La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28149 del 31 ottobre 2024, ha confermato il principio secondo cui l’interruzione della prescrizione di una sanzione amministrativa, operata tramite un atto nei confronti di uno dei coobbligati solidali, produce effetti interruttivi anche nei confronti degli altri coobbligati, ai sensi dell’art. 1310 del Codice civile, in conformità con quanto previsto dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981. Nella fattispecie, il ricorrente aveva eccepito una presunta violazione degli articoli citati, contestando la validità del provvedimento sanzionatorio per intervenuta prescrizione.
La Corte ha tuttavia chiarito che il decreto sanzionatorio era stato tempestivamente notificato all’incolpato principale entro il termine di prescrizione di cinque anni dalla data di notifica del verbale di contestazione, con effetto interruttivo anche per gli altri obbligati solidali. Nella motivazione, il Collegio ha evidenziato come l’art. 1310 c.c. preveda che un atto interruttivo della prescrizione compiuto nei confronti di un debitore solidale estenda i suoi effetti anche agli altri coobbligati, senza alcuna distinzione tra chi ha materialmente commesso la violazione e chi, invece, è tenuto al pagamento della sanzione in base all’art. 6, comma 3, della l. 689/1981. Tale disposizione riflette il principio generale della solidarietà, garantendo che la prescrizione del diritto alla riscossione della sanzione non possa maturare diversamente per i diversi obbligati in solido.
Con questa decisione, la Cassazione ha ribadito la coerenza con il proprio orientamento consolidato, per cui l’effetto interruttivo si estende incondizionatamente a tutti i coobbligati in solido in materia di sanzioni amministrative, escludendo che possa operarsi una distinzione, ai fini dell’interruzione della prescrizione, tra il soggetto autore della violazione e quello tenuto a rispondere solidalmente.
Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2024, n. 28149
Presidente Bertuzzi – Relatore Marcheis
Premesso che
- – OMISSIS – e – OMISSIS – hanno proposto opposizione al decreto 7 aprile 2016 del Ministero dell’economia, con il quale era stato loro intimato il pagamento della sanzione di euro 104.723, a fronte della violazione degli artt. 3 della legge 197/1991 e 41 del d.lgs. 231/2007 per il ritardo nella segnalazione all’Unità di informazione della Banca d’Italia di una serie di operazioni sospette eseguite da – OMISSIS – dal 1° gennaio 2007 al 24 maggio 2009 su un conto corrente intestato a G.D.
Il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione con la sentenza n. 5822/2017.
- La sentenza era impugnata dagli opponenti. Con la sentenza n. 1264/2021, la Corte d’appello, in riforma della pronuncia del Tribunale, ha accolto l’opposizione. Ai sensi dell’art. 28, comma 1 della legge 689/1981, il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione e l’interruzione del termine è regolata dalle norme del codice civile: secondo la Corte d’appello non può essere attribuita valenza interruttiva all’audizione degli incolpati, né tale effetto può essere riconosciuto all’emanazione del provvedimento del Ministero perché non assoggettato a pubblicazione legale; la notificazione del provvedimento sanzionatorio, eseguita il 14 aprile 2016, sia pure per un solo giorno è intervenuta quando era ormai decorso il termine prescrizionale.
- Avverso la sentenza il Ministero dell’economia e delle Finanze ricorre per cassazione.
Resistono con controricorso – OMISSIS – e – OMISSIS -.
Il Pubblico Ministero, il sostituto procuratore Stefano Pepe, ha depositato conclusioni scritte con cui chiede alla Corte di accogliere il ricorso.
Memoria è stata depositata dai controricorrenti.
Considerato che
- Il ricorso è articolato in quattro motivi.
1) Il primo motivo contesta violazione e /o falsa applicazione degli artt. 18 e 28 della legge 689/1981, 2943 c.c., in combinato disposto tra loro: la sentenza impugnata è errata in quanto ha negato la qualità di atto tipico del procedimento sanzionatorio sia alla disposta audizione del trasgressore sia alla relativa previa convocazione.
Il motivo è infondato. È vero che questa Corte aveva sostenuto che l’audizione del trasgressore e la relativa convocazione “sono idonei a costituire in mora il debitore ai sensi dell’art. 2943 c.c., atteso che ogni atto del procedimento previsto dalla legge per l’accertamento della violazione e per l’irrogazione della sanzione ha la funzione di far valere il diritto dell’amministrazione alla riscossione della pena pecuniaria” (così Cass. n.765/2017). Tale orientamento è però stato superato e questa Corte afferma oggi che “l’audizione del trasgressore e la relativa convocazione non costituiscono atti idonei a interrompere la prescrizione, non avendo gli stessi la funzione di far valere il diritto dell’amministrazione alla riscossione della pena pecuniaria” (così Cass. n. 13046/2023, v. anche Cass. n. 23405/2023).
2) Il secondo motivo contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 28 della legge 689/1981 e 1310 c.c.: il potere sanzionatorio non si è comunque prescritto dato che il decreto è stato notificato alla Banca l’8 aprile 2016, entro il termine dei cinque anni dalla data di notifica del verbale di contestazione, il che comporta l’interruzione della prescrizione anche nei confronti dell’incolpato principale secondo quanto dispone l’art. 1310 c.c.
Il motivo è fondato. L’art. 28 della legge 689/1981 prevede che l’interruzione della prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni è regolata delle norme del codice civile. L’art. 1310 c.c. prescrive che gli atti, con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido interrompe la prescrizione contro il comune debitore, hanno effetto riguardo agli altri debitori. Nel caso in esame – OMISSIS – è obbligata in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma ai sensi dell’art. 6, comma 3 della legge 689/1981. Non valgono al riguardo i rilievi formulati dai controricorrenti, secondo i quali l’obbligazione solidale della Banca concerne l’obbligo di pagamento della sanzione ove siffatto obbligo sia legittimamente esigibile nei confronti dell’autore della violazione, obbligato principale, in quanto siamo di fronte ad una ipotesi di obbligazione solidale rispetto alla quale l’art. 1310 c.c. trova applicazione. Va ricordato che questa Corte ha specificamente affermato che, “in tema di sanzioni amministrative, l’atto interruttivo della prescrizione nei confronti di uno dei coobbligati in solido, nelle ipotesi previste dall’art. 6 della legge 689 del 1981, produce effetti anche nei confronti degli altri coobbligati, ai sensi dell’art. 1310 c.c., stante il richiamo contenuto nell’art. 28 della citata legge alla disciplina del codice civile per quanto riguarda l’interruzione della prescrizione; al riguardo non rileva se il soggetto nei cui confronti è stata interrotta la prescrizione è quello che ha materialmente commesso la violazione o colui al quale la legge estende la corresponsabilità nel pagamento della relativa sanzione, non potendosi distinguere, ai fini di cui al citato art. 1310 c.c., fra coobbligati solidali; l’estensione degli effetti degli atti interruttivi della prescrizione non si verifica, invece, nella diversa ipotesi, prevista dall’art. 5 della legge predetta, del concorso di più persone nella commissione della violazione, poiché in tal caso difetta il vincolo della solidarietà fra i coobbligati, ciascuno dei quali è tenuto al pagamento della sanzione amministrativa per intero” (così Cass. n. 1550/2018, v. anche Cass. n.28781/2023).
3) L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del terzo, che contesta, in relazione al medesimo profilo, nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., e del quarto motivo che, sempre in relazione al medesimo profilo, in subordine lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo.
- La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigettato il primo motivo e assorbiti i restanti motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.