Il Consiglio di Stato, nel procedimento in esame, ha respinto l’appello proposto da alcune imprese contro la sentenza del TAR Puglia avente ad oggetto una controversia relativa la TARI per l’anno 2020. Le appellanti, in particolare due imprese che gestiscono stabilimenti balneari e un’impresa che gestisce una struttura ricettiva multifunzione, avevano contestato la delibera della Giunta comunale di Taranto n. 53 del 31 luglio 2020, che confermava per l’anno 2020 le aliquote TARI già approvate per il 2019. Le loro doglianze includevano l’arbitrarietà nella determinazione delle aliquote e la disparità di trattamento rispetto ad altre categorie di soggetti passivi, in particolare l’equiparazione della loro struttura ricettiva con i ristoranti. Il Consiglio di Stato ha sottolineato che il Comune di Taranto, esercitando la facoltà concessa dall’art. 107, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito in legge n. 27 del 2020, di confermare le aliquote TARI del 2019 per l’anno 2020, non era obbligato a fornire una motivazione dettagliata per tale conferma (Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2023, n. 2910; T.a.r. per la Campania, sez. I, 27 agosto 2020, n. 3664.). In materia di determinazione delle aliquote TARI, invero, non è previsto un stringente obbligo di motivazione per la delibera comunale, poiché quest’ultima, similmente ad altri atti amministrativi di carattere generale o collettivo, si rivolge a una vasta e indeterminata pluralità di destinatari, attuali o futuri, di locali ed aree soggetti alla tassazione. Inoltre, la decisione del TAR è stata confermata poiché l’amministrazione comunale aveva adottato il metodo normalizzato previsto dal d.P.R. n. 158 del 1999, che stabilisce le tariffe TARI in base alla superficie e alla produzione media di rifiuti per unità di superficie, senza necessità di motivazioni ulteriori per l’applicazione delle aliquote.

 

Pubblicato il 08/07/2024

  1. 06021/2024REG.PROV.COLL.
  2. 08945/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8945 del 2021, proposto da
(omissis) – (omissis) – (omissis), rappresentate e difese dagli avvocati Davide Maggiore, Michele Di Campo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Taranto, rappresentato e difeso dall’avvocato Flora Saltalamacchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (Sezione seconda), n. 00380/2021, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Taranto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024 il Cons. Antonino Masaracchia e uditi per le parti gli avvocati Saltalamacchia e La Fauci, quest’ultimo in dichiarata delega dell’avv. Maggiore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

  1. – Nel presente giudizio è appellata la sentenza del TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, meglio individuata in epigrafe, che ha respinto il ricorso proposto da alcuni operatori economici che, con riguardo alla fissazione delle aliquote TARI per l’anno 2020 da parte del Comune di Taranto, ne lamentavano la natura eccessivamente penalizzante per le categorie di riferimento.

Oggetto di impugnazione in primo grado, oltre alla delibera che ha approvato le aliquote TARI per l’anno 2020 (delibera della Giunta comunale n. 53, del 31 luglio 2020), era anche la successiva delibera che ha introdotto alcune modifiche al regolamento comunale sulla TARI (delibera della Giunta comunale n. 101, del 28 settembre 2020).

La sentenza del TAR, come detto, ha respinto il ricorso delle tre imprese, compensando le spese di lite.

Con l’atto di appello, oggetto di odierno esame, tre degli originari ricorrenti (si tratta, nello specifico, di due imprese che gestiscono altrettanti stabilimenti balneari e di un’impresa che gestisce una struttura ricettiva multifunzione) tornano a far valere, nella sostanza, le doglianze già rigettate dal TAR. Essi, nello specifico, lamentano che il Comune avrebbe fissato le aliquote in modo arbitrario, senza motivarne le ragioni e senza dar conto dei criteri adottati e dell’istruttoria compiuta, per di più cagionando disparità di trattamento tra le varie categorie di soggetti passivi. Risulterebbero penalizzate, a giudizio delle appellanti, proprio le categorie imprenditoriali da esse rappresentate; in particolare, quanto alla specifica situazione dell’impresa che gestisce la struttura ricettiva, si contesta anche il fatto che, mediante gli atti impugnati in primo grado, l’amministrazione civica abbia introdotto una sorta di equiparazione – quanto al trattamento TARI – con la pur diversa categoria dei “ristoranti”.

  1. – Nel presente giudizio di appello si è costituito, in resistenza, il Comune di Taranto, in persona del Sindaco pro tempore, svolgendo difese, nel merito, a sostegno delle motivazioni già rese nella sentenza del TAR.
  2. – Alla pubblica udienza del 23 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
  3. – L’appello non è fondato.

Ragione dirimente, che conduce a rigettare la prospettazione sviluppata dalle appellanti, è quella che il primo Giudice ha ben illustrato nelle motivazioni della sentenza appellata.

Assume rilievo, difatti, quanto prescrive l’art. 107, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito in legge n. 27 del 2020, che ha consentito ai Comuni, nel particolare scenario della pandemia in corso, di confermare, per il 2020, le aliquote TARI già approvate nel 2019. Il che è precisamente quanto fatto dal Comune di Taranto, come chiaramente emerge dal testo della delibera impugnata, la d.C.C. n. 53, del 31 luglio 2020. Ivi si legge che, “[p] reso atto che, ai sensi del comma 5, del predetto D.L. n. 18/2020, i Comuni, in deroga all’articolo 1, commi 654 e 683, della legge n. 147/2013, possono approvare le tariffe della TARI, adottate per l’anno 2019, anche per l’anno 2020”, l’amministrazione ha ritenuto “opportuno, per il contesto sopra illustrato procedere con l’approvazione delle tariffe TARI da applicare per l’anno 2020 confermando le tariffe approvate e già applicate per l’anno 2019”. Nel presente contenzioso non viene in rilievo, pertanto, una questione di discrezionalità nella fissazione delle tariffe, da parte dell’amministrazione comunale, la quale avrebbe omesso di motivarne le ragioni; piuttosto, occorre osservare che il Comune, nell’adottare gli atti sub iudice, si è servito della facoltà concessagli dal legislatore, provvedendo alla conferma delle tariffe del 2019.

Attività, questa, che pacificamente non richiedeva alcun particolare onere di motivazione, se non il richiamo alla fonte primaria autorizzatrice (cosa che, come detto, ben si rinviene nella delibera). Ciò, vieppiù nel quadro normativo in cui ci si muove, che, come già affermato da questa Sezione, è tale, in via generale, da non configurare uno stringente obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa, “poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili” (così, della Sezione, la sentenza n. 2910 del 2023, che richiama i principi affermati – con riguardo alle aliquote della tassa sui rifiuti solidi urbani, ma estensibili alle aliquote TARI – da Cassaz., sez. VI civile, 19 giugno 2018, n. 16165).

In tale quadro, tutte le doglianze sollevate dalle parti appellanti rimangono prive di pregio e non sono tali da scalfire la motivazione della sentenza di prime cure, che va integralmente confermata. Alcune di quelle doglianze, peraltro, non sfuggono ad una preliminare valutazione di genericità, specialmente laddove esse deducono l’illegittima riconduzione della struttura ricettiva condotta da una delle imprese ricorrenti (quella che gestisce la struttura ricettiva), quanto all’applicazione delle aliquote TARI, alla categoria dei “ristoranti”. Al riguardo, vale osservare che non viene chiarito, da parte delle appellanti, sulla base di quale atto amministrativo – evidentemente diverso da quelli impugnati, aventi portata generale e non riguardanti, nello specifico, le sorti della struttura de qua – sarebbe stata stabilita la contestata equiparazione. In ogni caso, il Collegio non può non considerare l’erronea prospettiva da cui muove, qui, l’atto di appello, che sostiene l’illegittimità della equiparazione facendo notare che la pur estesa struttura della ditta appellante non è sempre utilizzata per intero ed è sfruttata solo per meno di 183 giorni all’anno (sicché non potrebbe parlarsi di vero e proprio “ristorante”): tali argomenti, tuttavia, oltre ad essere sprovvisti di prova, non considerano che il Comune di Taranto, con la delibera di approvazione delle tariffe, si è mosso secondo il c.d. metodo normalizzato, di cui al d.P.R. n. 158 del 1999, commisurando cioè la tariffa “alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti”, nel senso quindi che “i parametri per la determinazione della tariffa TARI rimangono la superficie di riferimento per ogni utenza e la correlata produzione media” (come si legge nella delibera). Pertanto, l’estensione superficiale di cui l’utente abbia disponibilità costituisce elemento necessario per la definizione di quanto dovuto.

Né ha pregio l’ultima censura sviluppata nell’atto di appello, che si riferisce alla tariffa applicata per le aree adibite a parcheggio che sono nella disponibilità delle altre due imprese appellanti (le quali, come già accennato, gestiscono altrettanti stabilimenti balneari, dotati, per l’appunto, di aree per il parcheggio degli autoveicoli). Occorre qui notare che, per tali aree parcheggio, le appellanti esplicitamente si dolgono dell’applicazione, da parte del Comune, di coefficienti superiori rispetto a quelli da applicati alle aree destinate agli stabilimenti balneari. Sfugge, tuttavia, la consistenza dell’interesse così fatto valere, posto che, come le stesse esponenti dichiarano, esse hanno la disponibilità anche delle aree dedicate allo stabilimento balneare, le quali dunque, essendo notoriamente ben più estese di quelle adibite a parcheggio, finirebbero con l’essere tassate in modo ancor più stringente.

  1. – In definitiva, l’appello è integralmente da respingere.

Le spese del presente grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, definitivamente pronunciando,

Respinge l’appello.

Condanna le parti appellanti alla refusione delle spese del presente grado, liquidate in euro 2.000,00 (duemila/00) ciascuna, per un totale in favore del Comune di Taranto di euro 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024 con l’intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Stefano Fantini, Consigliere

Marina Perrelli, Consigliere

Gianluca Rovelli, Consigliere

Antonino Masaracchia, Consigliere, Estensore

 

   

 

   

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Antonino Masaracchia

 

Diego Sabatino

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO