-quinquies d.p.r. n. 380/2001; piano governo del territorio variante 3, regolamento disciplinante gli interventi edilizi minori e di arredo urbano del comune di paratico; art. 142 del d.lgs. 42/2004).

II – Sulla erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha statuito sul manufatto sub b) dell’ordinanza impugnata.

[Portico formato da due elementi aventi la seguente superficie mt 3,74 x mt 1,74 e mt 3,90 x mt 5,95, costituito da travi e pilastri metallici e copertura fissa in pannelli, dotata di pluviale con scolo dell’acqua piovana sull’asfalto sottostante];

– Error in iudicando: erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. violazione e falsa applicazione di legge (d.p.r. n. 31/2017 – allegato a; art. 9 d.l. 17/2022, convertito con legge 34/2022).

III – Sulla erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha statuito sul manufatto sub c) dell’ordinanza impugnata.

[Chiusura del portico a nord e a sud con serramenti fissi in metallo dotati di 4 pareti per ciascuna campata del portico, due fisse e due apribili, in metallo];

Error in iudicando: erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. violazione e falsa applicazione di legge (art. 6, comma 1, lett. e-quinquies d.p.r. n. 380/2001 art. 6-bis del d.p.r. n. 380 del 2001). eccesso di potere.

IV – Sulla erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha statuito sul manufatto sub d) dell’ordinanza impugnata.

[Formazione di nuovo portico in lato sud-ovest avente superficie di circa mt 3,92 x mt 3,90 costituito da travi e pilastri in metallo, copertura fissa in pannelli e tamponamenti in vetro costituti per ciascuna campata di pilastri da quattro elementi due apribili e due elementi fissi, altezza massima della copertura mt. 2,67 e altezza minima mt 2,60, tale elemento ingloba la scala che porta al piano interrato, autorizzata come scala esterna e l’accesso ai servizi igienici;];

Error in iudicando: erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. violazione e falsa applicazione di legge (art. 6 del d.p.r. 380/2001; d.m. 2/3/2018 n. 50; dpr 31/2017 – allegato a, lett. a.17; art. 31 d.p.r. n. 380 del 2001).

V – sulla erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha statuito sul manufatto sub e) dell’ordinanza impugnata.

[Posizionamento sulla copertura di insegna pubblicitaria, illuminata avente superficie pari a mt 5,00 x mt 1]

Error in iudicando: erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. violazione e falsa applicazione della normativa avente ad oggetto le insegne pubblicitarie nonché dell’art. 142 e 146 del d. lgs. 42/2004 e ss.mm.

VI – sulla erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha statuito sul manufatto sub f) dell’ordinanza impugnata.

[Formazione di struttura costituita da n. 16 moduli avente dimensioni mt 3,60 x mt 3,00 aventi altezza interna mt. 2,27, composta da elementi metallici, travi e pilastri e copertura apribile, ancorata al suolo tramite elementi metallici];

Error in iudicando: erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. violazione e falsa applicazione di legge (art. 6 del d.p.r. 380/2001; d.m. 2/3/2018 n. 50; dpr 31/2017 – allegato a, lett. a.17; art. 31 d.p.r. n. 380 del 2001).

VII – Sulla erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha statuito sul manufatto sub g) dell’ordinanza impugnata.

[Formazione di cordoli in cls per contenimento pavimentazione in erba Block appoggiata sull’aiuola verde esistente, per una superficie complessiva di circa 170,00 mq]

Error in iudicando: erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. violazione e falsa applicazione di legge (art. 6, comma 1, lett. e-ter D.P.R. n. 380/2001, DPR 31/2017 – Allegato A, lett. A.10).

  1. Si sono costituiti in giudizio l’ – OMISSIS – ed il comune di Paratico nonché le signore Tengattini, proprietarie dell’area interessata, tutti contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.

DIRITTO

  1. Il primo motivo d’appello contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha qualificato il bancone bar posto sul lato est del locale – costituito da struttura avente superficie di mt 2,60 x mt 4,45 e altezza interna mt 2,19, composto da elementi in metallo (pilastri e pareti fungenti da bancone aventi un’altezza di circa mt 1,20,) coperto con una struttura fissa avente profondità par a mt. 4,45 costituita da copertura a pacchetto fissa con cornice in metallo avente altezza di circa 50 cm, e dotato di impianto idraulico –come opera pertinenziale, destinata a luogo di lavoro, ai sensi dell’art.3 comma 1 e.5/e.6 del D.P.R. n.380 del 2001, ritenendo necessaria una CILA per la sua realizzazione, oltre all’autorizzazione paesistica, in ragione del vincolo esistente sull’area dove insiste l’immobile.

Per contro, la parte appellante – ribadendo che detto innesto non ha realizzato un volume superiore al 20 % di quello pertinente all’edificio principale- sostiene che lo stesso sarebbe riconducibile agli interventi di edilizia libera, di cui all’art.6 comma 1 lett. e-quinquies del D.P.R. n.380 del 2001, in quanto arredo pertinenziale, anche considerando che è del tutto sganciato dalla struttura al di sotto della quale è collocata.

In sostanza, secondo la doglianza in esame, si tratterebbe di “piccolo accessorio” di attività ristorativa, costituente edilizia minore, non soggetto, come tale, neppure alla verifica di compatibilità con il vincolo paesaggistico, diversamente da quanto sostenuto dal primo giudice, in quanto mero elemento di arredo.

3.1. Il motivo è infondato.

3.1.1. La descrizione del manufatto contenuta nel provvedimento impugnato ne evidenzia le significative dimensioni e le caratteristiche tipologiche che inducono ad attribuirgli natura di intervento stabile (copertura a pacchetto fissa, con cornice di altezza di circa 50 cm.), anche considerando la presenza di un impianto idraulico che alimenta il lavandino.

In altre parole si tratta di un manufatto che presenta caratteristiche funzionali idonee a rendere fruibile quello spazio chiuso in tutti i periodi dell’anno e non solo durante la stagione estiva e che contribuiscono ad escluderne la consistenza minimale che la parte intende attribuirgli, rendendo invece palese la natura di opera pertinenziale, con carattere di stabilità.

Tale classificazione, a sua volta, imponeva, in ossequio alle previsioni di cui all’art. 3 comma 1 e.5/e.6 del D.P.R. n.380/ 2001, il ricorso alla CILA, per il cui perfezionamento era comunque indispensabile – in conformità con quanto previsto dal D.M 2 marzo 2018 e dall’art.15 delle N.T.A. del PGT del comune di Paratico, in quanto intervento di iniziativa privata su area di proprietà privata – il rispetto di alcuni indici, la cui sussistenza non è dimostrata, per attestarne la conformità alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti nell’area.

3.1.2. A conferma della correttezza dell’inquadramento operato dal primo giudice, si evidenzia che la tipologia di intervento in questione non è espressamente contemplata nell’elenco allegato al D.M. 2 marzo del 2018 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tra le opere in regime di edilizia libera.

A tacer del fatto che non è provato comunque, come appena osservato, il rispetto degli strumenti urbanistici comunali, e dunque anche se assoggettabile alla sola CILA, non sarebbe dimostrata la legittimità urbanistica dell’intervento.

3.1.3. Infine, in ragione di quanto previsto dall’ultima parte del comma 1 dell’art.6 –bis del Testo Unico Edilizia, non v’è dubbio che, stanti i vincoli insistenti sull’area, il progetto realizzativo del bancone, attese le ricordate dimensioni, avrebbe dovuto essere sottoposto al parere dell’autorità paesaggistica, passaggio procedurale comunque mancato nel caso di specie.

  1. Il secondo motivo d’appello contesta alla decisione impugnata di avere qualificato il portico di cui ai punti b) e d) dell’ordinanza di demolizione quale “nuova costruzione”, ritenendo la necessità, per la sua edificazione, del permesso di costruire.

Si tratta di un portico – formato da due elementi aventi la seguente superficie mt 3,74 x mt 1,74 e mt. 3,90 x mt. 5,95, costituito da travi e pilastri metallici e copertura fissa in pannelli, dotata di pluviale con scolo dell’acqua piovana sull’asfalto sottostante – che, secondo la parte appellante, avrebbe la funzione di sostenere un impianto foto-voltaico. Dunque dovrebbe rientrare nell’ambito della cd. “attività edilizia libera”, anche considerando che è stato edificato utilizzando un materiale “leggero”, assolutamente diverso da quelli normalmente utilizzati in edilizia, per costruire fabbricati.

Inoltre- aggiunge la doglianza in esame – detto impianto è stato installato nella vigenza del D.L. n. 17/2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 34 del 2022 che, al fine di promuoverne l’utilizzo, esclude, in radice, che la realizzazione di detti impianti sia subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, inclusi quelli previsti dal d. lgs. n. 42/2004, essendo considerati di manutenzione ordinaria.

L’inciso “ con qualsiasi modalità” riferito all’installazione di detti impianti, contenuto nell’articolo 9 del citato D.L., consentirebbe dunque, secondo l’appellante, di prescindere dall’ottenimento del permesso di costruire anche quando detto innesto, come nel caso di specie, produca una modifica della sagoma dell’edificio ed un aumento di volumetria.

4.1. Anche a voler prescindere dall’eccezione della parte appellata – che ha correttamente evidenziato che, nella parte in cui censura il contrasto del provvedimento impugnato con l’art.9 del D.L. n. 17/2022, l’atto di gravame è innovativo, e dunque viola il divieto dello ius novorum, perché si tratta di doglianza non contenuta nel ricorso originario – il motivo è comunque infondato.

4.1.1. Infatti il portico di cui si parla ha avuto quale effetto (e risultato) primario, quello di ampliare la superficie (ed il volume) del locale destinato a pubblico esercizio, viceversa la dichiarata funzione di sostegno ai pannelli foto-voltaici rappresenta, al più, un effetto indiretto ed accessorio dell’innesto, con conseguente non applicabilità della disciplina di cui al citato d.l. n.17/2022.

4.1.2. Del resto la parte appellante non ha fornito alcuna prova atta a dimostrare la mancanza di alternative per la localizzazione di quell’impianto, quali ad esempio la possibilità di sfruttare il tetto della struttura pre-esistente o anche spazi adiacenti alla stessa, dove altrimenti allocarlo.

4.1.3. La realizzazione del portico, oltre a creare nuovi volumi, anche se rimasto aperto su di un lato, ha anche modificato la sagoma del fabbricato, configurando, in questo senso, al di là di ogni ragionevole dubbio, un intervento di “nuova costruzione”, necessitante, come tale, del permesso di costruire.

4.1.4. Tanto meno può dirsi che la circostanza dell’essere stato utilizzato, per la realizzazione del suddetto portico, un materiale leggero, possa giustificare una diversa qualificazione dell’intervento.

Non è infatti il materiale utilizzato, che induce o meno a qualificare quella in esame quale nuova opera, ma, come già osservato, la nuova volumetria che, tramite essa, è stata realizzata, ampliando superficie e spazi utilizzabili, oltre a mutare la sagoma dell’edificio.

Ossia tutti indici caratterizzanti la nuova costruzione, con conseguente necessità del permesso di costruire.

4.1.5. Va infine osservato che neppure in diritto è condivisibile la prospettazione dell’appellante nella parte in cui ritiene che, in base alla disposizione dell’articolo 9 del d.l. n.17/2022, sarebbe consentita un’illimitata facoltà di deroga a tutte le norme del T.U Edilizia per le installazioni degli impianti foto-voltaici.

La suddetta interpretazione, infatti postula un’inedita prevalenza a priori di una fonte normativa su di un’altra, che è contraria ai criteri previsti in tema di concorso fra norme di pari grado che regolano la medesima fattispecie, e soprattutto che non considera che le legittime esigenze private di ottenere un adeguato approvvigionamento energetico, vanno comunque contemperate con l’interesse al corretto sviluppo dello sfruttamento edilizio del territorio.

Deve piuttosto ritenersi che la tendenziale derogabilità delle norme del TUED, prevista dall’articolo 9 del citato d.l. n.17 per la realizzazione di impianti foto-voltaici, valga solo allorquando – caso che, come detto, non ricorre in questo frangente – l’interessato dimostri di non avere possibilità alternative, cioè tecnicamente equivalenti, di installazione in altri luoghi. E comunque, a condizione che, da quest’ultima, egli non ottenga indebiti incrementi di volumetrie e superfici utilizzabili per altri scopi, che non siano strettamente connessi ad esigenze tecniche perché, in quest’ultimo caso, è evidente che l’intervento comunque richiede la necessità del titolo edilizio maggiore, ossia il permesso di costruire.

Va comunque osservato che il richiamato articolo 9 (nel sostituire il comma 5 dell’art. 7-bis del d.l. 28/2011) mira a consentire la semplificazione dell’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili su edifici già esistenti (secondo, peraltro, l’espressa previsione del primo periodo del medesimo comma 5) e non può essere di certo inteso nel senso di ammettere la realizzazione di qualunque intervento di nuova edificazione alla sola condizione che la stessa ospiti – inter alia – un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili.

  1. Il terzo motivo di appello contesta alla sentenza impugnata di non aver considerato che il portico chiuso, a nord e a sud con serramenti fissi in metallo, indicato nella lett. c) del provvedimento impugnato, dotato di quattro pareti per ciascuna campata, due fisse e due apribili, in metallo, potesse qualificarsi quale “nuova opera”.

Al contrario, sostiene la parte appellante che detta struttura non è altro che la pergotenda che era stata regolarmente autorizzata con PDCC n.5492/2020 prot. 10396, rispetto alla quale sono state apportate alcune lievi modifiche in seguito al danneggiamento dei teli frangivento precedentemente installati, aventi un impatto visivo pressoché nullo.

Il fatto che le chiusure del porticato siano rappresentate da elementi scorrevoli, trasparenti e facilmente amovibili, confermerebbe, per il motivo in analisi, che la struttura precedentemente assentita è stata sostituita da un’altra avente caratteristiche analoghe; prova ne sia – si aggiunge – che lo stesso giudice di prime cure non ha ritenuto necessaria una nuova autorizzazione paesaggistica per la sua realizzazione.

Di conseguenza, secondo la parte appellante, detta trasformazione rendeva necessaria la sola comunicazione asseverata di inizio dei lavori, con conseguente irrogazione della relativa sanzione pecuniaria, e giammai consentiva di ingiungere l’ordine di demolizione che invece è stato disposto dall’amministrazione.

5.1. Il motivo è infondato.

5.1.1. La realizzazione del nuovo porticato, che è nozione diversa per tipologia, funzione e materiale utilizzato da una “pergo-tenda” ha creato una nuova volumetria, modificando la sagoma del fabbricato ed ampliandone la superficie originaria.

Detto nuovo volume è collegato al corpo di fabbrica principale, rappresentandone un prolungamento, il che conferma, anche da un punto di vista funzionale, che è stata creata una nuova superficie pienamente utilizzabile dall’esercizio gestito dalla parte appellante.

L’intervento richiedeva dunque un permesso di costruire, che peraltro non era assentibile, dal momento che l’incremento volumetrico così ottenuto è in contrasto con lo strumento urbanistico vigente.

5.1.2. Il fatto che i pannelli di chiusura verticale della struttura siano scorrevoli non assume valore dirimente, innanzitutto perché comunque resta una significativa differenza, morfologica e funzionale, tra la struttura realizzata e la pergotenda autorizzata.

5.1.3. In secondo luogo la parziale mobilità della chiusura rappresenta un meccanismo tecnologico per così dire “neutro” in diritto, perché non idoneo a incidere sulla qualificazione del manufatto.

È infatti evidente che, allorquando venga chiusa valendosi della porta scorrevole, l’area finisce per costituire a tutti gli effetti un locale interno, con volumetria e superficie coperta sfruttabili come qualsiasi altro manufatto senza che la possibilità di tenerla parzialmente aperta possa refluire sulle sue caratteristiche giuridiche.

Lo stesso dicasi dei pannelli verticali che, ancorché trasparenti, al più, offrono alla struttura maggiore luce ed un più modesto impatto visivo, ma è altrettanto evidente che, una volta chiusi, essi assolvono alla tipica funzione di parete delimitativa degli spazi coperti in uso.

Il che conferma che si tratta di un nuovo organismo edilizio, necessitante del relativo titolo, che non è stato richiesto né era in possesso della parte.

  1. Il quarto motivo d’appello censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha qualificato come nuova costruzione anche il portico di cui al punto d) dell’ordinanza – “formazione di nuovo portico in lato sud-ovest avente superficie di circa mt 3,92 x mt 3,90 costituito da travi e pilastri in metallo, copertura fissa in pannelli e tamponamenti in vetro costituti per ciascuna campata di pilastri da quattro elementi due apribili e due elementi fissi, altezza massima della copertura mt. 2,67 e altezza minima mt 2,60, tale elemento ingloba la scala che porta al piano interrato, autorizzata come scala esterna e l’accesso ai servizi igienici”.

Anche in questo caso, rileva la parte appellante, l’amministrazione ha qualificato come portico, quella che è in realtà una mera pergotenda, come si evince altresì dal fatto che, nella porzione di portico interessata – come dà atto la stessa ordinanza – esiste una copertura fissa in pannelli.

6.1. Il motivo è infondato.

L’intervento in esame ha creato una nuova superficie coperta di oltre dieci metri quadrati, ampliando la volumetria ed alterando la sagoma del fabbricato. La struttura non è paragonabile ad una pergotenda, presentando tipologie architettoniche e modalità realizzative diverse da quest’ultima.

La struttura in ferro ed alluminio non serve a sostenere l’intelaiatura, come accade nel caso della pergotenda, ma svolge un’autonoma funzione; infatti è rivestita e rifinita con la copertura in pannelli e coi tamponamenti in vetro. Queste caratteristiche tipologiche la rendono un ambiente autonomamente sfruttabile, che non è di mero completamento né di arredo, né tanto meno funge da mera protezione dagli agenti atmosferici esogeni e dalla luce solare, escludendo le caratteristiche tipologiche e funzionali di una pergotenda.

  1. Il quinto motivo d’appello contesta alla sentenza impugnata di aver ritenuto che l’insegna pubblicitaria riportante il nome dell’esercizio commerciale richiedesse una specifica autorizzazione paesaggistica.

7.1. Il motivo, prima ancora che infondato, è inammissibile, non avendo la parte interesse a sollevarlo, dal momento che, per sua stessa ammissione, si è già attivata per ottenere la relativa autorizzazione paesistica.

7.2. In ogni caso il motivo è anche infondato perché, ai sensi dell’art. 60 comma 4 del regolamento edilizio del comune di Paratico, l’amministrazione procedente, tenendo conto delle specifiche caratteristiche dell’intervento, può ritenere necessario la valutazione paesistica per l’assentibilità dell’insegna pubblicitaria. E, nel caso di specie, l’avere ritenuto di assoggettare l’insegna a suddetta valutazione non appare una decisione irragionevole, considerando le dimensioni del cartello luminoso, che presenta una significativa superficie pari a mt. 5,00 x mt. 1,50.

  1. Il sesto motivo d’appello contesta alla sentenza impugnata di aver ritenuto che i sedici moduli e le strutture accessorie costituenti una nuova sala di somministrazione di alimenti, di cui al punto f) del provvedimento impugnato, necessitassero di una concessione da parte dell’ente gestore, essendo realizzati su area demaniale. E che, dopo aver ottenuto quest’ultima, fosse ancora necessario chiedere CILA ed autorizzazione paesaggistica. Tutti adempimenti che non risultano rispettati nel caso di specie.

La parte appellante evidenzia in proposito che l’Ufficio di Polizia Locale del Comune, il 9 marzo del 2023, aveva formalmente concesso un’autorizzazione provvisoria per la realizzazione di dette opere e che dunque la contestazione sollevata sarebbe contraddittoria con il consenso precedentemente espresso.

In ogni caso, aggiunge il motivo in esame, si tratterebbe di interventi che non richiedono autorizzazione paesaggistica ai sensi di quanto previsto dall’Allegato A del D.P.R. n. 31/2017.

8.1. Il motivo è infondato.

8.1.1. Innanzitutto, l’autorizzazione alla quale si riferisce la doglianza in esame aveva ad oggetto un gazebo, nel giardino adiacente il locale. Viceversa, gli interventi di cui al citato punto f) presentano ben diverse dimensioni e comunque una differente destinazione, posto che hanno consentito la realizzazione di una struttura, ancorata al suolo, composta da elementi metallici, travi e pilastri e copertura apribile.

Dunque il presupposto su cui si fonda la deduzione è erroneo in fatto.

8.1.2. Del resto, non vi è dubbio che, insistendo su area demaniale, l’intervento necessitasse di un apposito provvedimento di concessione, di competenza dell’ – OMISSIS -, titolare dei poteri gestionali del bene in proprietà della Regione Lombardia. Concessione di cui la parte non era in possesso e che comunque, successivamente, ossia il 9 giugno del 2023, a procedimento giurisdizionale già iniziato, le è stato negato.

8.1.3. Quanto alla dedotta violazione dell’allegato A del D.P.R. n.31/2017, gli interventi ivi descritti rientrano nella categoria A17 dell’elenco (installazioni esterne messe a corredo di attività economiche quali esercizio di attività di somministrazione), per la quale l’art.4 del D.P.R. n. 31/2017 non prevede l’esonero dall’autorizzazione paesaggistica semplificata, diversamente da quanto sostenuto dalla parte appellante.

  1. Il settimo motivo d’appello contesta alla sentenza impugnata di avere ritenuto abusivi i cordoli in calcestruzzo di cui al punto g) della sentenza.

Viceversa la parte appellante sostiene che si trattava di intervento libero, inquadrabile nella tipologia di cui all’art.6 comma 1 lett. e ter del D.P.R. n.380 del 2001.

9.1. Il motivo è infondato trattandosi di interventi non interamente interrati, il che esclude la loro sussumibilità nella fattispecie indicata.

Al contrario, per essi, era necessaria la CILA e, per gli stessi motivi, anche l’autorizzazione paesistica che non risulta essere stata acquisita.

  1. Conclusivamente questi motivi inducono al rigetto dell’appello. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle tre parti appellate, che si liquidano in complessivi euro 4.000,00 (quattromila,00) da corrispondere alle stesse in parti eguali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 settembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Claudio Contessa, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore

Pietro De Berardinis, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Sergio Zeuli

Claudio Contessa

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO